In Boemia e Moravia tra le ”farmacie dei sani”

Boemia

La Repubblica Ceca continua a sorprendere con la splendida rinascita delle sue regioni storiche Boemia e la Moravia e ogni volta che attraverso quella che una volta era “la cortina di ferro”, cioè le migliaia di carri armati e lanciamissili nei grandi boschi al confine con l’Austria penso ancora che cos’erano questi Paesi soltanto pochi decenni fa e per me è come se si fosse capovolto il mondo.

Anche quello del vino, che localmente sta migliorando di annata in annata. Ma non solo. Questo è il posto del mondo in cui si consuma più birra pro capite ed è un angoletto davvero interessante, per l’atmosfera che si respira in questi paesini di campagna senza palazzi ma con una ricchezza concreta e ruspante data dagli orti, dagli stabielli e dai pollai più che in tutti gli altri Paesi dell’Europa centrale e orientale.

Si avverte a fior di pelle la civiltà contadina d’altri tempi, molto casalinga se proprio vogliamo definirla in un modo corrispondente a ciò che è realmente, con un rapporto sempre diretto tra la campagna e la cucina perfino là dove ci si aspetterebbe qualche lusso in più, per esempio nei ristoranti più rinomati e costosi delle cittadine intorno ai castelli medioevali perfettamente conservati, ben ristrutturati e aperti al pubblico.

Che sia un altro mondo rispetto al nostro lo si capisce subito nel constatare che i limiti di velocità vengono rispettati con una maggiore autodisciplina che altrove.

È certamente frutto anche della severità con cui gli agenti di polizia scoraggiano sul serio ogni minimo sforamento proprio per difendere al massimo la massima tranquillità di chi abita lungo le strade e lavora secondo i ritmi lenti che la natura impone nelle campagne intorno. Ci vado spesso, in Moravia, perché ho sperimentato che in questi paesaggi bucolici si mangia bene, si beve meglio e costa anche poco, con piena soddisfazione per il viandante di quelle che chiamo… ”farmacie dei sani”.

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Se domandate a molti dei cuochi cechi com’è la loro cucina nazionale, spesso rispondono citando il buon soldato Švejk del romanzo di Jaroslav Hašek, che i lettori di tutto il mondo hanno riconosciuto come un eroe sovranazionale, il campione di un irriducibile pacifismo e di un sano antimilitarismo nonché un simbolo dell’inalienabilità dei diritti delle persone contro ogni tutela e usurpazione. “È pesante, stanchevole, ma com’è buona!”. Questo è forse il giudizio più breve e più azzeccato delle cucine boema, morava e slovacca, perché a prima vista la cucina dei nostri vicini meridionali sembra magari anche monotona, ma lo è soltanto in apparenza.

I Cechi sanno sorprendere con le loro pietanze.

Alcune hanno una tradizione che risale nei secoli, altre sono invece il risultato di una ispirazione evidente alle cucine tradizionali ungheresi, austriache e bavaresi che approfittano a man bassa di tutti i prodotti di derivazione casalinga.

È questo che spiega in larga misura l’abbondanza di piatti preparati con cereali, legumi, patate e carni locali nel menu di qualsiasi trattoria, orgogliosamente chiamata restaurace. L’insieme di questi semplici ingredienti dà dei piatti perfetti e creativi, soprattutto i knedliky, cioè i canederli, il miglior contorno a tutte le carni. Sono fatti essenzialmente in due modi: con la mollica di pane o con il purè di patate. Tutto il piacere di mangiarli consiste infatti nell’inzupparli per benino nel sugo molto denso che accompagna fettine di carne suina o bovina, involtini, salsicce, sanguinacci, capocollo in umido e sono addirittura perfetti con gli stinchi stufati nella birra.

Qui massaggiano lo stinco con pepe, peperoncino e un goccio d’olio, poi lo ricoprono con scaglie d’aglio e lo lasciano marinare per alcune ore in frigorifero, infine si versa almeno mezzo litro di birra in pentola a scaldare un po’. Quando arriva a bollore e comincia a sollevare la schiuma si aggiunge lo stinco, si copre e lo si lascia cuocere per almeno un’ora e mezza, finché non si stacca la carne dall’osso. Bisogna ricordarsi però di aggiungere abbastanza birra, quanto basta a coprire lo stinco almeno per tre quarti, comunque suggerirei di girarlo un paio di volte. L’abbinamento migliore con questo piatto è in ogni caso un boccale di birra fresca.

La carne bovina si serve spesso con sughi diversi, per esempio di pomodoro, di rafano, di funghi, di finocchietto o di aneto. A questi ultimi due si aggiunge spesso un bicchiere di vino. Oltre alla carne suina e bovina i Cechi mangiano molta carne di pollo, tacchino, anatra e oca servite spesso con canederli, crespelle allo strutto e cavoli lessati. La carne d’oca si trova abbastanza spesso in tavola. Una specialità quasi nazionale è ”husa se zelim”, cioè l’oca che dopo la cottura viene ancora soffritta con i crauti viola insaporiti di buon grasso d’oca.

Un piatto altrettanto popolare è anche l’ochetta

Si arrostisce insaporita, salata e innaffiata di Becherovka (un liquore potentemente digestivo), poi si soffrigge nel burro sciolto e infine si mette in forno a lungo con almeno mezzo litro di birra chiara, finché la carne diventa ben soffice.

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Nelle case si trovano spesso diversi tipi di gulash. E sebbene la gran parte degli avventori stranieri associa il gulash con la cucina ungherese, in tutte le regioni dell’Europa centrale e orientale considerano i vari gulash come una parte integrante del proprio patrimonio culinario. Li si prepara con carne suina o bovina o anche con cacciagione e li si serve accompagnati da grandi canederli ripieni di susine tagliate a fette, che assorbono un sugo denso preparato con l’aggiunta di lardo carnoso oppure di ciccioli.

Tra i gulash classici troviamo quello znojemski, il migliore fra quelli di filetto di manzo.

Prima di servirlo in tavola si aggiunge un bel bicchiere di vino rosso secco riscaldato appena appena, ma non a bollore. Il piatto è concentrato, denso e l’aggiunta abbondante di vino gli conferisce un gusto molto interessante. Il gulash di cacciagione si prepara allo stesso modo, ma qui sarà meglio aggiungere del vino bianco, due bei bicchieroni basteranno.

Se non è il liquore ceco più popolare, la Becherovka ricavata dalle erbe è senz’altro quello ceco più conosciuto al mondo e nel 2007 ha festeggiato ben due secoli di vita. Tutto è cominciato all’inizio del XIX secolo con l’allora famoso medico ceco Jan Becher, al quale il mondo deve la creazione della ricetta di questo liquore che in principio veniva usato come una medicina. Oggi, leggermente rinfrescato a una temperatura ottimale di 6°C, viene servito come aperitivo o come componente dei cocktails. La Becherovka viene sempre da Karlovy Vary, secondo quella ricetta che là è ancora diligentemente custodita.

La prima tappa della sua produzione è la composizione della miscela delle erbe da cui deriva, che viene dosata in sacchi immersi per una settimana in tini colmi di alcool, cui cedono l’aroma. L’alcool così aromatizzato si versa in botti di rovere, che influiscono sul caratteristico colore paglierino carico. Il liquore matura in botte per alcuni mesi e poi viene imbottigliato nelle caratteristiche bottiglie verdi, la cui la forma è praticamente invariata da oltre cento anni.

La Becherovka, grazie al suo gusto, è perfetta quando viene aggiunta a molti sughi e marinate.

Un altro ingrediente interessante usato nel preparare delle marinate per la carne suina è la slivovica ceca. In Boemia si produce già fin dal XIX secolo. La più famosa viene dalla distilleria Rudolf Jelinek. Dopo la prima distillazione si aggiunge ancora una piccola quantità di spirito e la si distilla per altre due volte. Grazie a questo non ha un gusto bruciante e pungente proprio per nulla.

Ma è difficile immaginare la cucina ceca senza un boccale pieno di birra fresca e spumeggiante, che è considerata universalmente come la bevanda nazionale. I Cechi sono i maggiori consumatori al mondo di birra. Senza birra non c’è convito, non c’è lavoro e non ci sono nemmeno le riunioni dei consigli aziendali al massimo livello.

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I Cechi hanno di che ben scegliere: birre chiare, scure, di puro malto, di miscele di cereali; in tutto hanno quasi 500 marche, tra cui le più popolari sono Pilsner Urquell, Budweiser, Kozel, Gambrinus, Staropramen, Radegast, Vratislav. Si può consumarle sia nei ristoranti più lussuosi sia nelle piccole trattorie locali. In queste ultime il boccale di birra si accompagna più frequentemente con un antipasto tipico costituito da un formaggio marinato o dal topielec (utopenec), una salsiccia marinata in vino, acqua, cipolla e sapori vari.

I Cechi sono i maggiori consumatori al mondo di birra.

Annualmente ne bevono in media 188 litri pro capite, battendo gli Austriaci (107), i Romeni (100) i Tedeschi (99) e i Polacchi (97). Il 90% dei Cechi e il 58% delle Ceche dichiara di bere birra. È difficile dire quanti tipi di birre si producono, perché già diverse birrerie locali producono ciascuna perlomeno una quindicina di qualità diverse di questa bevanda. Oltre alla più diffusa birra chiara, in Boemia si possono assaggiare delle vere rarità: le birre al caffè, alla prugna, alla vaniglia (ma anche in Sicilia ne ho trovata una al cedro, a Modica). In qualsiasi locale possiamo scegliere almeno tra alcuni generi diversi.

La birra, come il vino, accompagna un piatto con un po’ di alcool in abbinamento, che gli conferisce un gusto specifico, un aroma che rende più succulenta la carne e più morbidi sia la pasta sia il pane. Le birre ceche, famose per l’amarognolo del luppolo e per un netto, ma delicato, gusto dolce, se la cavano a perfezione in questo ruolo. Ne sono un esempio le loro costine al miele oppure quei sughi perfetti per gli arrosti e anche la carne suina marinata nella birra.

La Repubblica Ceca non è una potenza enologica.

A dire il vero i vini cechi non sono poi così popolari al mondo come le birre ceche, ma sono sempre più interessanti anche se forse sono popolari soltanto nell’Europa centro-orientale. E comunque i Cechi hanno di che vantarsi! Il cuore della loro enologia è la Moravia, dove le vigne occupano almeno 18.500 ettari (vale a dire oltre il 96% delle vigne ceche). Sono terre famose per la varietà dei vitigni. Sul 40% della superficie si trovano i vitigni rossi, mentre sul resto si trovano i vitigni bianchi.

In Moravia regna uno specifico microclima: d’estate domina l’aria molto calda e secca proveniente dai Balcani, invece con l’inverno il clima si fa più freddo e continentale. Ne consegue un periodo vegetativo della vite che necessita di qualche decina di giorni in più rispetto a quelli del bacino del Mare Mediterraneo. Grazie a questo, però, le uve degli stessi vitigni sono più aromatiche, vi rimane più acidità e gli zuccheri non si sviluppano troppo. Tutto questo influisce sul vino, che si caratterizza con un ventaglio di aromi sorprendente e interessante, con un bouquet ricco, dalla varietà degli estratti, dall’armoniosa e ricca composizione del gusto con una fresca acidità che frange contemporaneamente la sua dolcezza.

Una dote davvero inaspettata per i buongustai sono i vini cechi molto dolci che derivano da uve ghiacciate o passite.

Le uve degli ice wines si vendemmiano dopo le prime gelate invernali, mentre quelle dei passiti si fanno essiccare sulla paglia. La fermentazione degli ice wines dura perfino alcuni mesi, invece di una quindicina di giorni in media dei vini tranquilli, ma grazie a questo ottengono una straordinaria ricchezza di aromi. Vengono prodotti con la spremitura di uve che rimangono congelate sulla pianta a una temperatura di almeno -7°C e che di solito si vendemmiano di notte, perché il sole mattutino non possa scaldarle troppo. Durante la spremitura non riescono a scongelarsi, perciò una parte di acqua rimarrà nel mosto sotto forma di cristalli di ghiaccio. Gli ice wines sono densi, molto dolci, si servono principalmente con i dessert, anzi a volte ne diventano pure un delicato ingrediente.

A proposito dei vini cechi, vale la pena sottolineare che i vignaioli cechi sanno rendersi conto della potenza del marketing e della pubblicità. Per questo, ispirandosi alla festa francese del Beaujolais Nouveau, da alcuni anni vendono i loro vini novelli con un’insegna in comune, quella di ”Svatomartinské vino” (”vino di San Martino”). Appaiono nelle enoteche l’11 novembre, quando si saluta la nuova annata dei vini prodotti con i vitigni a maturazione precoce e se ne fanno sagre e feste in tutto il Paese.

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