Sfincione, ricetta siciliana alta e soffice, pietanza irrinunciabile nel corso delle festività.
Qualcuno lo definisce una specie “pizza”, ma l’impasto è diverso, alto, soffice e spugnoso.
Il condimento? Pomodoro, acciughe, origano, pangrattato e caciocavallo ragusano. È inserito nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT). Lo sfincione lo si mangia tutto l’anno, a cominciare dalla Festa dell’Immacolata, è una vera e propria istituzione.
Perché si chiama così il morbido Sfincione?
Lo Sfincione si chiama così proprio perché è morbido, il nome deriva dal latino spongia, a sua volta dal greco spòngos, cioè “spugna”; secondo altri deriverebbe dal nome arabo di una dolce frittella al miele. Anche per questo piatto ci si imbatte nelle suore come nel caso di molti altri dolci e piatti del centro sud d’Italia.
Si dice che a inventarlo furono alcune suore del monastero di San Vito a Palermo per creare un piatto diverso dal solito pane di tutti i giorni. Affermano però gli storici che lo Sfincione di San Vito era molto diverso da quello attuale (e senza pomodoro).
Chistu è sfinciuni. Fattu ra bella vieru. Chi ciavuru. Uora ‘u sfuinnavu. Uora ‘u sfuinnavu.
Questo è sfincione. Fatto davvero bene. Che profumo. L’ho sfornato proprio ora.
C’è lo sfincione palermitano da carretti di street food e da panificio o rosticceria e poi c’è lo Sfincione Bianco di Bagheria, privo di pomodoro, ma con tuma (formaggio siciliano da latte crudo di pecora tagliato a fette) e ricotta.
Con una lunga bellissima storia che vi racconteremo in un altro appuntamento di #parolegolose.
Lo sfincione è un antipasto perfetto: si taglia a tocchetti e si spizzulia, cioè si “spizzica”.
Friulana di nascita, triestina di adozione. Quanto basta per conoscere da vicino la realtà di una regione dal nome doppio, Friuli e Venezia Giulia. Di un’età tale da poter considerare la cucina della memoria come la cucina concreta della sua infanzia, ma curiosa quanto basta per lasciarsi affascinare da tutte le nuove proposte gourmettare. Studi di
filosofia e di storia l’hanno spinta all’approfondimento e della divulgazione. Lettrice accanita quanto basta da scoprire nei libri la seduzione di piatti e ricette. Infine ha deciso di fare un giornale che racconti quello che a lei piacerebbe leggere. Così è nato q.b. Quanto basta, appunto.