Tintilia di Molise. Storia di nuovi “risorgimenti”

1 Cipressi

Una delle più difficili cose a trattare in questa mia fatica, era al certo la sinonimia, che principalmente tendeva a mettere in relazione le uve Etnee con quelle di Napoli e dell’alta Italia. Onde, sin dal momento ch’io mi accinsi al mio lavoro, conobbi la necessità di un viaggio, almeno sino a Napoli; poiché non erami ignoto che colà nell’orto botanico se ne trovasse una buona collezione distinta con nomi e vocaboli italiani. (…) Non ostante il mio studio però e la mia diligenza, devo ingenuamente confessare di non aver superato del tutto le difficoltà; chè, la diversità del clima e del terreno, il vario metodo, onde le viti si educano e crescono, scoraggiano i migliori nel giudicare e decidere e nel ravvicinare i caratteri delle varietà.”

È forse in queste poche righe, scritte dall’abate Geremia nel 1839 nella lontana Sicilia, che si condensa la storia di un processo, di un impegno, di una riflessione sulle criticità della ricerca in campo vitivinicolo che hanno accomunato negli anni gli sforzi di coloro che si sono cimentati nello studio di uno dei vitigni più preziosi e nobili che il Molise abbia mai conosciuto: la Tintilia di Molise.

La Tintilia, realtà vitivinicola molisana.

L’allevamento del vitigno Tintiglia, il più diffuso nelle aree interne del Molise nel XIX secolo, fu quasi completamente abbandonato nel secolo scorso, complice lo spopolamento delle aree rurali interne, quando la viticoltura regionale si concentrò prevalentemente nell’area costiera privilegiando altre varietà, più adatte alla coltivazione estensiva di bassa collina e più redditizie.

Per anni assimilata al Bovale Grande e al Bovale Sardo, è solo con alcuni studi (anche genetici) della fine anni ’90 che la Tintilia trova un suo spazio come vitigno autoctono, non assimilabile a nessun altro. E da quegli anni, anche a seguito di quegli studi, alcuni viticoltori hanno ricominciato ad allevare questo vitigno nobile e a commercializzarne il vino.

Nei primi anni 2000 l’interesse intorno alla Tintilia, dovuto al successo nazionale e internazionale ottenuto dalle bottiglie dei viticoltori più scrupolosi, spinge l’agronomo Michele Tanno a curare una monografia sul tema nella quale ne svela le vere origini: Due anni fa, finalmente, siamo riusciti a ritrovare un manoscritto in cui è riportata la prima menzione della vite Tintiglia con il suo nome originario. Tale citazione è contenuta in una Memoria del 1810 compilata di propria mano dall’agronomo di Civitacampomarano Raffaele Pepe, fratello maggiore del patriota risorgimentale Gabriele. [] Per arricchire e migliorare l’assortimento varietale il nostro agronomo richiese al consigliere di Stato di Napoli, Melchiorre Delfico, una lista di piante comprendente, non solo le specie da frutto, forestali e ornamentali, ma le viti mancanti nella nuova Provincia di Molise []. Tra le tante specie e varietà di piante più adatte al nostro ambiente, Pepe, sulla base delle osservazioni fatte durante i suoi viaggi in Spagna e in Francia, chiese di avere delle “marze forastiere” della vite Le Tenturier d’Espagne = la Tintiglia”.

A questo punto il “mistero” sull’origine della Tintilia sembrava risolto, almeno fino a pochi mesi fa quando il dott. Sebastiano Di Maria, ispirato da nuovi indizi, in primo luogo l’omonimia o la “sinonimia” come la definisce l’abate Geremia, ha deciso di indagare alcuni aspetti poco chiari legati all’origine di questo vitigno.

2 Michele Tanno

I risultati della nuova ricerca storica

Dallo studio delle fonti emerge un quadro molto più variegato e ricco di quello prospettato dal dott. Tanno. Se da un lato appare inconfutabile il riferimento di Raffaele Pepe ad un vitigno Tintiglia, dall’altro lato la sua corrispondenza con il Tenturier d’Espagne pone diversi dubbi.

Come dimostrato nel suo contributo dal dott. Di Maria, non è ben chiaro quale sia effettivamente il vitigno indicato da Pepe e già l’abate Geremia, nella sua esplorazione del reale Orto Botanico di Napoli citata all’inizio di questo contributo, aveva potuto osservare due diverse tipologie di “Tentiglia”: Tentiglia di Spagna, uva piccola. Tentiglia, uva piccola del pari, dà vino eccellente”.

Secondo le fonti raccolte dal dott. Di Maria, il Tenturier d’Espagne avrebbe dato un vino di qualità scadente ma l’uva aveva importanti proprietà tintorie che la rendevano ugualmente appetibile per il mercato. Si tratta forse di quell’uva chiamata Tentiglia di Spagnadall’abate Geremia?

E cosa dire dell’altro vitigno, quello che, accomunato dalle dimensioni del frutto, dà vino eccellente?

È forse questa la Tintiglia ricevuta da Raffaele Pepe la cui sperimentazione comincio a partire dal 1812 nell’Orto Agrario di Campobasso? Il vitigno si adattò molto velocemente e il censimento del Ministero dell’Agricoltura del 1884 testimonia che la Tintilia era il vitigno più diffuso in Molise, specialmente nelle zone interne.

Le analisi genetiche condotte negli ultimi anni hanno dimostrato che tutti i cloni campionati di Tintilia hanno un unico progenitore ma il patrimonio genetico analizzato sembra diverso da quello degli altri vitigni italiani e esteri con cui è stato confrontato.

La sua diversità genetica, dovuta al perfetto adattamento al territorio molisano in oltre 200 anni di vita, secondo le ipotesi più recenti del dott. Di Maria, non allontana l’ipotesi che la Tintilia del Molise derivi dall’andalusa Tintilla de Rota, vino rosso pregiato dai sentori ricchi e aromatici, proprio come quelli del vino molisano.

3

Se questa storia, così complessa e affascinante, ci regala molte ipotesi e poche certezze, la soluzione di questo “mistero” potrebbe essere quella elaborata dall’abate Geremia già nel 1839:

Ei converrebbe fare un passo di più, approssimando i legnaggi delle differenti provincie e dei diversi regni, nel suolo stesso piantarli e nella stessa epoca, e di anni e di caratteri eguali; ed allora solamente potrassi decidere sulla loro omogeneità”.

È solo con la sperimentazione e lo sviluppo di nuovi studi del settore, dunque, che potremo capire meglio il percorso di crescita in territorio molisano di questo vitigno così peculiare che sta offrendo al mondo vitivinicolo regionale tantissime soddisfazioni.

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