Gino Sorbillo salta: non bombe, ma grilli

grilli

Questa volta non ci sono bombe che saltano, ma grilli.

Scoppia la polemica social tra Lorenzo Biagiarelli, noto chef e volto quotidiano di uno dei programmi rai più seguiti “È sempre mezzogiorno” e Gino Sorbillo, pizzaiolo napoletano.

Secondo lo chef, Sorbillo avrebbe inscenato l’ennesimo cabaret, per attirare l’attenzione su di lui e sulle sue attività, dissacrando e bocciando l’utilizzo della farina di grillo senza però motivare il suo pensiero.

In un video postato sui social, si vede il pizzaiolo che offre il suo prodotto preparato con farina di grillo a clienti perplessi dal sapore e dalla consistenza dell’impasto.

Qualcuno addirittura non ha il coraggio di assaggiarla.

Di seguito, le impressioni di Lorenzo Biagiarelli, su quanto accaduto.

Uno dei problemi anacronistici del nostro secolo

è che, se ci pensate, siamo in grado di viaggiare nello spazio ma non di rimuovere in qualche modo le immagini impresse nella nostra mente. È davvero un peccato che nel 2023 io non possa de-vedere o de-leggere, cioè rimuovere il ricordo della vista e della lettura, delle ultime sparate di Gino Sorbillo in merito alla farina di grillo e quindi, per elaborare almeno parzialmente questo evento traumatico, non mi resta che scriverne.

La breve premessa

Gino Sorbillo, celebre pizzaiolo napoletano (non potete confondervi, è l’unico dei numerosi parenti che può usare il nome Sorbillo), ha deciso di mettere su una simpatica baracconata fuori dal suo locale servendo margherita impastata con farina di grillo.

La gente la assaggia, fa ‘schif schif’ e poi, nelle scene successive del montato (lo potete visionare sul  Corriere TV, sforna un’altra pizza per un commensale, apparentemente ignaro, che ne evidenzia il gusto ‘amaro’ (?, magari l’aveva bruciata, vai a sapere), mentre Sorbillo non la assaggia nemmeno.

A un certo punto

gli viene detto che è farina di grillo, lui comincia a saltare, e in abbinamento gli viene consigliato uno spray insetticida. Partono grasse risate, d’altra parte di fronte a questo grande pezzo di comicità da seconda elementare è impossibile restare seri. Grilli, salti, Baygon, roba raffinata alla George Carlin insomma.

La cosa migliore, però, sono le dichiarazioni a corredo dello stesso Sorbillo, rilasciate alla malcapitata Fabiana Salsi di Cook, settimanale gastronomico del Corriere.

Sono talmente belle che vi lascio l’articolo da leggere, nei commenti, per poterle apprezzare nella loro interezza. Mi limiterò qui a commentarne qualcuna. Ad esempio, quando a Sorbillo viene chiesto perché non l’abbia assaggiata, il pizzaiolo risponde “Proprio non mi andava di farlo, né lo farò mai’’. E allora Gino, scusa il francesismo, ma cu cazz parli a fare?

Gino parla, in realtà, perché come lui stesso dice “Volevo protestare. Sono assolutamente contrario all’idea di usare gli insetti in cucina”.

Continua “sono proprio contro l’idea dell’insetto, a tutto c’è un limite”. In questo, il pensiero di Sorbillo si rivela funzionale come quello di uno spettatore di Rete4: è contro, ma non sa spiegare perché. Non adduce motivazioni logiche, ma si trincera dietro a una bruta irrazionalità che non può, per sua natura, ammettere repliche. È contro e basta, il cimitero della ragione (che, va detto, in Italia va di moda, altrimenti…).

Tra l’altro, se c’è un tipo di locale in cui da sempre si mangiano gli insetti, quello è proprio la pizzeria: farina e passate di pomodoro sono infatti gli alimenti in cui vengono sempre riscontrate tracce di insetti, anche in quantità cospicue. Lo Iulm di recente ha calcolato che ne ingeriamo circa mezzo chilo all’anno, per dire.

Andando sul tecnico

Spara poi proprio una boiata “C’è un altro grosso problema per chi la usa: il costo. E cioè 75 euro al chilo. Facendo un facilissimo calcolo, dato che una pizza ha bisogno di più di 100 grammi di farina, ci vorrebbero 7,50 euro di solo impasto”. In realtà, come Sorbillo stesso sa benissimo, la farina di grillo non può essere usata in purezza in panificazione perché, come molte altre farine non di grano tenero, non contiene glutine, non incorda e non lievita.

Va quindi tagliata, come lui stesso avrà fatto, con farine di grano in un rapporto di almeno uno a nove: una parte di grillo, nove di grano. Da questo conteggio, se come dice lui servono più di cento grammi di farina per fare un pizza, ecco che il quantitativo di farina di grillo per ogni pezzo non supererà i 10, 15 grammi circa, portando a ogni panetto un sovrapprezzo di non più di un euro al massimo. Ma, va detto, sparare boiate in Italia va di moda, altrimenti…

Le previsioni apocalittiche

“Se questa farina di grilli prendesse piede su larga scala sarebbe la fine dei lievitati”. L’affermazione è talmente stupida che la giornalista, che pure non manca all’interno del pezzo di far notare a Sorbillo alcune delle sue contraddizioni, non ha la prontezza (me la immagino frastornata da questa strage di logica) di fare l’unica domanda plausibile a un’affermazione del genere: perché? Perché dovrebbe riuscire la farina di grillo dove hanno fallito tutte le altre farine della storia, e cioè a far scomparire pane e pizza?

E perché, signor Sorbillo, fa finta (ma ho il dubbio che finta non sia) di non sapere che fine ultimo dell’utilizzo della farina di grillo non è quello di sostituire le farine convenzionali (dato che, per sua natura, non può essere lavorato come tale) ma di integrare in piccole percentuali una dieta sostanzialmente convenzionale per poter sostituire una fonte di proteine più sostenibile ad una meno? Avrei adorato leggere la risposta, ma tant’è.

E alla fine, il grande classico

“È assurdo che un ingrediente del genere venga impiegato per un piatto della tradizione come la pizza”. E allora mi viene da dire meno male che non tutti gli antenati di Sorbillo sono stati pizzaioli, perché altrimenti il pomodoro sulla margherita ce lo scordavamo.

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