Somlò: sinfonia d’autunno

Articolo di Mariusz Kapczyński – Traduzione di Mario Crosta .

Ah… magica Ungheria! Ogni volta che ci vado (sta a sole 5 ore d’auto da casa) e che ci penso mi viene in mente l’indimenticabile Tibor Gál, che ha promosso in modo straordinario la rinascita dell’enologia nel suo Paese, credendoci come pochi e seminando enocultura a piene mani. Non soltanto a Eger, la sua patria, ma dovunque. Per andare a trovarlo, un giorno ho deviato dalla solita autostrada Tarvisio-Vienna con cui tornavo in Polonia e a Gleisdorf ho svoltato sulla storica statale E 66 per Budapest. Un’oretta dopo il confine, a un certo punto ho visto in lontananza un’imponente montagna simile al nostro Vesuvio, che m’incuriosiva mano a mano che mi ci avvicinavo e la pianura si faceva più ondulata, ma molto rigogliosa, di tutte le tonalità del verde. Mi sono fermato in una trattoria davanti alla quale parcheggiavano decine e decine di TIR, dove si mangiava e si beveva davvero bene, abbondantemente e a poco prezzo. Le pompe di benzina della vicina stazione di rifornimento erano però ancora quelle a mano, chissà, forse d’anteguerra e la campagna, fuori dal moderno nastro d’asfalto, sembrava indietro di almeno 50 anni, un altro tempo, un altro pianeta. Somló, appunto. Ecco che ce ne parla anche il nostro “kapka” nel primo dei tre articoli consecutivi che gli ha dedicato sul suo blog Vinisfera.pl, che vi tradurrò tutti in sequenza. Sono accompagnati da un’accurata mappa delle vigne e da una fantastica, emozionante, galleria d’immagini che mi ha perfino commosso per come ha saputo cogliere al meglio l’anima di questo popolo, di questo posto, di queste vigne. Andateci, non perdete tempo!

Il traduttore: Mario Crosta

Somló. Sinfonia d’autunno

Nella parte sud-orientale della Kisalföld, la Piccola Pianura Ungherese, a poco più di 50 chilometri a nord del lago Balaton, sul pianoro spicca una montagna. È impossibile non notarla. È la vulcanica Nagysomló (432 m). Spesso, a causa della forma, viene chiamata “il cappello lasciato da Dio”. I suoi pendii vulcanici ormai spenti, freddi, danno un carattere insolito ai vini che nascono dai vitigni qui coltivati.

Vivere su un vulcano

Anche se la montagna di Somló, coronata dalle rovine del caratteristico castello dell’XI secolo, è la zona più importante, va ricordato che in questa denominazione ci sono anche le più piccole e un po’ meno apprezzate zone di Kissomlyó (“piccola Somló”) e Ság. Sono tutte zone tranquille, molto naturali, anche se forse qualcuno potrebbe ricordare che nel 2010 questa regione fu colpita da un disastro ambientale. La città di Ajka e i dintorni furono allagate da un fango rosso tossico. Oggi, di quel disastro non c’è quasi traccia. Il governo ha speso un sacco di soldi e di energie per livellarne gli effetti.

Solo le macchie sui muri e gli alberelli piantati di nuovo nel parco ricordano che qui è avvenuta quella disgrazia. Quando si arriva sulla salita di Somló dalle strade strette e spesso piene di buche, si vede il carattere unico di questo posto, con piccolissime parcelle di vigne, semplici terrazze e minuscole casette che ricordano i casotti rurali o le piccole dacie. C’è qualcosa in questo. Queste terre un tempo appartenevano alla Chiesa e in seguito furono divise e assegnate agli operai al tempo del regime comunista.

Da qui la frammentazione e la forte parcellizzazione della montagna. Somló è la più piccola di tutte le regioni vinicole dell’Ungheria. Tuttavia, in questo si cela quella forza e quel carattere che si formano proprio nelle piccole vigne e nelle imprese famigliari. In poco più di 830 ettari ci sono circa 3.000 vignaioli! Molti di loro lo sono abitualmente per hobby o guadagnano qualche soldino dalla vendita diretta di vino locale. Chi vuol fare un business maggiore deve allargare l’area di produzione. Allora, a volte con grande difficoltà, è necessario acquistare e collegare dei piccoli vigneti.

Picnic sotto la roccia vulcanica

Anche se il vulcano è estinto, il fuoco non manca certo nel carattere di questi vini. In alto domina il tufo morbido, friabile e i suoli basaltici e pietrosi. Nei vini si nota una struttura densa, un po’ grassa, oltre a vivacità, mineralità e uno straordinario bouquet di aromi e sapori. Non c’è da stupirsi che questo prezioso habitat sia sfruttato da tutte le parti. Letteralmente. Qui la vite si coltiva perfino sul versante settentrionale della montagna. Qui si gode un clima temperato, senza picchi estremi, anche se è più freddo e ventoso che sul lago Balaton. L’insolazione di Somló insolazione è notevole, ma l’altezza e la fresca ventilazione fanno la loro parte e ai vini non manca una mordente acidità.

Le coltivazioni sui pendii e sulle terrazze arrivano perfino a 350 metri sul livello del mare. Più in basso tutto diventa più piatto, letteralmente e metaforicamente, con il terroir che perde la sua espressività. Arrivano argilla e sabbia, perciò è sempre più difficile sentire il “gusto del vulcano” nei vini, che sono quindi meno apprezzati. È facile verificare queste differenze, confrontando i vini provenienti da diverse località, superiori o inferiori. Somló non è piena di vita, dispone di un’infrastruttura piuttosto debole, cosa che probabilmente si riflette un po’ nella sua immagine turistica. Non ci sono negozi, ristoranti, regna la pace, il silenzio e la classica atmosfera rurale. Qui non ci sono floridi resort né esclusivi centri di benessere o super-offerte ricreative in agguato a ogni angolo. E meno male! È veramente incredibile che un luogo vitivinicolo così straordinario abbia mantenuto ancora la sua naturalezza e il suo carattere rustico. D’altra parte, quest’isolamento naturale ha ovviamente i suoi punti deboli. Questo permette però di osservare Somló come una montagna solitaria che cresce sulla pianura, in cui si ingrandiscono come con una lente i problemi dell’odierno mondo del vino.

Foto dell’ autore – ©

Un vino focoso

Nel XVIII secolo, quando il Tokaji si è costruito la sua reputazione di ottimo vino ben rispettato, allora lo si confrontava con i vini di Somló. Non c’è da stupirsi, perché proprio a quel tempo i vini di Somló raggiungevano regolarmente, per esempio, la tavola papalina e la corte degli Asburgo (in particolare sotto il regno di Maria Teresa). Questi vini, a causa del loro carattere unico e dello stile, hanno ispirato e affascinato. Lo scrittore e filosofo ungherese Béla Hamvas (1897-1968) nel suo famoso libro “La Filosofia del Vino” (tradotto da Tadeusz Olszański, Varsavia, 2001) ci ha dato l’espressione del suo amore proprio per questo vino.

Ha scritto: “Il focoso vino della montagna di Somló, nelle cui vicinanze non si troverà l’acqua, proviene però da un terreno vulcanico. Nel bel mezzo della pianura sorge una montagna a forma di corona. Il vino di Somló è il più splendido di tutti i vini ungheresi. E vi dico subito perché. (…) Somló è un baritono solare ed essendo allo stesso tempo un vino sinfonico, biondo, maschile raccoglie pure quegli aromi spirituali concentrati che gli ha dato il Creatore. E anche se penso che tutti i vini socializzino e diano il meglio di sé in grande compagnia, quello di Somló è anche la bevanda della solitudine. Questo vino colmo di aromi straordinariamente sorprendenti si dovrebbe bere in un silenzio profondo, in solitudine. Vorrei aggiungere ancora una cosa: tutti i più vini di montagna più importanti soddisfano gli uomini piuttosto maturi oltre la quarantina, e non la frivola gioventù, ma il vino di Somló è addirittura un vino da vecchi. È un vino da saggi, da gente che possiede la più importante cognizione della vita: la pace dello spirito. Questa è la mia verità personale, che non dovrei tradire. Ci sono arrivato grazie alla meditazione a Szigliget (…). Lo stupefacente vino di Somló mi ha permesso di essere più vicino a quella grande serenità, alla saggezza e a quell’eccezionale stato di euforia attraverso il quale è nato il mondo“. Bello, sebbene scritto, forse, in uno stile leggermente sublime. Rimane il fatto che a Somló l’eccezionale ambiente vulcanico dà degli effetti eccezionali.

La coda di pecora e il terroir

Come ho già ricordato, nel passato i vini potenti e un po’ ossidati di Somló competevano senza problemi con gli altri vini magiari e raggiungevano le tavole regali. A quel tempo, la loro buona reputazione ha originato una leggenda. Li hanno chiamati “vini da prima notte di nozze” poiché bevendoli c’era la garanzia di generare figli maschi. Come saprete, una cosa che per le corti reali era di valore inestimabile. Possiamo considerarla come l’esercizio, già allora, di un marketing molto intelligente (senza contare che perfino attualmente alcuni stanno cercando di usarla nei contatti con il mercato cinese …). Oggi i vini di Somló sono un po’ diversi nello stile, più freschi, limpidi e puliti.

Nei vigneti di Somló dominano i vitigni bianchi: Furmint, Juhfark, Hárslevelü, Olaszrizling, Traminer, Chardonnay. Essi conferiscono al vino un caratteristico, “proprio” carattere.

Non c’è alcun dubbio che questo vino straordinario, unico, sia una vera manna e un tesoro della cultura enologica. Qui non c’è alcun occultamento né una pseudo storiella del terroir. Chi ha voglia di tastare e testare la differenza non ha soltanto che da provare questi vini, poiché è proprio in essi che questa preziosa impronta del terroir guadagna straordinariamente forza. Il terroir qui è realmente e chiaramente marcato. Il vitigno che si associa maggiormente con Somló è lo Juhfark (“coda di pecora”), una varietà autoctona locale che dà delle note di terra vulcanica molto specifiche, a volte con sfumature di noci e di rustiche note di pavimenti d’argilla o di vecchia cantina. Lo Juhfark di Somló si adatta benissimo a un lungo invecchiamento. Ha una buona acidità. È sensibile però al gelo e alla muffa (fortunatamente i venti che soffiano qui asciugano bene le vigne). Invece Furmint e Hárslevelü, anch’essi associati con Somló e addirittura prescritti, non sempre danno i risultati migliori. Sembra che Furmint e Hárslevelü possano sopraffarlo molto spesso in qualità e potenzialità. Ma lo Juhfark di una buona versione ha doti eccezionali: note minerali, austere, acidule, campagnole, sapide, calcaree. Alcuni consumatori le stanno scoprendo per la prima volta nei suoi vini. L’acidità dello Juhfark è vivace, elevata, richiede un’adeguata conduzione della vigna e un corretto momento di vendemmia. In bottiglia lo Juhfark giovane è del tutto naturale, fresco, a volte diventa sempre più complesso, ampio, si vede che questo vitigno “si armonizza” a meraviglia con il terreno basaltico ed è un buon “traino” del terroir. Lo Juhfark matura bene nelle botti grandi, si sottopone a una delicata micro-ossidazione, sviluppa struttura, assume eleganza e scarica un po’ di acidità. Prende quindi delle caratteristiche aromatiche molto interessanti, che lo distinguono nettamente dai vini di tutti gli altri vitigni.

Una grande piccola regione

Nei vigneti locali ha attecchito molto bene anche il Furmint. Se matura correttamente, può dare un vino ricco, ampio, di buona struttura, complesso e importante. Non gli mancano l’acidità e un tocco di mineralità. Il vino è dominato da aromi di miele, cotogna, pera. Un po’ diversamente da come si esprime a Tokaj, il Furmint di Somló è destinato principalmente ai vini secchi. Il tempo lo aiuta anche a sprigionare un’interessante mineralità. Vale davvero la pena di confrontare le versioni secche Furmint di Somló e Tokaj. L’Hárslevelü è simile al Furmint più che allo Juhfark, è equilibrato, intenso e anche interessante.

Alcuni dei vitigni ungheresi coltivati a Somló non sono sopravvissuti all’attacco della fillossera. Lo Juhfark era quasi scomparso dalle vigne e lo hanno ricreato con successo quasi all’ultimo istante. Durante il loro restauro è stato l’Olaszriesling (Riesling Italico, ndt) a diventare il numero uno. Oggi è valutato come vivace, trasparente e acidulo, di ottime fondamenta, ottenuto con tonalità verdi, floreali e con le tipiche note minerali della sabbia. Questi sono vini che hanno del potenziale. Il carattere del terroir si avverte più o meno a seconda delle annate. Anche se, come ho già ricordato, a Somló dominano quasi esclusivamente i vitigni bianchi, in quel muro si vedono già le prime timide brecce ampelografiche; si sono già mostrati in coltivazione i primi vitigni rossi (per esempio di Syrah, da Krainbacher). Gli enologi di Somló fanno i loro vini sulla base di lieviti naturali, non selezionati, ecco perché ci sono anche sapori “vulcanici”, a volte grezzi, selvatici, qui è pieno di armi raramente incontrati in altri vini. I vini di Somló possono maturare a lungo e vale la pena di dare a essi questa possibilità e di aspettare. Se a essi permettiamo di svilupparsi, la nostra pazienza ne sarà certamente gratificata. Quando i vini sono vini giovani possono essere un po’ ruvidi, sorprendere per un’asprezza sorprendente dell’acidità e degli aromi, ma quanto più sono avanti d’età, allora cominciano i campionati sensoriali veri e propri… Vale la pena di ricordare che è meglio bere i vini invecchiati e maturi di Somló a temperature superiori ai 12-14 °C. È così che possono allora aprirsi e sprigionare tutta la pienezza degli aromi. Ne tengo anch’io una bella scorta in cantina. Aspetto anche la nuova annata 2011, che è stata calda, asciutta, pertanto ci si può aspettare un estratto solido, di buona struttura, ma anche con un’acidità leggermente inferiore.

Sul binario giusto

Come molte regioni vinicole, Somló ha avuto i suoi momenti migliori e peggiori. Il triste periodo del regime comunista qui si è manifestato abbastanza pesantemente, tanto fortemente che il luogo ha sofferto l’erosione della qualità e un particolare marasma mentale. Somló se l’è fortunatamente cavata. Oggi, però, non è una regione che possa essere considerata un vulcano di energico marketing. Tutto è calmo qui, con il peculiare ritmo della campagna e la comunità vitivinicola locale sembra concentrarsi prevalentemente sui mercati locali. Somló riesce a mantenere naturalezza, un fascino sano e genuino, lungi dalla brillantina mediatica e dall’abbaglio dei grandi eventi.

Perciò un viaggio a Somló è un po’ come una gita al parco nazionale. C’è da vedere una preziosa pepita, che ha l’eccezionalità di Tokaj e conserva la propria individualità e la bellezza. Cosa importa se qui ci sono meno investimenti, meno turisti, meno divismo dei cognomi e meno avventure mediatiche? Si è conservata però l’unicità del posto. La vita qui sa di campagna, con tutto il suo fascino e le sue debolezze. A volte si vorrebbe che il posto palpiti di più, si sviluppi più velocemente, d’altro canto l’uomo trema un po’ per la familiarità, la naturalezza che potrebbe svanire con il turismo di massa e gli investimenti “moderni”. Il mondo del vino si standardizza e a momenti perde i contorni dell’identità. In questo contesto, questa vulcanica isola enologica si è conservata meravigliosamente conservata, è una nicchia molto naturale. Somló stessa, con un tale patrimonio, non poteva non comprendere regole per proteggere i metodi di coltivazione, di produzione del vino, eccetera. Questa regione è tutelata da denominazione d’origine, è un Districtus Hungaricus Controllatus. Ciò pone dei precisi requisiti qualitativi. Essi riguardano l’origine (il vino può nascere solo da uve che crescono sulla montagna o nelle immediate vicinanze) nonché l’adeguata maturazione delle uve. I vini di tutta la denominazione Somló non devono superare la resa di 80 hl per ettaro, che diventano 50 per quelli con una indicazione più specifica della parcella di origine. Il vino deve passare almeno un anno e mezzo in vecchie botti di legno. Questa limitazione è quella che profila meglio lo stile e la qualità dei vini di Somló. Anche se il luogo di cui si parla non è tra gli itinerari più popolari dell’Ungheria, ogni appassionato di vino dovrebbe venire qui. Lo faccia e non se ne pentirà certamente.

Mariusz Kapczyński

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