Terra Mia: Vigne Mastrodomenico

Mastrodomenico

Da sempre l’uomo e il vino hanno avuto storie parallele ma negli ultimi anni fare il vignaiolo è divenuto un mestiere d’arte.

La nuova consapevolezza del rispetto per la natura e la tutela dell’ambiente impongono al produttore obblighi etici e morali. Oggi più che mai rispettare il ciclo di un ecosistema vitale tra vigna, uomo e territorio significa fare vino secondo natura ed essere custodi di un territorio. Fare vino è un lavoro di passione, sacrificio e attesa. 

Ecco alcuni esempi di produttori di sogni e di vino che abitano i luoghi a me più cari

 

I vigneti della cantina Mastrodomenico, posizionati su una collina alle pendici del Monte Vulture in Basilicata, producono uve di alta qualità grazie all’esposizione soleggiata e alla costante ventilazione. La zona, arricchita dal valore naturalistico e storico lungo la Via Appia Antica, riflette l’arte del vino radicata nelle tradizioni del Vulture. Quest’area conserva l’influenza dei popoli greci e coronei albanesi, protagonisti nella diffusione dell’Aglianico in Basilicata. In questa oasi poco urbanizzata, le uve della cantina Mastrodomenico vengono vendemmiate in ottobre e trasportate rapidamente in una cantina scavata nella roccia, offrendo un ambiente ideale per la maturazione e la conservazione del vino. Ogni vino, come Likos (Aglianico del Vulture DOC), Mòs (IGT Basilicata), Fonte del Ceraso (rosato), e Shekàr (aglianico surmature), racconta una storia identitaria profonda, legata alle tradizioni e alla storia della Lucania. Le Vigne Mastrodomenco aderiscono al piano Farm to Fork (sviluppo sostenibile) e al progetto F.I.V.I. (territorialità, artigianalità, autenticità).

 

 

Viticoltori si nasce o si diventa?

Nel mio caso sono diventata e per questo devo ringraziare la mia famiglia che da sempre mi ha dato la libertà di scegliere. Nella vigna percepisco il cambiamento del tempo, delle stagioni, della terra ed è questo che mi appassiona ogni giorno. La natura mi ha insegnato a cambiare prospettive e a mettermi sempre in gioco. Quindi viticoltori si diventa e si diventa ogni giorno!

 

Secondo voi territorio e filosofia di produzione sono strettamente correlati?

Sì o almeno dovrebbero esserlo sempre. Per quanto mi riguarda il miglior vero grande risultato è esprimere pienamente il luogo da cui il vino proviene. La vera grandezza di un vino è lavorare per sottrazione fino all’anima del territorio.

 

La prima vendemmia non si scorda mai! La ricordate ancora? Qual è stato il vostro primo vino prodotto?  

Quando ero ragazzina ricordo il mio papà Donato e le sue telefonate per organizzare le squadre degli operai agricoli. La memoria più bella è l’odore del mosto in cantina. Abbiamo iniziato a produrre il Likos: la sua prima vendemmia è stata nel 2005 perché in passato le nostre uve venivano conferite a cantine più grandi (dopo aver rinnovato una piccola grotta che adesso è la nostra cantina storica e con la voglia di fare il meglio possibile). Il nostro Likos conserva ancora il suo carattere fiero ed elegante che non si manifesta mai totalmente al primo sorso ma che si svela pian piano e sorprende sempre.

Si coltiva in biologico e poi in cantina che succede? Come viene trattata l’uva accuratamente allevata?

Il passaggio dal vigneto alla cantina è molto importante. Dalle uve appena raccolte e selezionate a mano nelle cassette con la pigia diraspatura inizia la prima fase di un processo di trasformazione che è lento e studiato nei minimi dettagli. Utilizziamo lieviti autoctoni che richiedono maggiore attenzione ma è difficile generalizzare in quanto ogni annata è differente. Sicuramente un passaggio molto importante, che influisce su tutto il processo è l’affinamento che viene concluso in grotta dove la temperatura è costante ed il tempo, come spesso dico, è lento.

 

Qual è l’etichetta aziendale che più vi rappresenta?

L’etichetta che io amo è il mio passito del Vulture Shekar. Sono solo poche bottiglie e non viene fatto tutti gli anni. Per ottenerlo occorre molta pazienza. Proviene da uve di Aglianico appassite in pianta e raccolte a novembre inoltrato poi fatte fermentare in botti. E’ un nettare prezioso non filtrato che sprigiona dolcezza e forza. La resa è sempre molto bassa ma in realtà rappresenta la sintesi perfetta tra la natura e l’uomo. Il nome evoca in ebraico il gesto di chi offre. Shekar è la mia offerta alla bellezza della mia terra.

 

Diamo i numeri: quanti ettari, quanti ettolitri, quante bottiglie prodotte ad oggi.

Abbiamo sempre avuto 7 ettari di vigneto tutti coltivati ad Aglianico del Vulture. Le bottiglie divise in quattro tipologie di vino (Likos, Mos, Fonte del Ceraso, Shekar) si aggirano intorno alle 20 mila bottiglie. Non sono una fan della costanza dei numeri in crescita ma voglio migliorare ogni anno sempre di più. Qualità più che quantità è il mio motto.

 

Qual è ad oggi il vostro traguardo più grande? 

Ve ne sono stati tanti soprattutto legati a premi internazionali a riconoscimenti e alle vendite oltre oceano ma il vero traguardo conquistato è quello di aver conservato la memoria delle mie radici attraverso un calice di vino che affidato alla gente può davvero diventare un messaggio importante di riscatto, coraggio e fierezza. Questo a distanza di anni credo di essere riuscita a farlo assieme a tutta la mia famiglia.

 

Con quale varietà d’uva che non allevate vi piacerebbe misurarvi?

Mi piacerebbe fare un poco di sperimentazione ma cercare cloni di varietà bianche autoctone del territorio come la Malvasia locale.

 

Che rapporto avete con gli altri produttori del vostro territorio? Esistono condivisioni e interessi comuni?

Sì e devono esistere. In realtà è la parola stessa: produttore vinicolo a far percepire quanto sia basilare avere una visione condivisa e l’interesse di avviare percorsi di valorizzazione del territorio. In questo penso che un ruolo importante dovrebbero averlo le istituzioni favorendo la creazione di progetti comuni che nulla tolgano alla individualità di ogni produttore.

 

Molte aziende di vino con vigne e cantina si sono organizzate per l’accoglienza e il soggiorno oltre che per visite, tour e assaggi. C’è differenza tra turismo ed enoturismo per voi? La scelta di raccontare tutto ciò che gira intorno al vino e al servizio offerto a scapito del prodotto è giusta?

Personalmente sono molto selettiva e non credo che raccontare ad ogni costo sia una scelta che premi alla lunga. Occorre individuare il target a cui ci si rivolge e il messaggio che ne consegue. In cantina si produce prima di tutto il vino mentre in vigna si lavora in modo certosino. Semplificando al massimo il discorso credo che ogni attività richieda specifiche competenze: il turismo è diverso dall’enoturismo e spesso vengono confusi. Oppure si ragiona per emulazione di regioni come Toscana o Piemonte ma in realtà non è così perché ogni territorio (esempio il mio Vulture) ha una vocazione enoturistica peculiare ed è su questa che bisogna lavorare.

 

Per qualcuno il futuro del vino comincia dall’etichetta, passando per la comunicazione, la fidelizzazione e l’economia circolare (come la sostenibilità). Quanto sono importanti la divulgazione e l’uso dei social-media per il vostro lavoro? Il digital marketing è una nuova risorsa per il mercato o un costo aziendale in più?  Qual è il futuro del vostro vino?

Questi sono temi a me molto cari perché credo fortemente in ognuno di loro. Ogni etichetta da me pensata rappresenta un messaggio rivolto al futuro. La circolarità l’ho inserita come segno distintivo in tutte le mie etichette. Circolarità come economia di scala ma anche come senso di appartenenza e di profonda interiorità. Fin dall’inizio, ho sfruttato i social media, considerandoli sempre di grande importanza. Oggi, il digital marketing è diventato una risorsa strategica, che non vedo come un costo, ma come un investimento necessario.

 

Si diventa vecchi ma mai quanto una vigna che ci sopravvive. Dove vi trovo tra 20 anni? 

Sicuramente (e lo dico con una punta di emozione) mi troverete sempre in una bottiglia di vino.

 

Non tutti sanno che…

Il 2023 sarà indelebile nella nostra memoria. Ad agosto, la nostra vigna è stata danneggiata da un incendio originato oltre i confini. Tuttavia, da questa tragedia è nata una volontà di rinascita che supera il danno subito. Con l’impegno della mia famiglia abbiamo avviato con successo una raccolta fondi su GoFundMe e attualmente stiamo diffondendo messaggi cruciali, come quello che sottolinea l’importanza di una regolamentazione adeguata e del controllo delle aree circostanti per la tutela delle vigne come componente paesaggistica. Preservare un vigneto implica la sua cura, richiedendo studio e precisione. La formazione degli operatori del settore è fondamentale, e la mancanza può generare disaffezione verso i lavori agricoli, spesso privi di adeguate tutele. È essenziale essere solidali, determinati e sentirsi parte di un movimento circolare positivo che contribuisce a raccogliere e produrre idee facilitando la creazione di soluzioni innovative e sostenibili per le sfide del futuro.

 

Mastrodomenico

 

 

https://www.vignemastrodomenico.com/

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