Terra Mia: Agricole Pietraventosa
- Antonia Maria Papagno
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Da sempre l’uomo e il vino hanno avuto storie parallele ma negli ultimi anni fare il vignaiolo è divenuto un mestiere d’arte.
La nuova consapevolezza del rispetto per la natura e la tutela dell’ambiente impongono al produttore obblighi etici e morali. Oggi più che mai rispettare il ciclo di un ecosistema vitale tra vigna, uomo e territorio significa fare vino secondo natura ed essere custodi di un territorio. Fare vino è un lavoro di passione, sacrificio e attesa.
Ecco alcuni esempi di produttori di sogni e di vino che abitano i luoghi a me più cari.
Agricole Pietraventosa, fondata nel 2005, è un’azienda vinicola situata nella regione della Doc Gioia del Colle Primitivo. Si distingue per la forte connessione con il territorio, producendo vini con le proprie uve e seguendo rigorosi standard biologici (è certificata Bio sin dalla fondazione). Tutta la produzione di Pietraventosa esprime forte personalità e carattere in sintonia con l’aspro territorio murgiano caratterizzato da terra e roccia. Qui i vigneti impiantati hanno rese per ettaro naturalmente basse, mineralità e buona acidità. L’azienda è associata alla FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) e aderisce scrupolosamente ai suoi principi fondamentali.
Viticoltori si nasce o si diventa?
Per prima cosa amiamo identificarci come vignaioli più che viticoltori. La differenza è sottile, ma il termine vignaiolo racchiude in sé l’artigianalità di produrre vino. Tornando al quesito, direi entrambe le cose. E’ una domanda semplice ma non scontata e che si presta a diverse interpretazioni. Si può nascere ed esserlo per semplice retaggio e non è detto che si abbia la stessa passione e forza di volontà di chi ha deciso di diventarlo. Noi ad esempio non nasciamo vignaioli ma lo siamo diventati e ancora oggi abbiamo l’entusiasmo di vent’anni fa, quando abbiamo iniziato. A volte è difficile, perché gli ostacoli sono tanti ma l’energia non si è ancora esaurita e andiamo avanti.
Secondo voi territorio e filosofia di produzione sono strettamente correlati?
Il territorio è l’elemento fondamentale nella produzione di vino. Le uve esprimono le loro caratteristiche in base alle condizioni pedoclimatiche del territorio di coltivazione. La nostra filosofia è quella di cercare di mantenere inalterate queste caratteristiche nel vino che produciamo.
La prima vendemmia non si scorda mai! La ricordate ancora? Qual è stato il vostro primo vino prodotto?
Era il 2005, praticamente quasi vent’anni fa. Avevamo fame d’iniziare, nonostante il nostro vigneto non fosse ancora pronto per la raccolta e non avevamo ancora la cantina. Abbiamo preso in fitto un vigneto ad alberello e vinificato presso terzi, producendo le prime bottiglie di Ossimoro, ancora oggi uno dei nostri vini più amati. Ci entusiasmava tantissimo l’idea di produrre un nostro vino che tante persone avrebbero potuto degustare e quindi non abbiamo voluto aspettare oltre!
Si coltiva in biologico e poi in cantina che succede? Come viene trattata l’uva accuratamente allevata?
Noi siamo certificati ICEA sia in vigna e sia in cantina. Abbiamo sempre cercato di condurre una produzione etica, rispettosa dell’uva e del vino a prescindere dalla certificazione.
Qual è l’etichetta aziendale che più vi rappresenta?
Non saprei, amiamo tutti i nostri vini. Ossimoro è stato il nostro primo vino, ma forse quello a cui oggi siamo più legati è Volere Volare, nato per caso grazie anche all’intuizione e la collaborazione con l’indimenticato Antonio Tomacelli, che più di tutti ci ha spinto a produrlo, creando l’etichetta insieme al figlio Lorenzo e scegliendone il nome.
Diamo i numeri: quanti ettari, quanti ettolitri, quante bottiglie prodotte ad oggi.
Oggi vantiamo un’estensione di circa 7.20 ha in totale di cui circa 1 ha ad alberello pugliese. Tra il 2019 e il 2020 abbiamo impiantato circa 2 ha di vigneto, le cui uve non sono ancora in produzione. Mediamente produciamo circa 27.000/30.000 bottiglie all’anno con l’intento di arrivare a circa 50.000 negli anni a venire. Purtroppo la vendemmia 2023 non è stata particolarmente felice, la peronospora ha causato grossi danni e probabilmente alcuni vini non saranno prodotti, saltando l’annata.
Qual è ad oggi il vostro traguardo più grande?
Il traguardo è sempre lontano, raggiungerlo significherebbe forse smettere di agire e per il momento non siamo stanchi.
Con quale varietà d’uva che non allevate vi piacerebbe misurarvi?
Senza nulla togliere al Primitivo, riteniamo l’Aglianico uno dei vitigni più esaltanti. Come già detto, però, le caratteristiche di una particolare uva si esprimono al meglio nel territorio naturalmente vocato. Dovremmo spostarci nel Vulture, per intenderci.
Che rapporto avete con gli altri produttori del vostro territorio? Esistono condivisioni e interessi comuni?
Il nostro territorio, seppur esteso, non vanta la presenza di grandi aziende. Siamo tutti medio-piccoli produttori e molti di noi appartengono alla Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. Grazie all’estensione territoriale, anche se il vitigno prevalentemente coltivato è il Primitivo, vantiamo diverse sue accezioni a seconda dell’altitudine e clima delle varie zone di riferimento. Non c’è una vera e propria concorrenza anzi, cerchiamo di valorizzare all’unisono le differenze che caratterizzano i nostri vini promuovendo essenzialmente il territorio e aiutandoci l’un l’altro se necessario.
Molte aziende di vino con vigne e cantina si sono organizzate per l’accoglienza e il soggiorno oltre che per visite, tour e assaggi. C’è differenza tra turismo ed enoturismo per voi? La scelta di raccontare tutto ciò che gira intorno al vino e al servizio offerto a scapito del prodotto è giusta?
Classificare l’enoturista o il turista mi sembra riduttivo, secondo me ci sono persone educate e rispettose del lavoro altrui e persone che lo sono meno. Ad esempio c’è chi vuol venire in giorni e orari improponibili, salvo poi non presentarsi, senza neanche avvisare. Forse perché in alcuni territori, vuoi per attirare gente vuoi per ragioni di concorrenza, la visita in cantina è diventato un accessorio a tante altre proposte, senza orari o prenotazioni, come se si fosse in un parco giochi, riducendo tutto ad una mera offerta commerciale. La cantina così non è più il luogo in cui si produce vino ma un contenitore di tanto altro. Probabilmente diversificare l’offerta può essere vantaggioso e remunerativo, noi però apparteniamo alla vecchia guardia, da noi coltivare la vigna e produrre vino prevalgono su qualsiasi altro interesse. E le persone che vogliono assaggiare i nostri vini e conoscere la nostra realtà sono sempre le benvenute (facciamo visite solo su prenotazione, dal lunedì al venerdì possibilmente di mattina).
Per qualcuno il futuro del vino comincia dall’etichetta, passando per la comunicazione, la fidelizzazione e l’economia circolare (come la sostenibilità). Quanto sono importanti la divulgazione e l’uso dei social-media per il vostro lavoro? Il digital marketing è una nuova risorsa per il mercato o un costo aziendale in più? Qual è il futuro del vostro vino?
Sicuramente l’etichetta è il biglietto da visita di un vino ma ciò che porta avanti un vino è la garanzia di riuscire a produrre un prodotto che vanta la stessa qualità nel corso del tempo. La fidelizzazione è essenzialmente questo. Noi ad esempio, se un’annata non rispecchia i nostri standard qualitativi, senza por tempo di mezzo la saltiamo. È una politica non facile e presuppone un aggravio di costi notevole, ma cerchiamo di offrire sempre un prodotto che non deluda le aspettative dei nostri sempre più numerosi estimatori. Il digital marketing può essere utile ma, secondo me, non per il vino. I social sono importanti, ma non fondamentali. Il vino non può essere ridotto ad una manciata di like, il vino rappresenta la tradizione del legame fisico tra più persone, è gioia, è condivisione, è un elemento che presuppone l’uso di tutti i sensi, non può essere condiviso in modo virtuale, tralasciando il reale appagamento che può scaturire da una bella scoperta in enoteca, al ristorante o in cantina. L’economia circolare e la sostenibilità sono concetti che abbiamo sempre applicato prima ancora che se ne iniziasse a parlare. Senza clamore, però.
Si diventa vecchi ma mai quanto una vigna che ci sopravvive. Dove vi trovo tra 20 anni?
Sempre in vigna, a combattere contro i cambiamenti climatici e la burocrazia, che appiattisce inesorabilmente la poesia che circonda il vino. Il clima sta cambiando, è inutile negarlo. La cadenza delle annate difficili si sta restringendo notevolmente. C’è preoccupazione, ma ce la faremo. Oltre a ciò, a livello burocratico, ultimamente le proposte di legge avanzate in ambito comunitario e gli innumerevoli adempimenti a carico delle cantine si stanno inasprendo notevolmente. Si tende a demonizzare il vino, sia a livello nutrizionale sia per il suo contenuto di alcool. Il vino, se consumato in modiche quantità e armonizzato in una dieta equilibrata, può sicuramente portare benefici. Campagne divulgative già nelle scuole, magari con l’intervento appassionato dei vignaioli, potrebbe portare le nuove generazioni ad un consumo più responsabile.
Non tutti sanno che…
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