Semola e chicchi, non solo “arabi”.

Lo chiamano “arabo” perché viene dal Maghreb

     Ma in realtà il cuscus, pietanza a base di semola accompagnata da carni e/o verdure, è di origine berbera.

     I Berberi sono la popolazione autoctona del Maghreb, islamizzata nell’ 800 dopo Cristo ma rimasta molto legata alla propria lingua e alle proprie tradizioni, anche culinarie, motivo per il quale il cuscus, appunto, è rimasto una specialità di quella zona, allargata poi alla Libia e alla Mauritania.

     Si dice che il cuscus come pietanza sia arrivato in Maghreb dall’Africa, dove effettivamente esistono antichissime semole simili a quella del cuscus: semola di miglio, semolino di “foniò” ed altre, per la maggior parte composte da chicchi raccolti direttamente sulle piante e non elaborate a partire da farine come la semola maghrebina.

La semola di cuscus, in Maghreb, esiste in tre pezzature: fina, media e grossa.

     E’ sempre semola a base di grano duro, lavorata a mano o industrialmente, ma ogni pezzatura ha i suoi usi. Quella fina si usa generalmente per i cuscus a base di pesce o per preparazioni raffinate, la media si usa comunemente per i cuscus con carni e/o verdure semplicemente cotte nel brodo stesso che bagnerà la semola, mentre la grossa si serve nelle zuppe e minestre, un po’ come la pastina in Italia.

     Esistono poi dolci a base di semola, chiamati “mesfùf” o “seffa”: budino cotto con frutta secca, spezie e miele oppure semplice “zuppa” di semola bagnata con latte profumato all’acqua di rose o di fior d’arancio o “labàn” (latte fermentato) e miele o zucchero. Questi dolci si servono generalmente in periodo di Ramadan o altre occasioni speciali.

     Dal Maghreb, il cuscus e la sua semola hanno poi raggiunto Livorno attraverso gli ebrei di Tunisia chiamati nel ‘500 dai Granduchi di Toscana Cosimo I e Francesco I al momento dell’espansione del porto, e lì viene chiamato “cuscussù”.

     In Liguria approdarono con alcuni marinai genovesi, i quali, emigrati prima nell’isola tunisina di Tabarka, li portarono anche in Sardegna, all’isola di Carloforte, dove tuttora esiste il famoso “cascà” carlofortino detto “tabarkino”, anche se la Sardegna conosce un’altra forma antica di semola, grossa e regolare, chiamata “fregula”, che si condisce come la pasta con sughi particolari.

     In Sicilia il cuscus e la sua semola arrivarono attraverso gli scambi commerciali con la Tunisia dirimpettaia, e sono da allora una grande specialità a base di pesce di Trapani e Mazzara del Valle.

I piatti a base di semole e contorni non esistono, comunque, solo in Africa, in Maghreb e in Italia.

cuscus semola

     Ne troviamo in tutto il Medioriente. La semola mediorientale più conosciuta nel mondo è senza dubbio il bulghur o burghul, introdotta dai Turchi in tutto l’impero ottomano, inclusa la Grecia e i Balcani.

     Si tratta di una semola di pezzatura fina, media o grossa, a base di chicchi di frumento integrale germogliati, prima cotti al vapore e dissecati poi frantumati. E’ di colore paglierino, ad eccezione del cosidetto “bulghur crudo”, semplicemente dissecato e di colore nocciola scuro. Il bulghur non sottoposto a cottura conserva intatte le sue proprietà organolettiche.

     Il bulghur ha rappresentato per secoli l’alternativa al riso, quest’ultimo riservato alle classi abbienti perché abbastanza caro. Oggi è stato scoperto anche dalle cucine occidentali che ne fanno uso per preparazioni contemporanee.

     In Medioriente, poi, e in particolare in Libano, si consumano pietanze a base di grano frumento disseccato ancora verde, chiamato “frikeh” o “farikh”, che si presenta un po’ come il riso, di colore verde spento.

Ma non è tutto.

     In Medioriente esiste anche una semola grossa, simile alla fregula sarda, chiamata “Moghrabieh” (“maghrebina”), che si usa per preparazioni a base di carne e verdure, come il cuscus.

     E, infine, parliamo anche della semola grossa a base di farina di grano duro chiamata “cuscus israeliano” o “ptitim”, una specie di fregula irregolare “inventata” negli anni ’50 dall’industria alimentare israeliana per supplire alla mancanza di riso nel paese.

     Finiamo con un cerale che conosce attualmente una grande voga in Europa: l’amaranto.

     Pianta ornamentale di bellissimo aspetto, l’amaranto è stato utilizzato in Europa come tintura per i tessuti, ma in America centrale, al tempo dei grandi regni Maya e Azteco, era un alimento prezioso e molto salutare. Dall’ 800 in poi lo coltivano in Africa e in India, dove ha salvato dalla fame milioni di persone.

     Tutte queste semole, a base di farine lavorate o direttamente di grani e chicchi, hanno sfamato per secoli intere popolazioni, come le polente di granoturco, di orzo o altro dalle nostre parti e di maniocca o di miglio in Africa, magari condite con pochi ingredienti poveri ma altamente sazianti.

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