Al Gambrinus la storica verticale del Taurasi DOCG di Luigi Tecce. Nell'occhio di Poliphemo.

“Natural Resistance”. Per qualcuno potrebbe già essere un cult. L’ultimo film di Jonathan Nossiter, presentato dieci anni dopo il controverso “Mondovino”.
Perché Nossiter? Perché ci racconta della nuova Italia del vino, perché ci racconta delle anomalie e delle contraddizioni dell’attuale sistema dei disciplinari, perché ci racconta di un modello di fare vino che promuove e favorisce la standardizzazione. Perché ci racconta dei nuovi viticultori. Come lo stesso Nossiter li definisce, sono pacifist rebels, donne e uomini che operano una resistenza morale e pratica verso un sistema che non funziona più, proponendo nuove strade, ripensando il mondo del vino. Sono produttori sparsi in tutta la penisola, da Stefano Bellotti in Piemonte a Giovanna Tiezzi in Toscana ad Arianna Occhipinti nella meravigliosa provincia di Ragusa in Sicilia.
E così arriviamo a Luigi Tecce, Partenopoli, provincia di Avellino, cuore dell’area del Taurasi, in pieno disciplinare DOCG.
Luigi Tecce rientrerebbe a pieno titolo tra i protagonisti del documentario di Nossiter, perché di Luigi si è spesso detto essere contro un sistema, anarchico nell’animo. Ma come lui stesso sottolinea, “io sono contro perché ho avuto buon senso, difficile capire contro chi si è, contro nessuno”. Il suo merito è stato quello di perseverare lungo una strada antica, già tracciata, e non cedere alle tentazioni di un nuovo sistema che negli anni novanta ha preteso che tutto cambiasse, sulla scia delle invenzioni dei Mondavi e dei Parker.
Luigi Tecce: “Il consumatore finale ha sempre più importanza, mentre la stampa, pur importante, si è ridimensionata rispetto a dieci anni fa, Parker era un Vangelo. Quando assegnava 95/100 si inchinava il mondo, ero io che non capivo, ero io che non ero in grado di apprezzare quel prodotto, ma quello era buono, inevitabilmente buono. Ora non basta più”.

Credo che Luigi applichi davvero a fondo il concetto di “Natural Resistance” descritto da Nossiter. Chi più di lui combatte la battaglia che porta l’uomo al centro del vigneto, che vede il vignaiolo direttore d’orchestra o, secondo la definizione di Luigi stesso, ballerino che deve saper andare a tempo con i ritmi e le armonie della natura, elemento atto ad assecondarla, non stravolgerla?
Luigi cerca di trasmetterci che tutto viene dalla vigna, che il fulcro è in quel terreno, che la crescita di una vigna sana, capace di nutrirsi correttamente e di proteggersi dalle malattie perchè sana e robusta è l’elemento essenziale perché si possa ottenere dei grandi vini. E’ estrema attenzione alle condizioni meteorologiche, perché il rapporto tra sole e pioggia durante la maturazione dell’uva è fondamentale per capire come trattare in seguito quella annata.
Nessun metodo cristallizzato “Non ho protocolli di vinificazione, lo interpreto sempre in maniera differente, ogni anno una metodica nuova, cerco di assecondare le cose, di dimenticare cosa è stato fatto precedentemente per non avere condizionamenti.”
Fermentazioni spontanee in tini di castagno di novanta anni. Nessun lievito chimico o selezionato. Follature manuali. Affinamenti in Botti, Tonneau o Barriques, secondo la sensibilità di Luigi, secondo il grado di maturazione dell’uva.
Luigi vendemmia dal 2005. Nessuna annata uguale alla precedenti.

Caffè Gambrinus, caffè storico Napoletano, cornice atipica per una personalità come quella di Luigi Tecce. Serata promossa dalla Associazione Culturale “Le Stanze della Cultura”, serata voluta e splendidamente tenuta da Romina Sodano, presidente dell’associazione, con la collaborazione tecnica di Pasquale Brillante.
Verticale storica del Taurasi di Luigi Tecce: Poliphemo, Taurasi DOCG. Annate 2005-2010.
Luigi ci guida attraverso le diverse annate con un viaggio nel tempo, ricordando i particolari di ogni singola annata, le condizioni meteo, le condizioni di maturazione dell’uva, le difficoltà di vendemmia, le tecniche in cantina. Una verticale atipica, un viaggio culturale nel territorio.

Se ci fosse stato Nossiter, un brano del suo nuovo film.

Alcune note degustative.
Ciò che colpisce del Poliphemo sono i tannini decisi ma sempre maturi, la sapidità dovuta ai terreni calcarei, ma soprattutto la sua spiccata acidità, sicuramente dovuta alle condizioni orografiche del territorio delle vigne (quota, escursione termica, maturazione lenta). Vini nati per durare nel tempo, esprimeranno tutta la loro bellezza negli anni a venire. Ogni annata è una storia a se.
2005, annata difficile con vendemmie selettive, sentori di frutta rossa e ottime note balsamiche. 2006, la potenza. Vino di enormi prospettive, acidità dominate, tannini e tanta lunghezza. Il balsamico e i sapori autunnali lo rendono un vino austero. 2007, estate asciutta, pioggia a Settembre neve ad Ottobre. I sentori di frutta matura lo rendono piacevole, i tannini e l’acidità spiccata lo predispongono ad una lunga giovinezza. 2008, ottimo equilibrio termico e quindi vegetativo, comparato ai precedenti diventa etereo, vino più sottile e rotondo. 2009, ancora un’annata difficile, vendemmia lunga. Nuovamente note cupe, materiali, tannini forti ed ancora una spiccata acidità. 2010, buon andamento climatico, ottima estate, freddo e pioggia in autunno. Ancora un vino etereo, definito “celeste” da Tecce. Profumi agrumati, tannini già dolci, potrà esprimersi al meglio negli anni a venire.

Grazie a Romina Sodano per l’accredito.

di Massimo Amoroso
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