Tra le realtà vitivinicole più rappresentative che si possono ritrovare nella IGP Roccamonfina, quella di Masseria Starnali rappresenta senza ombra di dubbio la più interessante.
Maria Teresa e Luigi, madre e figlio, conducono la loro attività lavorativa in questa splendida azienda agricola biologica, alle pendici del vulcano spento del Parco Regionale di Roccamonfina, tra il verde del Monte Caruso ed il mare del Golfo di Gaeta, in località Sipicciano, frazione di Galluccio, provincia di Caserta.
Ho avuto la fortuna di conoscerli durante il Vinnatur di Vicenza, edizione 2016. Li ho poi ritrovati nella stessa manifestazione anche quest’anno ed appena ho potuto sono andata a trovarli di persona nella loro incantevole tenuta, dove ho ritrovato non solo un vigneto che si estende per ben 6 ettari, ma anche un oliveto, un castagneto, e tanti animali da cortile. Diversificazione di colture, in sinergia tra loro e con l’allevamento animale, così come dovrebbe essere. E così com’era nel passato: in quel luogo quasi magico sembra davvero di viaggiare in un tempo lontano. E, a dir la verità, il carattere terragno e assai genuino dei proprietari contribuisce non poco alla magia.
I vini in produzione, da sempre realizzati con soli metodi biologici – zolfo e rame per la prevenzione contro le malattie della vite e sovesci per la nutrizione del suolo – sono tre: il bianco Maresa, a base di Falanghina in purezza, e i due rossi Santo Sano e Conte di Galluccio, quest’ultimo a base di Aglianico in purezza.
Il vino di cui vi vorrei parlare è però Il Santo Sano e precisamente il 2012.
Un vino pronto, prontissimo, che fa solo acciaio, dalla fermentazione all’affinamento, e che esce in commercio un anno e mezzo dopo la raccolta delle uve (12 mesi in acciaio e gli ultimi 6 mesi in bottiglia).
La quota delle vigne di Aglianico (80%) e Piedirosso (20%), di cui questo nettare si compone, oscilla tra i 350 ed i 400 mt slm (ma le vigne di Masseria Starnali arrivano fino a quota 450 mt slm), il che consente un’ottima escursione termica e contribuisce alla freschezza del vino. Ciò che entusiasma però, fin dal primo approccio, è il forte carattere olfattivo che lo contraddistingue: rintocchi fumé risuonano al naso di continuo, anche a bicchiere vuoto, e ciò a marcare la provenienza delle uve da un suolo argilloso-vulcanico ricchissimo di estratto.
La cosa più semplice, e la stessa azienda lo suggerisce, sarebbe di degustare questo vino a tutto pasto. Perché poi per gli abbinamenti importanti c’è il Conte di Galluccio, prodotto di punta degli Starnali, con 12 mesi di affinamento in tonneau di rovere francese.
Tuttavia questo Santo Sano ha un suo particolare carattere che lo rende interessante anche negli accostamenti. Innanzitutto presenta un tannino integrato ed elegante, pur essendo un vino franco e “terragno”, come la gente che lo produce. E poi sa essere addirittura suadente, nelle sue note “cioccolattose” (passatemi il termine); il che lo rende adatto anche ad essere sorseggiato da solo, a fine pasto, in conversazione con gli amici.
Io ho terminato la mia degustazione con un Granduca, sigaro Toscano, elegante, morbido, suadente anch’esso.
La persistenza del vino, e soprattutto la sua acidità, hanno sostenuto bene la persistenza aromatica del sigaro. Ed anche se questo abbinamento non è canonico, come qualcuno potrebbe sostenere, preferendo al sigaro un più armonico Amarone della Valpolicella o una bollicina metodo classico, ha saputo allietare egregiamente la serata.
Questo è il territorio di Galluccio, una delle aree vitivinicole più estese d’inizio secolo scorso, che riforniva nell’antichità le grandi navi dell’Impero Romano. Solo che in passato i sistemi di viticoltura erano di tipo estensivo e volti alla produzione di grandi quantità di uve; oggi, invece, si è orientati verso una viticoltura di qualità, con ridotte rese per ettaro e soprattutto sempre più sostenibile.