Vigne vecchie e buon vino

Vigne vecchie e buon vino

Vigne vecchie e buon vino

Le vigne vecchie raccontano storie di resistenza e tradizione, e domenica scorsa, durante Terra Madre Salone del Gusto 2024 a Torino, si è svolta una masterclass dedicata proprio a questi tesori del mondo vitivinicolo.

Intitolata “Vigna vecchia fa buon vino”, la degustazione, organizzata da Slow Wine, ha permesso di esplorare le potenzialità di vini provenienti da vigne centenarie, ovvero vigneti che resistono da oltre un secolo.

Durante l’incontro, condotto da Jonathan Gebser, enologo piemontese, e Alberto Farinasso di Velier, è stata approfondita la storia delle vigne a piede franco, ossia quelle piantate prima dell’arrivo della fillossera, un insetto devastante che, a partire dalla metà dell’Ottocento, causò la distruzione di gran parte dei vigneti europei.

Solo alcune zone, con terreni sabbiosi o altitudini superiori ai 1.000 metri, riuscirono a resistere all’invasione, preservando piante storiche che oggi ci regalano vini unici.

Le vigne centenarie presentano una resilienza naturale che le rende particolarmente adatte ad affrontare i cambiamenti climatici.

Con radici profonde, queste piante sono in grado di adattarsi meglio al terroir, assorbendo da sole i nutrienti e riducendo la necessità di interventi artificiali, come l’irrigazione.

Queste caratteristiche consentono una produzione di uva di altissima qualità, sebbene in quantità ridotte, un fattore che ha portato a una diminuzione delle vigne vecchie nel tempo.

Nonostante la loro bassa resa e la difficoltà nella gestione, le vigne vecchie producono vini che offrono una complessità aromatica ineguagliabile. Proprio per questo, sono considerate delle chicche enologiche, apprezzate dagli intenditori e presenti in piccole quantità sul mercato.

Durante la masterclass sono stati degustati sei vini provenienti da diverse parti del mondo, tutti prodotti da vigne a piede franco. Ogni vino ha raccontato una storia unica, legata al territorio e alla cura con cui le vigne sono state preservate.

  1. Chenin blanc vingt neuf ‘21 – Domaine Bertin Delotte (Francia)
    Un vino di vigne piantate nel 1929, caratterizzato da sapidità, mineralità e un’acidità che gli dona freschezza. Affinato in legno esausto per 14 mesi.

  2. Cannàca ‘22 – Schirru (Sardegna, Italia)
    Prodotto da vigne del 1906, in un micro Cru di Monica, uno dei vitigni autoctoni più antichi. Lavorato con una particolare potatura a sperone che ne prolunga la vita.

  3. Negra criolla San Roque ‘21 – Jardin Oculto (Bolivia)
    Vigne a 2.300 metri di altitudine, con piante di 200-250 anni. Il vitigno Negra Criolla subisce una macerazione di 10 giorni, donando al vino un’intensa colorazione.

  4. È iss ‘19 – Tenuta Tramonti (Costiera Amalfitana, Italia)
    Prodotto da vigne di 150-300 anni con il vitigno autoctono Tintore, vinificato in legno grande per ammorbidirne il carattere ruvido.

  5. Nibio vigna pinolo ‘11 – Cascina degli Ulivi (Piemonte, Italia)
    Da una vigna centenaria di Dolcetto (Nibiô), questo vino duro da giovane utilizza la tecnica del cappello sommerso durante la macerazione.

  6. De sol a sol velasco 2017 – Esencia Rural (Spagna)
    Da vigne tra i 120-150 anni, questo vino omaggia i contadini della Mancha, coltivato ad alberello con il vitigno Tinto Velasco.

Le vigne vecchie rappresentano un patrimonio prezioso, ma anche una sfida per i viticoltori.

Le rese ridotte e le tecniche di lavorazione più impegnative e costose rendono la produzione di questi vini poco remunerativa, limitandone la diffusione.

Tuttavia, la qualità superiore e la storia che questi vini raccontano continuano ad attrarre appassionati e collezionisti, rendendoli prodotti di nicchia molto ricercati.

La degustazione al Salone del Gusto 2024 ha messo in luce l’importanza di preservare le vigne vecchie e la tradizione vitivinicola che rappresentano.

Nonostante le difficoltà, il fascino e il valore enologico di questi vini sono inestimabili, rendendo ogni bottiglia un vero e proprio tesoro da scoprire e assaporare.

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