Terra Mia: Azienda Agricola Calatroni

Antonia Maria Papagno
Terra Mia: Azienda Agricola Calatroni

Terra Mia: Azienda Agricola Calatroni

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Dal 1964 la famiglia Calatroni coltiva e valorizza le proprie uve nelle colline dell’Oltrepò Pavese. Con la terza generazione, guidata da Cristian e Stefano dal 2002, l’azienda ha puntato con determinazione sul Pinot Nero in particolare per la produzione di spumanti Metodo Classico (oggi circa 100.000 bottiglie all’anno) tutte DOCG.

I vigneti coltivati in biologico e distribuiti tra Montecalvo Versiggia, Santa Maria della Versa e Rocca de’ Giorgi – offrono caratteristiche uniche che si riflettono nei diversi cru e nelle cuvée. La produzione è affiancata da un’attività agrituristica e da un forte impegno per la sostenibilità ambientale.

Il progetto Mon Carul è dedicato alla valorizzazione dei vitigni autoctoni e si fonda su agricoltura biologica, energia rinnovabile e pratiche a basso impatto. L’obiettivo: custodire la tradizione, innovare con rispetto e raccontare il territorio attraverso il vino.

il paesaggio
il paesaggio

Qual è la ricetta giusta per ottenere un vino identitario? Quanto conta la storia del territorio e quanto lo stile di produzione?

A nostro parere, per mirare a produrre una vino identitario bisogna far emergere l’unicità che questo ha da esprimere. C’è un tempio sacro da rispettare: il varietale dell’uva ed il territorio in cui questa è coltivata.

La storia di un territorio è importante, ma allo stesso tempo relativa. Territori un tempo blasonati, appena cinquant’anni fa, oggi registrano valori inferiori rispetto ad altri che nel tempo hanno saputo evolversi e hanno definito uno stile produttivo chiaro e riconoscibile, riuscendo anche a intercettare le nuove esigenze del mercato ottenendo così un importante slancio commerciale per il proprio territorio.

Il cambiamento climatico ha reso obsolete le pratiche vitivinicole degli anni ’90, che producevano vini troppo alcolici e concentrati. Come gestire oggi la transizione verso tecniche più sostenibili e tradizionali, senza perdere identità e rispettando normative sempre più complesse?

Oggi fortunatamente abbiamo uno sviluppo tecnologico che in passato non esisteva. Tuttavia i cambiamenti climatici hanno sempre fatto parte della storia dell’uomo e della viticoltura e in certi periodi hanno portato al totale abbandono delle coltivazioni. Oggi siamo più attrezzati: per esempio stiamo testando strutture nei vigneti che proteggono le viti dagli agenti atmosferici come grandinate o forti temporali. Queste coperture difendono anche i grappoli dai raggi solari troppo intensi e aiutano a mantenere più efficaci i trattamenti. Allo stesso tempo la saggezza contadina spesso aiuta a comprendere meglio le azioni da svolgere per poter anticipare lo sviluppo di problematiche.

La prima vendemmia non si scorda mai! La ricordate ancora? Qual è stato il vostro primo vino prodotto?

Io e mio fratello siamo entrati in azienda in momenti diversi ma credo che la vendemmia che ricordiamo meglio, agli inizi della nostra avventura, sia quella del 2003. A dir poco terribile: un caldo estremo che portò alla produzione di vini molto concentrati e alcolici. All’epoca, coltivavamo principalmente Croatina che vendevamo in damigiana tra febbraio e marzo. I nostri clienti la imbottigliavano in casa e aspettavano la primavera per consumarla briosa dopo la rifermentazione in bottiglia. Però quell’anno in tanti si lamentarono perché il vino non rifermentava. E in effetti, con basi che superavano i 14% vol., era comprensibile: in quelle condizioni i lieviti facevano davvero fatica a riprodursi. Il Metodo Classico è arrivato per noi solo qualche anno dopo, con la prima annata nel 2008. Ne conserviamo ancora qualche bottiglia.

Si coltiva in biologico e poi in cantina che succede? Come viene trattata l’uva accuratamente allevata?

Se si coltiva in biologico è buona prassi proseguire con il disciplinare, a prescindere che si dichiari o meno la certificazione in etichetta. Credo che oggi un bravo tecnico debba lavorare in punta di piedi, limitando il più possibile la chimica enologica o le pratiche invasive che possono snaturare il vino. Oggi la tecnologia ci aiuta moltissimo e se può contribuire a farci lavorare meglio credo sia fondamentale utilizzarla con consapevolezza. L’uva va rispettata: è lei la vera protagonista del risultato futuro. Se viene coltivata con cura e mantenuta sana il nostro compito è semplicemente quello di permetterle di esprimere al meglio tutte le sue caratteristiche nel vino. Noi abbiamo ottenuto grandi miglioramenti raccogliendola in cassette e gestendone la temperatura: lasciamo l’uva una notte in cella frigorifera a 5°C prima di iniziare la vinificazione.

Qual è l’etichetta aziendale che più vi rappresenta?

Ne citerei due: sono i nostri Metodo Classico d’ingresso e si chiamano Michèl e NorEma. Entrambi sono Pinot Nero in purezza. Il Michèl è un blanc de noirs affinato per circa 36 mesi e porta il nome dialettale di mio figlio Michele. Invece il NorEma è un rosato di circa 30 mesi, il cui nome nasce dall’acronimo delle figlie di Cristian: NORa ed EMmA. Sono entrambi dedicati (con affetto e un pizzico di ironi) all’ipotetica futura generazione, giusto per non metterle troppa pressione! Crediamo che proprio i vini d’ingresso, quelli più rappresentativi e prodotti in maggior quantità – debbano essere oggetto dei maggiori sforzi e risorse per garantire sempre il massimo risultato qualitativo.

Diamo i numeri: quanti ettari, quanti ettolitri, quante bottiglie prodotte ad oggi.

Totali 28 ettari vitati di proprietà circa 1500 hl prodotti in media all’anno, con una produzione di circa 170000/180000 bottiglie prodotte su circa 12 etichette tra metodo classico e vini fermi. 

Crisi energetica, conflitti bellici e aumento delle materie prime. Qual è l’impatto sul settore vitivinicolo e cosa vi preoccupa maggiormente.

L’aumento dei costi degli ultimi anni ha profondamente stravolto le dinamiche di un territorio come l’Oltrepò Pavese, dove la produzione di vino imbottigliato nelle fasce di prezzo medio-alte è ancora limitata rispetto all’ampia superficie vitata. Di conseguenza molti vini con prezzi di mercato più accessibili sono diventati economicamente insostenibili per le aziende a causa dell’aumento dei costi di produzione. Forse, però, la preoccupazione maggiore nasce dal calo netto nei trend di consumo che spesso ci porta a riflettere se non sia il caso di valutare anche lo sviluppo di prodotti alternativi al vino.

Stappiamo o svitiamo? La scelta di più produttori all’uso del tappo a vite fa discutere il mondo del vino. Che ne pensate? C’è differenza nel suo impiego tra vino bianco e vino rosso?

Personalmente credo che i tappi tecnici a vite siano maggiormente performanti sia per vini bianchi che per vini rossi. Infatti, noi ormai li abbiamo adottati da anni sulle nostre referenze. In merito al metodo classico usiamo ancora sughero, anche se stiamo valutando di avvicinarci a tappi alternativi per queste referenze.

Per qualcuno il futuro del vino comincia dall’etichetta, passando per la comunicazione, la fidelizzazione e l’economia circolare (come la sostenibilità). Quanto sono importanti la divulgazione e l’uso dei social-media per il vostro lavoro? Il digital – marketing è una nuova risorsa per il mercato o un costo aziendale in più?  Qual è il futuro del vostro vino?

Siamo nell’era della comunicazione e oggi più che mai è necessario raccontare i prodotti e l’intero percorso che porta alla loro realizzazione, per renderli appetibili al mercato. Anche l’occhio vuole la sua parte: l’immagine, il packaging e la presentazione giocano un ruolo fondamentale nella vendita. Tutto questo è innegabile. Spero solo che tutto ciò non ci faccia perdere di vista ciò che davvero conta soprattutto per noi produttori che puntiamo prima di tutto alla qualità dentro la bottiglia e solo dopo fuori.

Marketing influencer: come rendere il vino attraente per i giovani? Il settore vinicolo dovrebbe usare un linguaggio contemporaneo, collegando il vino a musica, moda e quotidianità, o concentrarsi sui dettagli tecnici che interessano solo gli esperti? Qual è la strategia giusta?

A mio parere i produttori devono rendere il vino comprensibile a tutti. Quando qualcosa non è chiara può spaventare il consumatore o semplicemente non attirarne l’interesse. È fondamentale imparare a comunicare, non solo con chi vive il vino allo stesso modo dei produttori ma anche con chi lo approccia con curiosità e semplicità. Faccio spesso un esempio personale: sono un grande consumatore di caffè (mi piace molto, ma ammetto di essere totalmente ignorante in materia: è un mio limite, lo riconosco). Nonostante ciò il caffè mi dà una sensazione di benessere anche se lo vivo in modo semplice e istintivo. Non so se quello che bevo sia considerato di alta qualità, ma a me piace così. Perché non dovrebbe essere lo stesso per il vino? Se qualcuno vuole viverlo in modo personale e libero deve sentirsi autorizzato a farlo. Non credo esista una formula vincente. Un produttore deve raccontare sé stesso attraverso il vino che crea purché sia un racconto sincero e trasparente e non solo una costruzione di marketing.

L’aumento della domanda di vini low-alcohol o dealcolati sta cambiando il panorama del settore enologico?  Potrebbe offrire nuove opportunità al mercato italiano del vino? Come mai i ristoranti stellati sono ancora restii ad includere questa tipologia di prodotto nelle loro carte dei vini?

Credo sia arrivato il momento di creare una categoria merceologica specifica per identificare i prodotti dealcolati o volutamente realizzati con un basso tenore alcolico. Se a causa del calo dei consumi e della conseguente minaccia alla sostenibilità economica le aziende dovranno valutare la produzione di alternative, ben venga. Ma è fondamentale dare a questi prodotti un nome proprio che li distingua chiaramente. Il vino è altro e va rispettato come tale.

Non tutti sanno che…

Io, Stefano, da piccolo volevo fare il calciatore. Invece Cristian no, lui ha sempre voluto fare l’enologo.

La cantina
La cantina

https://www.calatronivini.com/

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Antonio Maria Papagno. Nel mondo dell’enogastronomia da sempre. Sommelier AIS, assaggiatrice ONAV, sommelier dell’olio FIS e tecnico assaggiatore di oli extravergini d’oliva. Ho diretto enoteche qualificate e curato wine & evo list per ristoranti e cantine. Mi occupo di vino, olio e parole. Racconto esperienze, luoghi e persone nel mio blog Ritratti di Gusto e attraverso collaborazioni con diverse testate giornalistiche. http://ritrattidigusto.blogspot.it/ https://www.facebook.com/tonia.papagno
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