Vis à vis con Antonio Paolino
- anna cali
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Vis à vis con Antonio Paolino
Antonio Paolino, originario di Angri in Campania, è uno chef che porta con sé tutta la ricchezza della sua terra: tradizione culinaria, passione e creatività. Non è solo un maestro ai fornelli, ma anche un volto noto della televisione grazie alle sue partecipazioni a programmi come È sempre mezzogiorno, Casa Alice, Attenti al Cuoco e Sereno Variabile.
Ma c’è un’altra arte che Antonio coltiva con passione: il canto.
Per lui, cucina e musica sono due espressioni complementari della creatività e della gioia di vivere.
Che stia preparando un piatto o semplicemente rilassandosi, Antonio ama accompagnare i suoi gesti con melodie, trasformando ogni ricetta in una sinfonia di sapori e suoni.
La sua cucina non è solo un piacere per il palato, ma un’esperienza multisensoriale dove ogni nota musicale si mescola con i profumi e i sapori dei suoi piatti, creando un’atmosfera unica di convivialità e passione.
Ciao Antonio, ti puoi presentare al pubblico dei lettori DTEG e raccontare chi sei?
“Sono Antonio Paolino, non più giovanissimo, ormai quarantenne, cuoco campano. Chiaramente, cuoco soprattutto per vocazione. Ho cominciato alla tenerissima età di 5-6 anni: mi raccontano — e ho anch’io dei ricordi — che ero già alle prese con padelle in cucina, intento a spadellare. Poi, crescendo, mi sono ulteriormente appassionato. Prima alla pasticceria, perché sono sempre stato ingordo di dolci, e successivamente alla cucina in generale.”
Qual è stata l’esperienza più formativa della sua carriera?
“Sicuramente l’insegnamento all’Etoile, un’accademia di prestigio situata a Tuscania, in provincia di Viterbo. Vi ho lavorato per ben otto anni, facendo una formazione straordinaria. Ho avuto la fortuna di insegnare a ragazzi, più o meno giovani, la cucina, trasmettendo loro l’amore e l’impegno quotidiano che il mestiere del cuoco richiede.”
Com’è il rapporto con gli studenti e come sono cambiati i giovani rispetto a quelli del passato?
“Il rapporto con gli studenti è sempre un po’ particolare e inizialmente difficoltoso, soprattutto oggi. Spesso mi ritrovo con ragazzi confusi, che non sanno bene cosa vogliono e vorrebbero risultati immediati. Il lavoro del cuoco richiede invece altri meccanismi, che sono fondamentali.”
Nella tua carriera c’è mai stato un momento in cui hai pensato di abbandonarla?
“Sì. Ho sempre considerato il lavoro una fonte primaria di entusiasmo nella mia vita. Tuttavia, tre o quattro anni fa, a causa del Covid, ho subito un crollo emotivo e una certa stanchezza fisica e mentale. Se non fosse stato per il mio ex capo, Boscolo, avrei sicuramente abbandonato. Mi ha aiutato molto e gli sono grato. Inoltre, vedere persone che, grazie a scorciatoie o senza particolari meriti, arrivano dove io desideravo arrivare da anni, è stato frustrante. Ti chiedi se abbia senso costruire un curriculum di quattro pagine. Ma poi rinsavisci, razionalizzi e capisci che ciò che conta è il tuo percorso e la tua identità. Ho sempre cercato di trasmettere questo valore ai miei studenti. Quando attraversi un periodo buio, serve tempo per uscirne.”
In passato hai scritto anche Cibo ed erotismo, l’esperienza sensoriale seduttiva. Ti piacerebbe prendere parte a qualche altro progetto editoriale con qualche altro scrittore?
“Sì, mi piacerebbe scrivere un libro tutto mio. È un sogno che coltivo sin da bambino. Amo anche le collaborazioni, che trovo stimolanti e utili per crescere. Tuttavia, il mio desiderio principale è scrivere un libro che esplori temi come scienza, tecnologia e biologia.”
Qual è il piatto della cucina napoletana che non deve mai mancare sulla tua tavola?
“Il ragù napoletano. Secondo me, è un vero patrimonio dell’umanità. Adoro il pomodoro e il ragù. Nessun piatto napoletano toglie valore agli altri, ma se devo sceglierne uno, direi proprio il ragù.”
Siamo in una società in cui ormai l’intelligenza artificiale sta dilagando sempre più. Pensi possa essere d’aiuto in cucina?
“No. Capisco le innovazioni e i loro vantaggi, ma per me il valore umano è insostituibile. Siamo uomini con caratteristiche e valori che ci definiscono. Affidarsi all’intelligenza artificiale è freddo e finto. È triste pensare che tutto possa dipendere da un sistema non umano.”
Com’è articolata la tua giornata lavorativa?
“Essendo un libero professionista, lavoro molto sugli eventi, che si concentrano soprattutto nel semestre estivo. Di solito, la mia giornata inizia con la stesura di una ricetta o una lista della spesa. Spesso vado personalmente a fare la spesa, cercando il miglior prezzo. Poi mi reco dal cliente e organizzo l’evento. Mi occupo di consulenza, show cooking, eventi aziendali, cene a domicilio e formazione. In base all’impegno, organizzo la giornata, che è sempre piena, lasciando poco spazio alla vita privata.”
Qual è il piatto che rappresenta meglio la tua filosofia culinaria e perché?
“Anche se può sembrare banale, lo spaghetto al pomodoro. È un piatto apparentemente semplice, ma in realtà molto difficile. Richiede tecnica e una scelta accurata degli ingredienti. Oggi è raro trovare un buon spaghetto al pomodoro nei ristoranti perché spesso si sottovaluta la sua complessità.”
Se tu non fossi diventato chef, quale professione avresti voluto fare?
“So che penserai al cantante — visto che a È sempre mezzogiorno mi esibisco spesso (ride, ndr) — ma il canto è solo una passione. In realtà, non ho mai pensato di fare il cantante perché ero molto timido. Con razionalità, direi che avrei voluto fare il medico, specializzato in chirurgia.”
Che progetti futuri hai e quali nuove creazioni vorresti fare per l’anno 2025?
“Non ho idee chiare, ma voglio continuare con passione e dedizione. Oltre al sogno di scrivere un libro, mi piacerebbe sviluppare progetti di show cooking negli store. Mi piace il contatto con le persone e lavorare con aziende campane, focalizzandomi sulla mia terra.”
Qual è la ricetta del cuore e perché?
“Amo i dolci, anche se lavoro come cuoco. La millefoglie e la frolla sono i miei preferiti, li metto sullo stesso livello. Per quanto riguarda i piatti salati, direi uno spaghetto con scampi, tarallo e pomodoro giallo. I dolci restano però il mio grande amore: mi fanno sentire come un bambino davanti a una vetrina.”
Anna Calì, classe ’96. Nelle sue vene scorre la lava del Vesuvio e la passione che contraddistingue il popolo napoletano.
Giornalista di professione e con la passione dei libri sin da piccola. Adora annusarli e, quando va nelle librerie, si perde tra gli scaffali ad osservare le copertine.
Grazie a questa passione è riuscita a mettere in campo due sogni nel cassetto: il primo, recensisce i libri che legge, esperienza che fa bene sia al corpo che alla mente. La seconda: è diventata anche scrittrice e ha pubblicato già due romanzi.