Che il meridione d’Italia sia luogo dove la contaminazione araba sia stata determinante è cosa leggibile un poco ovunque.
Da questo felice incrocio di popoli è nata anche una grande gastronomia e come abbiamo più volte visto sul nostro sito una grande pasticceria. Fulcro di tale fortunata contaminazione e sintesi è stata la Sicilia che sino all’anno 1000 circa è stata un Califfato.
Da qui poi molti dolci hanno viaggiato lungo il nostro paese risalendo la penisola attraverso la Calabria, la Puglia e la Campania e via via sino a diluirmi poi verso nord in cotaminazioni più francesi o asburgiche.
Uno dei dolci che a mio avviso ha fatto influenzato molto la pasticceria del sud Italia è stato il Nacatolo (o al plurale Nacatoli) che è poco noto a molti ma che per sua composizione è forse pietra angolare della pasticceria da riposto siciliana.
Il suo nome deriva dall’arabo Nagal che significa alla lettera noce.
Fa parte di quei dolci che sono basati su una pasta frolla ripiena. Originariamente nei paesi del Magreb (nord Africa) questi dolci erano ripieni di pasta di mandorla aromatizzata all’arancia.
È il caso dei marocchini “Corna di gazzella” (Kaab al Ghazal) che sono dei piccoli corni di pasta frolla, di lunghezza variabile tra i 6 e i 10 centimetri, spolverati di zucchero a velo.
La mandorla, della quale parleremo prossimamente, ha giocato un ruolo determinante nella pasticceria “secca” del sud Italia. Importata dagli arabi ha trovato da noi terreno fertile per la sua coltivazione.
Le corna di gazzella sono in qualche modo la madre anche di dolci come il pasticciotto se si passa attraverso la Varchiglia cosentina (della quale parlammo QUI ) arrivate però attraverso la Spagna che era stata anch’essa “mora”.
Ma torniamo ai nostri Nacatoli.
Riconosciuti come Prodotto agroalimentare tradizionale italiano i nagatoli siciliani (il distinguo geografico lo capiremo tra poco) sono dei biscotti di frolla ripieni di una farci avariabile che va dalla pasta di mandorle al fichi secchi, uva passa, miele o mosto cotto, noci o mandorle, scorza d’arancia o limone.
Talvolta, a seconda delle zone possono essere ricoperti anche da una glassa di zucchero. Dipende dalle aree di produzione che sono tradizionalmente Provincia di Agrigento, Provincia di Caltanissetta, Provincia di Ragusa e Provincia di Siracusa, ma varianti locali si trovano anche ad Enna e Trapani.
La conformazione va dalla forma di goccia a quella di biscotto tondo, passando attraverso stella, fiocco, nodo, ecc. Tradizionalmente erano dei dolci “ricamati” ossia con tanti taglietti ricavati ad arte che finivano con il dare una volta cotti la sensazione di una cesellatura della pasta frolla (un po come accade per i pani pintau sardi o per le tecniche di decoro sempre dell’isola dei Nuraghi alla quali abbiamo accennato nella nostra intervista ad Anna Gardu QUI).
Tra i nacatoli siciliani grande considerazione e cura estetica hanno quelli eoliani e più segnatamentequelli dell’Isola di Lipari, dove le due forme convivono essendo di maggior importanza la grande cura per il decoro che gli viene impresso. Spesso la frolla è aromatizzata con vino Malvasia.
La loro destinazione alle festività dei morti e del Natale (oggi persa) ci convince ancor di più dello stretto legame con le corna di gazzella marocchine le quali sono destinate solo per ricorrenze e feste particolari.
Risalendo lo stivale nella Locride reperiamo i Nucatoli che invece non sono dei pasticcini ripieni ma una sorta di via di mezzo tra frittelle e brioche.
Qui in passato i nucatoli venivano preparati per Natale o per Carnevale ma oggi li si trova spesso in gran parte dell’anno.
In origine erano accompagnati a vino liquoroso o aromatico e qui ci sovviene in mente il Moscato di Saracena del quale parleremo prossimamente.
Anche per i nucatoli calabresi (che esistono anche in versione salata) il lavoro di manualità spesso ritorna essendovene di tradizionali che vengono intrecciati attorno ad un legno e fritti (qualcuno comincia anche a farli al forno ma non merita alcun rispetto al pari di chi fa la zeppola di San Giuseppe al forno!!!).
Una volta fritti, come avviene per i cannoli siciliani (le scorze) si rimuove il bastone e si ottengono i nucatoli.
La loro origine, benchè siano profondamente differenti da quelli siciliani è identica. La manifattura resta però in maniera ancora oscura del tutto diversa.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.