Ragù 7 su 7 (2)

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Napoli, 30 gennaio 2019.

Una giornata fredda, piovosa, gelida. Palazzo Petrucci, ad un passo dal mare. Una location incantevole svilita dai capricci del tempo. Ma poi varchi la soglia e subito quell’odore inconfondibile che fa vicoli stretti, famiglia, domenica. Il ragù, dal francese ragout napoletanizzato raù o rraù con doppia erre a indicarne forza e pregnanza. Quel sugo iconico, pomodoro e carne. Molto più dell’unione dei singoli ingredienti come ci ricorda la famosa poesia di Eduardo.

Basta un odore a farti dimenticare il cielo grigio, entri e si fa giorno.

La presentazione della manifestazione “Ragù 7 su 7” 2 si presenta subito chiara inequivocabile. Il due vedremo che non starà solo per seconda edizione, ma indica anche la duplice anima di questa preparazione che da Napoli si affaccia al mondo.

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Organizzata da Luciano Pignataro e My Social Recipe di Francesca Marino con l’apporto di sponsor del settore e il patrocinio del comune di Napoli vedrà la partecipazione dal 4 al 10 febbraio di 72 strutture tra ristoranti e pizzerie a questa che è in primis una festa identitaria, di cultura e tradizione.

Il ragù che è più identitario e rappresentativo della sorella “genovese”, più antico, parte da Napoli e si apre al mondo.

E allora veniamo a conoscenza di innumerevoli varianti, per materie prime usate. Di carne, pesce e finanche alla versione “Kangaroo Ragout” con carne di canguro!

I terrapiattisti ne confuteranno immancabilmente l’esistenza.

Elemento fondamentale affinché si addivenga ad un ragù con tutti i sentimenti è senz’altro la pazienza, come ci ricorda il dott. Pignataro. Ragù che in se ha tutte le caratteristiche dei prodotti universalmente riconosciuti come partenopei come il caffè o la pizza. Materie prime venute da fuori portate all’immortalità dall’ingegno napoletano.

Ragù che ha una sacralità quasi sua, fatta di attese fame e bisogni infine soddisfatti.

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“O tiano” o tianiello

Preparato in contenitori di rame, che dalla base vanno via via allargandosi in modo da favorire il rilascio degli umori della carne, che sfibrandosi dopo una lunga cottura (e un altrettanto fondamentale preparazione), “pappuliando” da vita al miracolo laico. Contenitore così iconico che il nome sottintendeva la preparazione, si diceva “agg fatt ‘o tiano” e si alludeva al ragù.

Una preparazione che era il premio di tanti giorni magri, la ricarica per una settimana da affrontare.

Oggi con un livello di vita decisamente migliore, potremmo potenzialmente mangiare ragù tutti i giorni.  

Ma è bene per l’apporto calorico importante della preparazione riservarlo comunque ad un giorno a settimana e a pranzo come specifica la dottoressa Marino.

Tutta questa fascinazione si è concretizzata nella degustazione che ha impreziosito la presentazione.

Lo chef Lino Scarallo, che ha sempre fatto dell’emozione la cifra stilistica della sua cucina ci delizia con i classici della tradizione, polpettine e ziti di Gragnano.

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Ma anche finger food, andati via come il vento. Il tutto innaffiato da vini di qualità e birre artigianali.

Napoli è ANCHE pizza. Quale migliore occasione per abbinare le due eccellenze!

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Giuseppe Pignalosa

Giuseppe Pignalosa si dimostra professionista esemplare, in un forno non suo presenta una pizza dannatamente buona, degna della sua fama. Leggera. Leggerissima e non poteva essere altrimenti per bilanciare il contraccolpo, la tracotante golosità del ragù.

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Chef Lino Scarallo e Giuseppe Pignalosa, mattatori della serata

Dunque ragù come identità e come ambasciatore. Questa la mission di questa seconda edizione.

E se anche non sarete così curiosi da provare la versione col marsupiale, ovunque c’è sugo messo lì a “pappuliare” per ore, lì c’è un pezzo di Napoli.

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