Carni vegetali: fanno davvero bene?

Le alternative vegetali a carni e prodotti derivati, c.d. Alt Meat (‘meat alternatives’, o ‘meat analogues’), registrano una crescita senza precedenti sul mercato europeo, grazie anche ai considerevoli investimenti dei colossi finanziari.

 

Le qualità nutrizionali di questi prodotti sono oggetto di ricerca, avendo riguardo alle caratteristiche native dei vegetali – che in alcuni casi possono limitare la disponibilità dei nutrienti – e ai processi di trasformazione industriale.

 

Uno studio svedese (Mayer Labba et al., 2022) ha valutato concentrazione e biodisponibilità di ferro e zinco in diversi prodotti alternativi alle carni, disponibili sul mercato locale, e l’effetto di alcuni fattori antinutrizionali naturalmente presenti. (1)

 

1) Alt Meat a base vegetale

I prodotti Alt Meat sono realizzati in prevalenza a base di proteine vegetali processate (spesso ultraprocessate), grassi, sale (spesso in eccesso) e vari food improvement agents. In modo da ottenere consistenza, conservabilità e caratteristiche organolettiche più o meno simili a quelle delle carni. Talora con apporti nutrizionali ad hoc (es. vitamina B12, ferro e zinco, lisina e metionina). (2)

 

Alle matrici proteiche della tradizione asiatica (es. soia e frumento fermentati, da cui si ricavano tofu, tempeh e seitan) si affiancano i legumi (inclusi piselli, fave e lupini). Ricerca e innovazione veg sono altresì orientate verso micoproteine e microalghe. Anche quali alternative a pesce, latticini e uova.

 

2) Mercato

Il mercato di Alt Meat è in forte espansione, con una gamma complessiva di prodotti che è quintuplicata in soli 4 anni, arrivando ad alcune migliaia di diverse referenze ove il c.d. meat sounding (cioè l’evocazione di preparazioni e tagli di carne e salumi) dominano l’offerta.

 

La crescita annua complessiva delle vendite dei ‘meat analogues’ è stimata nel +7.9% per il periodo 2019-2024, fino a raggiungere il valore di 21,23 miliardi di dollari a livello globale nel 2025. Ancora distante peraltro dal mercato di carni e derivati, stimato in 7.300 miliardi di dollari (Kołodziejczak et al., 2022). (2)

 

Fig. 1 – Tipi di ‘meat analogues’ disponibili sul mercato (Kołodziejczak et al., 2022)

3) Alt meat, lo studio svedese

I ricercatori svedesi (Mayer Labba et al., 2022) hanno acquistato 44 referenze di Alt Meat presso due supermercati di catene locali, allo scopo di analizzare i valori nutrizionali, i fattori antinutrizionali e la biodisponibilità. Oltre alla conformità delle dichiarazioni nutrizionali riportate in etichetta.

 

L’ingrediente predominante è risultato essere l’estratto proteico di soia (39%), seguito da quello di pisello (32%), incluso il tempeh realizzato a partire da quest’ultimo. Altri prodotti contenevano legumi diversi, come i ceci, o frumento (da solo o in miscela con legumi), ovvero proteine innovative come le micoproteine.

 

4) Valori nutrizionali

I prodotti acquistati in Svezia sono stati sottoposti ad analisi analizzati per determinare l’effettiva qualità nutrizionale dei prodotti e la conformità ad alcune dichiarazioni in etichetta.

 

4.1) Ferro e zinco

I contenuti di ferro variano tra 0,4 mg/100 g per i prodotti a base di micoproteine (la categoria con il minor contenuto di ferro) e 4,6 mg/100 g per prodotti fortificati a base di soia o frumento. Al di là delle fortificazioni, i prodotti naturalmente più ricchi in ferro sono quelli che contengono proteine da pisello.

 

Il tenore di zinco è viceversa più basso nei prodotti a base di piselli (0,8– 2,2 mg/100 g). Laddove i ‘meat analogues’ a base di micoproteine ne registrano valori elevati (4,2–8,7 mg/100 g, pari al 145-186% del Recommended Daily Intake, RDI), senza pari rispetto ad altre referenze di Alt Meat.

 

Ferro e zinco, si ricorda, sono molto importanti per la modulazione del sistema immunitario e l’attività antiossidante dell’organismo. Il ferro è altresì necessario a prevenire l’anemia (in combinazione con le vitamine C, B9 e B12), mentre lo zinco contribuisce al metabolismo osseo nonché al corretto funzionamento delle funzioni comportamentali e mentali. Ed è essenziale prevenirne la carenza in ogni fascia di età, soprattutto tra gli over-65. (3)

 

4.2) Fattori antinutrienti. I fitati

I fitati sono i sali dell’acido fitico, una riserva di fosforo presente nei semi di molte piante e nelle cariossidi dei cereali. Sono considerati ‘fattori antinutrizionali’ a causa della loro capacità di chelare alcuni minerali (ferro e zinco inclusi) e l’impossibilità di degradazione da parte dell’apparato digerente umano.

 

L’impatto dei fitati sulla disponibilità di micronutrienti è così rilevante che la FAO (Food and Agriculture Organization) ha sviluppato un apposito database ove sono indicate le materie prime e prodotti trasformati che li contengono, nonché i rapporti molari utili a valutare l’accessibilità dei minerali in tali alimenti.(4,5).

 

Il minor contenuto di fitati è stato individuato nei prodotti a base di micoproteine (< 0,01 g/100 g) e nel tempeh (con variazioni legate ai diversi tempi e processi di fermentazione). Prodotti a base di legumi e frumento non fermentati hanno invece rivelato alte concentrazioni di fitati.

 

4.3) Grassi

La concentrazione e i profili degli acidi grassi nella categoria Alt Meat varia sensibilmente da un prodotto all’altro. Tra i prodotti analizzati, quelli a base di micoproteine hanno rivelato un tenore di grassi molto basso (2%).

 

In alcune referenze i grassi raggiungono i 22 g/100 g, con apprezzabili varietà di grassi insaturi (MUFA e PUFA, ivi inclusi Omega 3). Riscontrandosi purtroppo anche fonti di acidi grassi saturi di scarsa qualità nutrizionale (es. cocco, palma) e di acido palmitico.

 

4.4) Proteine e amminoacidi

Gli alimenti esaminati in Svezia contengono proteine in quantità che variano dai 5,5 ai 24 g/100 g. Quantità che contribuiscono al fabbisogno giornaliero medio in quota variabile (8-67%, in una dieta di 2.100 kcal).

 

L’effettiva digeribilità di queste proteine è un aspetto da considerare con maggiore attenzione, tenuto conto degli amminoacidi essenziali contenuti nelle diverse matrici vegetali e dei processi produttivi.

 

4.5) Fibre alimentari

Le fibre totali variano tra 4,4 e 21.5%, con il il valore più elevato nel burger di tempeh che primeggia altresì in fibre solubili (6,1%) e insolubili (15,4%), seguito da altri prodotti a base di legumi.

 

In termini generali si riconoscono gli effetti benefici delle fibre alimentari per la salute (es. modulazione microbiota intestinale, riduzione tumori del colon-retto, diabete e malattie cardiovascolari, indice glicemico).

 

Ulteriori studi dovrebbero peraltro venire condotti su alcuni fattori antinutrizionali legati alle fibre, per via della capacità di legare alcuni minerali e ridurre il loro assorbimento nell’organismo.

 

4.6) Sale

La quantità di sale e altre fonti di sodio (es. glutammato) meritano attenzione. Nei prodotti esaminati in Svezia, essa varia tra 0,1-1 g/100 g in alcuni alimenti a base di micoproteine e 2,4 g in quelli a base di piselli.

 

Alcune referenze, si noti bene, raggiungono da soli il 60% della soglia massima giornaliera raccomandata da WHO (World Health Organization). Ed è fondamentale ridurne le assunzioni, per diminuire i rischi di malattie gravi e croniche.

 

4.7) Fenoli

Il contenuto totale di fenoli (espresso in acido gallico equivalente, GAE), nelle Alt Meat svedesi, varia tra 8.2 e 19.3 GAE/100 g. Il processo di estrusione tende a ridurre il tenore di fenoli, sia pure in base alle condizioni operative.

 

I fenoli possono peraltro esercitare un’azione chelante nei confronti dei minerali, la quale a sua volta meriterebbe approfondimenti. La loro ridotta presenza in alimenti trasformati potrebbe perciò non essere del tutto negativa.

 

5) Claim nutrizionali

I claim nutrizionali rilevati nello studio svedese risultano talora problematici, con particolare riguardo alla presenza di ferro. Tutti tranne uno dei prodotti con Fe > 2,1 mg/100 g hanno infatti rivelato un rapporto molare fitati/ferro > 6, indicato da EFSA come valore limite per garantire una sufficiente biodisponibilità dell’oligoelemento (a fronte di un range ottimale <0,4 – 1), (6)

 

I soli prodotti a base di micoproteine sono risultati apportare almeno 2,25 mg/100 g di zinco (quantità necessaria per l’impiego del relativo claim nutrizionale). Con un rapporto molare fitati/zinco inferiore a 5. Tale valore determina un’elevata efficienza di assorbimento, secondo EFSA. (7). Rimane tuttavia da verificare l’impatto della rigidità cellulare delle micoproteine sulla digeribilità.

 

6) Fattori antinutrizionali, possibili soluzioni

Ridurre i fitati è possibile, mediante soluzioni tecnologiche o biotecnologiche, quali l’impiego di enzimi (fitasi). Le fermentazioni attivate da alcuni microrganismi sono in grado di ridurre sia i fitati, sia altri antinutrienti (es. α-galattosidi, causa di flatulenze). (8)

 

L’innovazione può consentire di migliorare i profili nutrizionali dei prodotti e i loro apporti di micronutrienti e altre sostanze benefiche (es. polifenoli e flavonoidi antiossidanti). Grazie anche a ingredienti funzionali, quali microalghe e funghi.

 

7) Conclusioni provvisorie

L’esame dei valori nutrizionali delle Alt Meat analizzate sul mercato svedese evidenzia un’alta variabilità nella composizione di un pur ristretto campione di prodotti, che dipende dalle formulazioni e i processi adottati.

 

Le formulazioni, se pure ‘arricchite’, non sono sempre in grado di fornire elementi in forma assimilabile dall’organismo. Con il rischio di illiceità e ingannevolezza di alcuni claim nutrizionali e salutistici. (9)

 

I bioprocessi meritano interesse, nella ricerca e sviluppo, tenuto anche conto delle secolari esperienze di fermentazione (es. Rhizopus oligosporus, utilizzato per produrre il tempeh a base di soia).

 

Dario Dongo e Andrea Adelmo Della Penna

 

Note

(1) Mayer Labba et al. (2022). Nutritional Composition and Estimated Iron and Zinc Bioavailability of Meat Substitutes Available on the Swedish Market. Nutrients 14(19):3903, https://doi.org/10.3390/nu14193903

 

(2) Kołodziejczak et al. (2022). Meat Analogues in the Perspective of Recent Scientific Research: A Review. Foods 11(1):105, https://doi.org/10.3390/foods11010105

 

(3) Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. Dieta, sistema immunitario e infezioni virali. Studio scientifico italiano. GIFT (Great Italian Food Trade). 10.3.21

 

(4) Dahdouh et al. (2019). Development of the FAO/INFOODS/IZINCG Global Food Composition Database for Phytate. Journal of Food Composition and Analysis 78:42-48, https://doi.org/10.1016/j.jfca.2019.01.023

 

(5) FAO/IZiNCG (2018). FAO/INFOODS/IZiNCG Global Food Composition Database for Phytate – Version 1.0 (PhyFoodComp1.0). https://www.fao.org/3/i8542en/I8542EN.pdf

 

(6) Hurrel & Egli (2010). Iron bioavailability and dietary reference values. The American Journal of Clinical Nutrition 91(5):1461S–1467S, https://doi.org/10.3945/ajcn.2010.28674F

 

(7) EFSA NDA Panel (2014). Scientific Opinion on Dietary Reference Values for zinc. EFSA Journal 12(10):3844, https://doi.org/10.2903/j.efsa.2014.3844

 

(8) Bryant (2022). Plant-based animal product alternatives are healthier and more environmentally sustainable than animal products. Future Foods 6:100174, https://doi.org/10.1016/j.fufo.2022.100174

 

(9) Solo le micoproteine e il tempeh si sono rivelate fonti più disponibili, se pure di per sé non sufficienti a garantire un apporto significativo

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