Sos Venezia senza moeche, persa prelibatezza a causa della siccità

Con l’arrivo dell’autunno normalmente a Venezia prende il via la cattura delle moeche, granchi locali in fase di muta, ma quest’anno ci sono pochissimi esemplari in laguna.

 

“Non ci sono in questa stagione perché nell’estate, col forte aumento delle temperature, i granchi sono tutti morti. È una roba epocale.

 

Alcuni pescatori dicono che succede anche per l’invasione delle noci di mare, meduse piccoline che si depositano sul fondo e stanno occupando troppi fondali”. A lanciare il grido d’allarme, in occasione di Ein Prosit in corso fino a domenica a Udine, sono Chiara Pavan e Francesco Brutto, gli chef del ristorante stellato Venissa a Mazzorbo. “Anche i moecari, i pescatori specializzati nella cattura di questi prelibati granchi della laguna veneta – spiegano -, sono ridotti a due dozzine tra le isole di Burano, della Giudecca e Chioggia rispetto alle centinaia dei tempi d’oro. Ma è la siccità di quest’anno a pesare su questa tradizione ittica e gastronomica.

 

Il cambiamento climatico ha cambiato le specie presenti nello specchio d’acqua lagunare, mettendo all’angolo gli ultimi esemplari di moeche che, in autunno, stagione della muta, sono introvabili e con quotazioni alle stelle per i pochi esemplari catturabili”.

 

Nel dialetto veneziano moeche significa morbide, e così si presentano queste prelibatezze tipicamente servite fritte in pastella. Vengono comunemente indicate come le “pepite di Venezia” perché normalmente vendute tra i 5 e i 7 euro ad esemplare, o nei banchi del mercato ittico a quotazioni che oscillano tra 50 e 70 euro/kg. Costi spesso insostenibili per un ristorante che deve far quadrare il bilancio senza scontrini da capogiro da presentare alla clientela. “Con l’innalzamento delle temperature e la pesca selvaggia negli ultimi anni di moeche se ne trovavano sempre meno. Noi non le serviamo più da tempo, – spiega Chiara Pavan – non possiamo lavorare facendo la caccia al tesoro. Preferiamo servire piuttosto specie aliene che ormai hanno invaso i nostri mari. Tra questi il granchio blu che sembra essere stato portato in Adriatico dalle grandi navi che ci raggiungono dall’Atlantico. Qualcuno – ammette – si lamenta in osteria dove i clienti chiedono più la tradizione, ma con i cambiamenti climatici sono rare anche le tipiche seppioline del Redentore che arrivano a costarci 180 euro al Kg”.

 

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