Pinot Noir 2001 Casillero del Diablo

Pinot Noir 2001 Casillero del Diablo

I raffinatissimi, caldi e avvolgenti Pinot Noir de Bourgogne non temono ancora rivali da noi cugini cisalpini. Onore e merito della viticoltura transalpina che, nel corso di secoli pur molto burrascosi, ha saputo pazientemente pianificare, disegnare e scolpire il suo territorio secondo i desideri più reconditi del re delle uve nere, non forzando, ma accompagnando con saggezza le sue preferenze di suoli e di esposizione, d’impianto e di coltivazione.

Perché è dalle uve migliori che si fa il miglior vino,

l’enologia è come la partitura di una musica, non certo come la selva di serpentine di un laboratorio, è una chiave per aprire la porta dei sogni e non un piede di porco.

Là, sulle alture modellate meravigliosamente dal vento e dal tempo a forma di seni di un’amata, dai fianchi voluttuosi e caldi, si raccolgono i frutti più ambiti di questo vitigno nobilissimo, che più di altri va compreso e accudito con lungimirante intelligenza.

L’amore di quest’uva per le colline soleggiate e rinfrescate dalle correnti di aria cristallina provenienti dalle montagne sembra confermare l’importanza straordinaria dei suoli, dei sistemi e delle densità di piantumazione.

Nel nostro Paese, come dimora ideale per dei pinot neri altrettanto complessi ed eccellenti verrebbe in mente l’Oltrepò pavese (ma non è così, peccato!), invece è fra le alte montagne dell’Alto Adige che questi vitigni stanno cominciando ad elaborare in vino il meglio di se stessi, conquistando posizioni importanti a partire dalla zona di Egna.
A una degustazione comparativa tra vini italiani e del Nuovo Mondo, organizzata per 190 ospiti stranieri che hanno centellinato per tre ore il contenuto di 120 bottiglie di ben 20 vini diversi e si sono poi portati a pranzo le rimanenti 70, sono stati di gran lunga preferiti dai più anziani il fresco Pinot Nero di San Michele Appiano, mentre dai più giovani il Pinot Nero riserva Sanct Valentin della stessa cantina, 320 ettari fra circa 300 soci, ben diretta dall’enologo Hans Terzer.

E sì che c’erano da degustare almeno altri sei o sette ottimi vini, che invece per lo più hanno preso poi la via della buona tavola.

Pinot Noir 2001 Casillero del Diablo

Pinot Noir 2001 Casillero del Diablo

Quei Pinot Neri, complici forse la non comune luminosità della sala e la perfetta trasparenza dei bicchieri, hanno letteralmente incantato tutti e piacevolmente sorpreso me, almeno finché uno degli ospiti non mi ha portato un bicchiere di vero Borgogna, quello sì che sovrastava, anche se non di molto, per la sua pienezza e focosità.

Come spesso capita nella vita, è nel buio dell’alcova che nascono gli amori più belli, là dove anche gli inesperti e i brutti non incespicano tra impietosi raggi di luce e sviluppano il meglio della propria ars amatoria. E fu così anche per quell’autentico nettare.

Il mio gentilissimo amico mi aveva reso l’uomo più felice della festa e andai con lui a cercare quella bottiglia, perché credevo di aver trovato proprio uno dei migliori Pinot Noir de Bourgogne e pensavo che la Côte de Nuits e la Côte de Beaune possono andar certamente fiere dei loro vini di seta pura e velluto… soltanto che quel vino non veniva proprio da lì, ma da qualche migliaio di chilometri di distanza, dall’altra parte del mondo, dalla zona cilena di Maipo Vallej e più esattamente dalla Valle de Casablanca, infatti si chiamava Pinot Noir Casillero del Diablo! Un diavolo davvero, per la sorpresa che mi ha fatto, quella gran bottiglia di Concha y Toro.

Ciò che distingue i Pinot Noir francesi da tutti gli altri sono le eccezionali strutture, le inconsuete note profumate e l’incredibile delicatezza colta nella loro compattezza.

Nasi e palati finissimi possono andare letteralmente in visibilio per dei veri miracoli come i Romanée-Conti, la Tâche, Richebourg, Mazi-Chambertin, Clos St. Jacques, ma gli appassionati come me, diciamo gli amanti del vino per diletto e non per professione, quelli che poi hanno le tasche un po’ più di colore verde (ma quello dell’erba, non quello dei dollari), di fronte a quel Casillero del Diablo si leverebbero tanto di cappello dopo esser andati in brodo di giuggiole.

Pinot Noir 2001 Casillero del Diablo

Pinot Noir 2001 Casillero del Diablo

Vendemmiato a marzo (dall’altra parte del mondo), in parte a mano e in parte meccanicamente, fermentato tutto in acciaio inossidabile, il 75% poi prosegue l’affinamento in barriques francesi e barrels americani per 9 mesi.

Colore rosso di prugna. Aroma: note di vaniglia, di foglie e ghiande di quercia (ma dolce), di piccoli frutti rossi e dopo qualche minuto anche di cioccolata, pelle e spezie delicate.

Sapore: focoso, intenso, di buona struttura, tannini morbidi, iris e prugna, mediamente persistente. Accompagna molto bene spiedi e griglie di carni rosse e di cervo, cacciagione di piuma e selvaggina di pelo arrostite, ma anche formaggi cremosi di media stagionatura e buon profumo.

È un vino già pronto e piacevole, poiché i vini elevati sapientemente in piccole botti sono senz’altro più immediati e con un bouquet più aperto dal primo momento in cui si versano (sempre se non si esagera col legno) nel calice, mentre quelli usciti delle grandi botti a volte necessitano di bottiglia aperta almeno da alcune ore, se non da giornate, per poter incantare e sprigionare tutta la raffinatezza e la rigogliosità delle componenti organolettiche, senz’altro superiori però in handicap durante le degustazioni.

Non è un vino cosi ricco e complesso come i Pinot Noir de Bourgogne, che sprigionano raffiche di strabilianti meraviglie mentre aumenta la temperatura dei bicchieri nel palmo della mano, ma è di gran carattere montanaro anche se ben equilibrato, prepara infatti il meglio di sé con un moderato invecchiamento.

Pinot Noir 2001 Casillero del Diablo

Pinot Noir 2001 Casillero del Diablo

Pinot Noir 2001 Casillero del Diablo

Pinot Noir 2001 Casillero del Diablo

Il segreto sta anche qui nei suoli e nelle correnti d’aria, infatti il vigneto sorge su terreni molto poveri, sedimenti fluviali con substrato granitico, e gode sia della protezione collinare dagli umidi venti oceanici che delle fresche, secche correnti d’aria dalle Ande, dal gelo ammansito per effetto dello schiacciamento al suolo, con una grande escursione termica tra il giorno e la notte.

Sono tutte condizioni molto adatte al pinot noir, un’uva difficile e che matura piuttosto tardi nei circa 45 ettari coltivati con profonda attenzione ai sistemi biologici. Ma una vera differenza sta nei ceppi. In Cile, come in tutte le Americhe, la fillossera non ha trovato condizioni ideali per far strage di viti per trent’anni come avvenne in Francia e in quasi tutta l’Europa.

Nel vecchio continente, infatti, anche in Borgogna, la gran parte delle viti non è più franca di piede, i vitigni si reggono su portainnesti appunto di origine americana, resistenti alla filossera.

In Cile, invece, tutte le viti sono franche di piede e discendono direttamente da quelle originarie proprio della Francia, in particolare i Merlot e i Cabernet Sauvignon dal bordolese e il Pinot Noir dalla Bourgogne. È per questo che il Casillero del Diablo Pinot Noir non è molto distante, almeno in così giovane età, dalle finezze dei suoi lontani cugini blasonati, discendenti dei mutilati da quell’orribile malattia e forse oggi più cauti nell’adolescenza, ma che sanno sprigionare nella maturità qualcosa di simile all’anticamera del paradiso.

La selezione in queste valli del Cile non dura da qualche secolo, come in Borgogna, né si adottano ancora tutte quelle costosissime scelte nel vigneto e in cantina che fanno di certi cru della Côte d’Or i migliori vini del mondo, ma siamo già sulla buona strada, forse più celermente che in Italia.

La leggenda qui comincia soltanto 100 anni fa, quando Don Melchior de Concha y Toro, fondatore di Viña Concha y Toro, grosso proprietario terriero (oggi l’azienda conta oltre 3.700 ettari), cominciò a riservarsi una piccola parte dei migliori vini che si producevano dalle uve dei terreni più vocati e, per allontanare tutti gli estranei da quelle vigne gelosamente custodite, inventò la storia che da quelle parti abitava il diavolo, da qui il nome di Casolare del Diavolo.

Su quella leggenda aveva costruito la storia di questo vino un grande enologo, Marcelo Papa, che dal 1998 aveva ottenuto risultati sempre più entusiasmanti a Concha y Toro, anche se la sua passione era il Cabernet Sauvignon.

Un enologo che ha dato priorità al vigore e all’espressione delle caratteristiche fruttate, esaltando la presenza dell’uva per rendere a questo vino una maggiore struttura, senza eccedere nei legni proprio come vuole la tradizione e senza preoccuparsi delle mode.

A costi oggi certamente molto più contenuti (ma con l’obiettivo di arrivare a competere anche sul piano della qualità più eccelsa con gli stupefacenti Pinot Noir de Bourgogne), si possono acquistare ben due cartoni di Casillero del Diablo Pinot Noir allo stesso prezzo di una sola bottiglia di Borgogna, il che scusate se è poco…

Per amor di verità devo dire che è stata la prima volta in vita mia che durante una degustazione non ho saputo rispondere alla domanda di uno degli ospiti, che mi chiedeva quale fosse il migliore di quei sei o sette vini e, verificate le mie oggettive difficoltà mi chiese almeno di dirgli quale fosse il peggiore, senza ottenere risposta. In Alto Adige, in Borgogna e in Maipo Vallej ci sono tre scuole di selezione dei cloni e di coltivazione, prima di tutto, e poi si adottano vinificazioni diverse.

Ma mentre le pratiche in vigneto continuano ad essere abbastanza ben caratterizzate e distinte, vuoi per i climi che non sono certamente fotocopiati, mi preoccupano invece i pappagalli in cantina, quegli enologi che ripetono alla lettera, in modo acritico, le tecniche degli altri.

Il vero risultato è l’appiattimento in cantina, dove tendono ad assomigliarsi anche troppo, diciamo pure a globalizzarsi, le tecnologie e i procedimenti, quasi che per fare un Pinot Nero eccellente basti diventare paparazzi e, fotografando la Gioconda e cambiando soltanto la firma, ci si possa poi spacciare tutti per dei Leonardo da Vinci. Ma chissà quando i nostri alchimisti si accorgeranno che è comunque in vigna che nascono i grandi vini, come questo Casillero del Diablo Pinot Noir che di strada ne farà umilmente molta, beati davvero gli ultimi perché saranno i primi…

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