Serragghia. La Pantelleria del vino che fu nelle mani di Gabrio Bini.

Ieri sera è iniziato un nuovo corso. Un cammino diverso dettato da mille motivi. Ricerca, curiosità, smitizzazione dei riti, ricerca di una convivialità e del piacere della scoperta a tavola.
Tempo fa avevo appreso di Gabrio Bini e i suoi vini. Uomo di stirpe fiorentina “folgorato sulla via di Pantelleria”. Eh si! Perchè tutto il discorso è fermo lì e da lì parte.
Un’isola rovente e selvaggia, battuta da venti caldi in estate, profumata di mille sentori di erbe che strappano la vita ai terreni apparentemente aridi.
Qui nasce l’idea dell’Azienda Serragghia che porta il nome di una contrada dell’Isola. Qui nascono i vini. Selvaggi antichi. Ma per gradi.
Gabrio Bini mi invia 6 bottiglie. Due di Zibibbo 2011 e due del 2012 con accanto una bella pariglia di Fanino (Pinot nero) queste ultime due coppie ancora da etichettare. Null’altro. Gli chiedo notizie e mi rinvia al sito (www.serragghia.it). Non ne so nulla.
Chiamo il mio amico Massimo Amoroso e con lui si va a La Bottega di Nonna Vittoria da Francesco Di Leva e le sue sorelle. Si mette su una degustazione.
Francesco è uomo filologico. Se siamo in Sicilia, benchè in una bevuta al buio si mangerà in stile e cercando l’abbinamento più pertinente.
Si decide per un cuscus di verdure croccanti per non correre rischi di stare sopra le righe, un risotto al moscato d’Alessandria (base dello Zibibbo) e pistacchi di Bronte e una trilogia di formaggi con una gelatina sempre di moscato. I tre formaggi, rigorosamente siciliani, scelti sono: primosale, ragusano DOP e Tumazzu e piecura cu pipi.
Si decide di partire con lo stretto giro di amici sommelier del gruppo FISAR. Francesco Amalfitano, Francesco Di Maio, Gianfranco Giordano, Sabato Abagnale. Assieme a loro noi tre. Si aggiungono un paio di amici di Francesco, Lavina Lotti e l’Assaggiatrice ufficiale d’olio Laura Dal Sacco.
In cucina a preparare vanno Elisa e Maria Grazia Di Leva.
Questa in sintesi la cronaca gastronomica e organizzativa di un assaggio che meritava un gruppo e non un bicchiere in solitaria.
La durata? 4 ore! Quattro ore di ragionamenti, sobbalzi, emozioni e confusione. Si perchè il pinot nero di cui diremo ci ha confusi. Siamo usciti ripetendoci “non l’ho capito!”.
Non facile. Nemmeno un pò.
Abituati alla comodità dei vini contemporanei, ai vini addomesticati dalla tecnologia.
Non facile descriverlo, non facile capirlo, difficile valutarlo. Richiede impegno e concentrazione.
Stiamo parlando del Serragghia bianco di Gabrio Bini, Pantelleria. Vigne ad Alberello a potatura corta (alberello pantesco), vigneto a 350 metri sul mare, terreni vulcanici di Pantelleria.
Vinifica il Moscato d’Alessandria, con fermentazione in anfore da duecentoventi litri, per venti giorni.
E’ una fermentazione sulle bucce di uve diraspate, cui segue il passaggio in acciaio e quindi l’imbottigliamento.
E’ una vinificazione secca senza alcun processo chimico di addomesticamento, nulla aggiunto, lieviti, solfiti, tannini. Nessuna filtrazione. Un tuffo nel vino cosi come era.
Descriverlo a parole è molto difficile per la sua estrema contraddizione, dorato carico e velato, al naso esprime tutti i profumi che ci si possa aspettare da uno Zibibbo pantesco e li esprime con sequenze temporali molto lunghe. Albicocca, miele, sensazioni vegetali e speziate, mineralità salmastra. Aromi che ciclicamente si ripetono. Profumi mediterranei.
Il 2012 più fruttato del 2011, che esprime invece una maggiore mineralità.
Poi lo assaggi. Pausa.
Disorientato. Il caos.
Duro, spigoloso, molto secco, estremamente acido, tannini acerbi. Estremamente persistente e con una retrolfattiva di mandorle amare. Squilibrato secondo una valutazione strettamente tecnica.
Quindi lo riesamini, e ricominci a valutarne gli aromi, ma tornano ancora memorie di un passito; confermi il tutto, profumi morbidi ed avvolgenti, quindi riprovi ad assaggiarlo con maggior concentrazione e ne esci ancora sconfitto, è un vino duro, squilibrato, i dati non coincidono.
Poi realizzi. Devi cancellare la memoria delle tue esperienze e comprendere che il contrasto nasce dalla nostra abitudine ai vini moderni e il Serragghia è un vino antico, un vino come un contadino pantesco lo farebbe, senza se e senza ma.
Un vino bianco secco da uve aromatiche cresciute sotto il sole di Pantelleria. Il resto è gusto ed è soggettivo; questa durezza, questo contrasto può piacere o meno, ma sicuramente il Serragghia è una esperienza mediterranea, un viaggio tra i colori ed i contrasti di Pantelleria.

Serragghia rosso.
Pinot Noir allevato e vinificato a Pantelleria anch’esso in anfora ma di capienza molto maggiore, settemila litri. Non abbiamo notizie sul processo utilizzato.
Scelta coraggiosa vinificare il Pinot, uva nordica e difficile.
Rosso granato scarico e velato, al naso leggeri sentori di ciliegia che appaiono dopo lunga ossigenazione, al palato vino leggero poco morbido e secco di forte acidità e sapido, tannini leggeri ed acerbi. Vino molto duro e poco convincente a dispetto dei due Zibibbo che erano emozionanti se letti con la giusta chiave.

Li consiglieremmo?
Sicuramente si ma con una preparazione adeguata al loro assaggio. Mondandosi da preconcetti e acculturamenti. Ritornando a una modalità più semplice e rustica di valutazione del vino.
Grazie Gabrio Bini. Tante emozioni e un bel viaggio nella Pantelleria che fu.

di Massimo Amoroso e Giustino Catalano

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