Terra Mia: Azienda Agricola Terre dell’Eremo
Terre dell’Eremo nasce da un sogno giovane e affonda le radici nella tradizione contadina. Siamo a Torrecuso, nel cuore del Sannio, in un borgo antico dominato da un castello medievale e cinto da colline generose dove la viticoltura è molto più di un mestiere: è una vocazione. Il nome della cantina prende ispirazione dall’Eremo di San Liberatore: un luogo di silenzio e spiritualità che confina con i vigneti aziendali. Qui nascono vini bianchi, freschi e profumati come la Falanghina e il Fiano e rossi intensi e strutturati come l’Aglianico. La famiglia Cutillo coltiva la propria terra con rispetto, unendo l’esperienza tramandata da generazioni all’energia di una nuova visione. Oggi è Antonio Cutillo, figlio e custode delle Terre dell’Eremo, a portare avanti l’azienda con passione e sguardo innovativo. Storia e rinnovamento si incontrano tra i filari, ogni vendemmia racconta un passato fatto di tradizione e un futuro costruito con determinazione. I vini nascono da un paesaggio autentico, a tratti eroico, dove la natura scandisce il ritmo e l’uomo sa ascoltarla. Ogni bottiglia di Terre dell’Eremo racchiude il carattere del Sannio, l’anima di chi lo coltiva e la bellezza di un territorio millenario e generoso.

Qual è la ricetta giusta per ottenere un vino identitario? Quanto conta la storia del territorio e quanto lo stile di produzione?
Le due cose sono entrambe importantissime per definire l’identità di un territorio. Tuttavia, credo che il territorio, con le sue specifiche caratteristiche pedoclimatiche, incida in modo più profondo sull’identità del prodotto finale; lo stile di produzione può essere lo stesso in varie zone, ma il terroir assolutamente no, ed è ciò che rende davvero identitario un vino.
Il cambiamento climatico ha reso obsolete le pratiche vitivinicole degli anni ’90, che producevano vini troppo alcolici e concentrati. Come gestire oggi la transizione verso tecniche più sostenibili e tradizionali, senza perdere identità e rispettando normative sempre più complesse?
Spesso, descrivendo le nostre aziende parliamo di tradizione, pensiamo di gestire le aziende come lo facevano i nostri genitori o nonni. Oggi questo approccio non è più attuabile, a causa di numerosi fattori tra cui il cambiamento climatico. Per questo motivo, sia in campo che in cantina, siamo costretti ad adottare nuove strategie. Per contrastare la siccità, ad esempio, gestiamo il suolo attraverso lavorazioni mirate e, dove le risorse idriche lo permettono, tramite inerbimenti controllati. Infine, per evitare vini troppo alcolici, come spesso accadeva in passato, monitoriamo attentamente la maturazione delle uve, intervenendo con la raccolta al momento ottimale per preservare la freschezza. In futuro si potrebbe anche considerare di adottare forme di allevamento non tipiche della nostra zona, ma che resistono meglio a stress idrici e calore (alberello) al momento siamo però vincolati ai disciplinari, che limitano questa possibilità.
La prima vendemmia non si scorda mai! La ricordate ancora? Qual è stato il vostro primo vino prodotto?
Avendo un’azienda giovanissima, ricordiamo perfettamente il momento della nostra prima vendemmia: fu un ‘esperienza indimenticabile. L’uva era eccezionale e, pur essendo consapevoli che la strada davanti a noi sarebbe stata tutta in salita, l’emozione di vedere nascere la nostra prima bottiglia è stata enorme per tutta la famiglia. Il nostro primo vino prodotto è stato un IGP Beneventano Falanghina.
Si coltiva in biologico e poi in cantina che succede? Come viene trattata l’uva accuratamente allevata?
La nostra azienda non è certificata biologica, ma seguiamo un protocollo scrupoloso di lotta integrata. Questo approccio prevede l’utilizzo mirato di sostanze chimiche di sintesi solo dopo aver adottato tutte le pratiche agronomiche applicabili in vigneto, come il monitoraggio dei parassiti, la potatura verde, scelta di varietà più resistenti. Grazie a questa gestione l’uva arriva in cantina in condizioni ottimali e richiede interventi minimi. Più attenzione c’è in campo, meno interventi sono richiesti in cantina: il nostro obbiettivo è quello di esaltare la qualità dell’uva, non correggerla.
Qual è l’etichetta aziendale che più vi rappresenta?
L’etichetta che più ci rappresenta è quella del nostro Fiano DOP, sulla quale è raffigurato l’Eremo di San Liberatore, un luogo simbolico situato vicino alla nostra terra. È proprio a questo eremo che ci siamo ispirati per il nome della nostra azienda Terre dell’Eremo. Questa etichetta racchiude il legame profondo con il territorio e i valori che vogliamo trasmettere attraverso i nostri vini.
Diamo i numeri: quanti ettari, quanti ettolitri, quante bottiglie prodotte ad oggi.
Al momento siamo una piccola azienda con:
7 ha di vigneto
500 hl
20.000 bottiglie
Crisi energetica, conflitti bellici e aumento delle materie prime. Qual è l’impatto sul settore vitivinicolo e cosa vi preoccupa maggiormente?
L’impatto maggiore lo avvertiamo sull’aumento delle materie prime, sia per quanto riguarda i prodotti usati in cantina che del packaging, come bottiglie, tappi ed etichette. Anche in campo, i costi dei mezzi tecnici e dei materiali sono aumentati in modo significativo. Un ‘altra difficoltà quotidiana è legata alla crisi energetica, in particolare all’aumento del gasolio agricolo, indispensabile per le lavorazioni in vigneto. Questo incide notevolmente sulla sostenibilità economica dell’azienda.
Stappiamo o svitiamo? La scelta di più produttori all’uso del tappo a vite fa discutere il mondo del vino. Che ne pensate? C’è differenza nel suo impiego tra vino bianco e vino rosso?
Siamo tutti legati al gesto dello stappo ed è difficile immaginare il mondo del vino senza un pregiato tappo di sughero, che per molti rappresenta un simbolo del vino di qualità. Tuttavia, esistono vini eccellenti imbottigliati con tappo a vite. Personalmente, al momento immaginerei il tappo a vite per i vini da consumo quotidiano indipendentemente dal loro colore. In ogni caso, siamo aperti al cambiamento e pronti ad ascoltare ciò che i clienti ci chiederanno.
Per qualcuno il futuro del vino comincia dall’etichetta, passando per la comunicazione, la fidelizzazione e l’economia circolare (come la sostenibilità). Quanto sono importanti la divulgazione e l’uso dei social-media per il vostro lavoro? Il digital – marketing è una nuova risorsa per il mercato o un costo aziendale in più? Qual è il futuro del vostro vino?
La divulgazione e i social- media sono strumenti fondamentali per il nostro lavoro, come per altri, e sono sicuramente una risorsa, anche se quando si è agli inizi si è molto attenti ai costi aziendali. In futuro contiamo di avvalerci di questo mezzo per aumentare le vendite. Riteniamo sia importantissimo far crescere l’identità del nostro vino anche attraverso una comunicazione efficace.
Marketing influencer: come rendere il vino attraente per i giovani? Il settore vinicolo dovrebbe usare un linguaggio contemporaneo, collegando il vino a musica, moda e quotidianità, o concentrarsi sui dettagli tecnici che interessano solo gli esperti? Qual è la strategia giusta?
A mio parere, per avvicinare i giovani al mondo del vino è fondamentale utilizzare un linguaggio più accessibile, collegando il vino a musica e buon cibo. I dettagli più tecnici sono sicuramente importantissimi, ma riservati a contesti specifici, come degustazioni guidate rivolte a un pubblico già appassionato. La strategia giusta, quindi, è quella di adattare il linguaggio al pubblico, creando contenuti coinvolgenti che parlino ai giovani anche attraverso le moderne forme di comunicazione.
L’aumento della domanda di vini low-alcohol o dealcolati sta cambiando il panorama del settore enologico? Potrebbe offrire nuove opportunità al mercato italiano del vino? Come mai i ristoranti stellati sono ancora restii ad includere questa tipologia di prodotto nelle loro carte dei vini?
Secondo il mio modesto parere, con i vini dealcolati, non si riuscirà a cambiare panorama al settore enologico, ma piuttosto coesisteranno accanto ai vini tradizionali, come sta accadendo al mercato della birra. Queste tipologie di prodotto possono rappresentare nuove opportunità di mercato, soprattutto per raggiungere una clientela più attenta a salute e benessere. Penso che i ristoranti stellati non siano ancora pronti a questo cambio di rotta, ma dovranno adeguarsi per accontentare quella fascia di clienti sensibile alla tematica.
Non tutti sanno che….
È importante salvaguardare il mondo del vino, perché in questo modo si salvaguardano paesaggi eroici incantevoli, si evitano spopolamenti di aree vocate alla viticoltura, si motivano le generazioni future a non abbandonare la terra e a gestire con sapienza e passione un territorio.
