Spuntini a portata di click e “sani”: così siamo in pieno trend “snackification”

“Poco e spesso” o “piccoli spuntini”: che sia al lavoro per comodità di trasporto (food to go, ,ovvero il cibo confezionato da portare via (ready-to-eat) da acquistare in supermercati o nel lunch box preparato da noi) o persino in smart working per comodità si assiste ad una tendenza definita ‘snackification‘, riguarda piccole porzioni confezionate o realizzate home made. Così al posto di ‘colazione-pranzo-cena’ sempre di piu’ facciamo snack in sequenza dalla mattina al pomeriggio, lasciando che la cena sia il pasto principale e ben cucinato.

Abbiamo, una nuova consapevolezza verso i cibi freschi, naturali e ricchi di vitamine fortificanti e così snack non è più associabile, perlomeno non solo, a junk food come una volta. Il consumo di snack durante la quarantena era crollato perchè ci siamo dati alla cucina non potendo avere occasioni di uscita se non certificata e indispensabile (salvo poi ordinare, con il delivery, cibo pronto) ma ora ha ripreso a correre perché si smangiucchiava in ufficio avanti al pc e si sgranocchia ora anche se si lavora da remoto. La novità è che li vogliamo ‘più sani’.Lo zoccolo duro dei divoratori di pasti pronti e dei masticatori di merende fuori orario è in crescita costante in tutto il mondo. Nei paesi emergenti, in primis. Poi in quelli sviluppati dove probabilmente gli spuntini erano già una abitudine, sentenziano gli analisti Euromonitor International in un  report intitolato ‘snackification’ e che riguarda i paesi di tutto il mondo.
“Preferisco spendere il mio tempo facendo altro invece che cucinando”, dicevano i ragazzi della Generazione Z, seguiti dai Millennials americani, europei, australiani e neozelandesi già prima del lockdown. Spiega Jared Koerten, a capo dell’indagine: “Già prima della pandemia, con il rapido processo di urbanizzazione globale che ha interessato il 56% della popolazione e con l’incremento della tecnologia, la snackification con spuntini a portata di click era una realtà. L’87% di noi possiede uno smartphone e dal 2014 al 2019 le vendite online sono aumentate del 160%. Il 59,2% ha i figli, di età da zero a 17 anni, in casa con sé. Crescono anche i single che si prevede aumenteranno del 20% fino al 2040”.

Prima del coronavirus il 35% della popolazione ogni settimana ordinava cibi da asporto, il 26% li faceva recapitare a casa. Un esempio? Gli ordini di kit di pasti freschi pronti dal sito americano più popolare, HelloFresh, sono aumentati del 2.500% dal 2014 al 2019. Poi è arrivato il Covid-19 e con la drastica diminuzione della mobilità di marzo, aprile e maggio abbiamo smesso di smangiucchiare, masticare e sgranocchiare ma abbiamo ripreso subito e in modo nuovo.
Dal mattino al pomeriggio consumiamo snack a base di frutta, biscotti dolci, barrette, snack salati, cioccolata, caramelle e gelati, comprati al supermarket (+2,8%) ma soprattutto online (+39,7%) e li vogliamo più sani: che contengano sostanze che fortifichino il nostro sistema immunitario, che siano gluten free, organici, vegetariani, senza zucchero, vegani e senza conservanti artificiali. Inoltre kosher, senza aromi chimici, no omg senza coloranti. Infine che abbiano un ottimo rapporto qualità/prezzo.
E il futuro? “Il mercato mondiale degli snack biologici renderà 23,7 miliardi di dollari entro il 2025, con un incremento del 14%. Gli spuntini biologici piacciono perché la popolazione cerca di conciliare meglio gli impegni quotidiani e la vita frenetica con la salute. Gli snack possono avere un ruolo cruciale per fornire nutrienti utili per uno stile di vita sano e la pandemia ha aumentato il livello di attenzione su cosa si mangia”, ricorda Koerten. Molti li possiamo realizzare homemade, in casa: biscotti, barrette di granola (miscela di fiocchi d’avena, miele e frutta secca) con fantasia e dedizione, ma anche falafel di ceci, piccole frittatine di riso

Fonte: Ansa.it

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