Principi generali di valutazione del vino (parte 1a)

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Dopo i tre articoli recentemente pubblicati quest’estate con una sintetica rinfrescata sugli abbinamenti del cibo con il vino, proporrei di fare un passo in più prestando maggiore attenzione ai principi generali di valutazione del vino a partire da questo pezzo, il primo di un’altra breve serie a uso dei lettori.

 

Tutti i degustatori… ovvero come riconoscere gli aromi nel vino e nominarli

Degustare un vino non è farne la diagnosi, ma valutarlo. Per il consumo personale ci basta sapere se questo vino ci piace o no e perché, in modo da ricordarcelo e sceglierlo con maggiore sicurezza una seconda volta se lo vogliamo riacquistare. In questo senso, ciascuno di noi è adatto a fare il degustatore. Tutte le persone senza difetti di vista, di olfatto e di gusto sanno distinguere il marrone dal rosa, differenziare l’odore dell’erba fresca dall’odore delle noci, sentire il sapore del pepe o del miele. La degustazione è prima di tutto per il nostro divertimento e la nostra soddisfazione.

Ci sono sicuramente differenze nella sensibilità agli aromi e ai sapori e queste riguardano gli amanti del vino alle prime armi, ma anche gli assaggiatori che fanno parte delle giurie dei concorsi e i produttori di vino professionisti. In qualche modo, nessuno si fa preda della disperazione per questo. La valutazione obiettiva di un determinato vino non ci obbliga a essere d’accordo con un professionista “esperto” come reputo Piotr Kamecki. Ognuno ha una sensibilità diversa.

Agli inizi, la parte più difficile in una corretta degustazione è riconoscere l’aroma o il sapore più forte e poi riuscire a trovarne degli altri e a darne una definizione. Ricordo che a Eger, nel 2003, avevo avuto difficoltà con un aroma che avevo sentito, ma che mi era sconosciuto e non riuscivo a dargli un nome, ma l’avevo descritto in un modo così preciso che i miei colleghi avevano capito esattamente cosa intendevo: prugna selvatica ungherese. Così mi hanno mostrato che al vigneto in cui erano cresciute e maturate le uve con cui era stato prodotto questo vino, ci sono molti di questi alberi. Una cosa simile  mi era capitata con l’uva spina viola: il vino aveva questo aroma, ma non potevo identificarlo e descriverlo a quei miei colleghi perché non avevo mai mangiato questo frutto e non potevano perciò mostrarmene i cespugli accanto ai filari.

valutazione del vino

Il sommelier Piotr Kamecki

Per me era quasi un incubo il fatto di non riuscire a descrivere un aroma così evidente. Soltanto due anni dopo, quando ho assaggiato l’uva spina viola sono stato in grado di dargli un nome con precisione. Pertanto, è molto importante creare una “banca degli aromi” nella nostra memoria, anzi non tanto crearla quanto organizzarla, perché la maggior parte di questi dati è già lì, nella nostra memoria, anche quando non è facile abbinare i nomi a ciò che i sensi avvertono.

Noi che siamo “diversamente giovani” ricordiamo ancora perfettamente  l’analisi gustativa compiuta dal grande scrittore sul vino Gino Veronelli sullo champagne Krug 1976. Allora il Gino nazionale aveva scioccato ben mezzo mondo usando una parola di sei lettere che spesso ci si vergogna perfino di citare in presenza di donne e bambini e che definisce il liquido seminale maschile (proprio così: “spe..a”) ed è esattamente così che ha scritto “spe..a” sulla rivista dell’Associazione Italiana Sommelier – “Vino”) e poi l’ha ripetuta davanti alle telecamere in un’intervista. Ne sono nate, ovviamente, critiche e polemiche che ora non vi sto a raccontare e poi, ovviamente, perfino risse e litigi!

Ecco, questa è una dimostrazione efficace della difficoltà di trasmettere con precisione l’aroma o il gusto di un buon vino. I Francesi, che sono avanti almeno mezzo millennio nell’arte di descrivere un vino, usano invece con maggiore “nonchalance”, senza scandalizzarsi, parole anche come goudron (catrame), pipì de chat (urina di gatto), fétide (fetido), vulve (vulva).

I vini normalmente si definiscono fruttati, floreali, speziati, vegetali, animali, minerali. Bisogna fidarsi del proprio istinto. Siete mai entrati in un negozio di fiori? Quelli che si sentono lì sono i profumi e i sentori floreali. Avete mai spremuto un’arancia? Quello è “fruttato” e qui le descrizioni sono un po’ più facili. Si riferiscono alla memoria, e istintivamente basta richiamare alla mente le connessioni che sono da qualche parte nella memoria e possono essere facilmente annotate e ricordate: l’assaggio le risveglia e rivela un sacco di descrizioni. Basta aprire i “cassetti” della memoria.

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Quando il naso è nel bicchiere, si comincia a sentire qualcosa, appunto frutta e fiori, ma non solo. Ma di che tipo? Il fruttato è vasto: c’è la frutta rossa abbastanza riconoscibile come ciliegie, more, oppure un po’ meno frequente come il ribes (avete mai mixato la crème de cassis con qualche spumante? Ecco, quello è il ribes). Frutta bianca tipo mela, banana, pesca (cercatela nel prossimo prosecco al bar) sono facilmente rilevabili in un bianco giovane, senza troppe pretese. Oppure frutta gialla come pesca o albicocca? O frutta rossa come fragolina selvatica, fragola, lampone, ciliegia? O frutta tropicale come ananas, pompelmo, foglia, passiflora? Frutta matura o verde? E ancora frutta cotta o candita? Confetture, marmellate o conserve?

Riconoscere i profumi e i sentori dei fiori è appena un po’ più complicato perché credo che tutti mangiamo la frutta. Però non credo affatto che portiamo spesso i fiori alla nostra signora che ci aspetta a casa la sera e potrebbero essere usati per allenare l’olfatto, giusto? Ci sono i classici: rosa, violetta, fiori di campo, però la pratica è importante per chi è alle prime armi per distinguere le sfumature dei fiori. Per ora basta così, cominciate ad allenarvi. Un ultimo consiglio: fidatevi del vostro istinto! Quando sentite qualcosa e pensate alle “mele” (per esempio), dite pure mele, con coraggio.

Nota: alcune parole sembrano negative, ma potrebbero non essere sempre negative. Aroma di macchia oppure odore di macchia? Aroma di olio oppure odore di olio? Profumo di qualcosa, oppure sentore, odore, puzza? Ma prima di descrivere un vino per le sue caratteristiche organolettiche sarebbe meglio essere certi che abbia soltanto delle doti e non dei difetti. I vini con aromi, profumi, sentori, si valutano piacevolmente. Quelli con odori o puzze si rifiutano, non si va nemmeno avanti con la degustazione, che in questo caso è utile soltanto professionalmente per chi questo vino lo ha prodotto e deve correggerne i difetti con la prossima vendemmia e vinificazione.

 

Difetti riconoscibili durante l’analisi visiva

Questo passo è importante perché aiuta subito a decidere se proseguire a valutare un vino e quasi sempre ci si azzecca. A volte capita che dopo aver versato del vino in un bicchiere, si vede che c’è qualcosa che non va, come quando qualcosa galleggia in superficie, il vino è torbido o spumeggia ancora quando non dovrebbe. Possiamo riconoscere l’eventuale ossidazione, dovuta a stoccaggio improprio, esposizione alla luce solare o trasporto o parcheggio sotto il sole, che è la stessa cosa. Cosa sarà successo?  Ecco allora le prossime tre tabelle a cui fare riferimento.

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