Bollicine de La Matta 2015 Casebianche
- Fabio Riccio
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Ogni tanto (purtroppo) tornano. Parlo di quelli che a un certo punto non vedi più in giro.
Quelli che fino al giorno prima incontravi per strada, in piazza, e che a un certo punto scompaiono come non fossero mai esistiti. Solo dopo vieni a sapere che sono altrove, talvolta per amore, spesso per trovar lavoro.
Ogni tanto tornano, però.
In tanti luoghi del centro e del meridione della penisola è prassi vedere questi “scomparsi” riaffiorare nei periodi di ferie, o durante le feste comandate. Così è stato qualche giorno fa, quando ritrovo una persona dispersa, sepolta nella memoria di quando i capelli erano ancora scuri.
Ho rivisto Pippo – nome di fantasia – non mi va di coinvolgerlo troppo…
Mi imbatto in lui in piazza, e dopo i saluti di rito, scopro che Pippo si è accasato lietamente in Piemonte. Buon per lui.
Andiamo a bere qualcosa. Chiacchiere tra due che non si vedono da 15 anni almeno.
Sì: per me Pippo era davvero disperso. Ritrovarlo è un piacere, alla fine era ed è ancora una piacevole persona…
Bar in centro.
Lo sceglie Pippo. Il bar più odioso in città. Solito irritante stile di luci & divanetti bianchi, post-Maria de Filippi, scomodissimi.
Video ovunque, ma quel che sbraita a volume da discoteca non è quello che passa in video. Dicotomia audio/video.
Ascoltare a pieno volume il borbottare post-neomelodico di Gigi D’Alessio mentre in video passa Another Brick in the Wall lo trovo esoterico.
Ha senso questo?
Possibile che in centro non c’è più un bar normale, dove chiacchierare, o con un po’ di buona musica in sottofondo?
Vabbè… Pippo ordina prosecco per due, a sentir lui lo adora, in pochi secondi me ne fa un vero e proprio panegirico… che strano, in passato Pippo beveva solo Birra Peroni a collo lungo, quella da passatella, quella da far bere in abbondanza a chi sta “sotto”, anche per dispetto a chi rimaneva “Ulmo”.
Servizio lesto.
Arriva una cameriera a fine turno con la faccia da “allegria saltami addosso”. Apre una bottiglia, panciuta. Non è prosecco, riesco a distinguere sull’etichetta le parole “bianco” e “veneto”.
Flûte da supermercato – in gran vista il livello di 75 cl. Sul vassoio i due flûte e il consueto equipaggiamento di patatine, cremine, salatini stantii etc etc…
Provo il sedicente “prosecco”. Orrendo, non ho parole.
Una “roba” gassata tinta di giallino, dal perlage promiscuo, vale a dire con bollicine troppo difformi, alcune micro, altre grandi come le bolle di un sub in emersione…
Nel flûte c’è anche un suono di friggitrice. Mistero.
Se fossi stato un produttore serio di Prosecco come lo è Lorenzo Gatti, con il suo magnifico Prosecco sur lie, avrei subito chiesto un congruo risarcimento al bar…
Sentori aromatici approssimativi di ginestra e saponetta alla rosa, in bocca solo un effetto cartavetro con retrogusto di paraflù…In poche parole, uno schifo.
Mi guardo intorno – quasi piango. In molti tavoli, bevono questa “roba” con le bollicine…
Ma come diamine fanno a sbevazzare giulivi e sereni veleni del genere, di sicuro al limite dell’autocombustione per le badilate di SO2 aggiunta, e poi finanche a ciacolare contenti dopo aver ingerito un cotal veleno con bollicine?
Bevo solo per di ospitalità. Pippo invece apprezza molto – avrà il palato mitridatizzato da simili veleni in bottiglia.
Nonostante la colonna sonora, riusciamo finanche a chiacchierare. Il veleno in flûte per fortuna finisce, i salatini pure. Non vedo l’ora di andar via, non per Pippo, ma per l’ambiente e per quel liquido che ho ingollato dal flûte, che già mi da alla testa.
Sul resto, stendo un velo pietoso.
75 cl di chissà cosa.
Pippo va al bagno. Al ritorno mi arriva con altri due “bei prosecchini” – così li chiama.
Altra tortura. La testa mi gira, e dire che sono uno che l’alcol lo regge bene… L’alcol appunto: non le enoporcate da bar fighetto & modaiolo.
Finalmente Pippo mi molla. Vuol per forza pagare lui, anche se in mia opinione dovrebbe essere il Bar a pagare noi per le schifezze rifilateci.
Sbircio il conto… quattro prosecchini e il “contorno” 20 euro! Trecento cl di veleno venduti come oro…
Saluto Pippo, spero di rivederlo in qualche altro bar, magari in una gelateria, e riprendo la mia strada con la testa che gira, molto.
Arriva sera, finalmente, cena casalinga.
Ho il disperato desiderio di bere qualcosa di buono, anzi di meglio: qualcosa di bello, di vero…. Devo a ogni costo scacciare il ricordo dei due infami “pseudo-prosecchini” del bar pseudo-fighetto.
Così… apro una bottiglia de La Matta 2015 Casebianche, bollicine di Fiano al 100% dell’azienda Casebianche, scoperta in Cilento al festival del Moscato e spumante del parco del Cilento, (appunto…) in quel di Castinatelli di Futani (SA).
La testa non gira più. La musica subito cambia, per fortuna.
Non sono un grandissimo cultore di bollicine, ma La Matta 2015 Casebianche da subito mi piace, mi scalda il cuore, si fa bere.
Partiamo da questo…
Una bella partenza, appunto. Una bollicina naturale, forse un po’ all’antica, ma che nel suo candore sprizza tanta voglia di farsi voler bene.
Evviva!
Subito panoso al naso, e curiosamente anche al palato, quasi come un forno di campagna. Citrico quanto basta, è anche incline al salmastro, come può esserlo solo un figlio dell’uva Fiano colta un po’ in anticipo, e non avvilita da lieviti selezionati o “campionati sul campo” (ultima funesta tendenza!)
Ancora… limone, susina, pesca acerba…
Fragrante, allegra e ammiccante, La Matta 2015 Casebianche è la prova che si possono fare belle bollicine anche fuori delle zone “storiche” – unico requisito, “il buon manico”.
Sughero da… bollicina, gabbietta per evitare detonazioni, mosto dello stesso vino usato come liqueur de tirage (funziona: eccome se funziona!), un po’ di sedimenti, niente filtraggio, niente zucchero aggiunto.
Certo, a tanti enofighetti, specialmente quelli “istituzionali”, quelli tutti incravattati che ripetono i soliti mantra a memoria, La Matta 2015 Casebianche potrà apparire un vino da dilettanti, non sempre costante di bottiglia in bottiglia, e con qualche spigolo di troppo…
Permettetemi come sempre di andare controcorrente
Ma… è proprio l’imprevedibilità e le diversità, non solo tra annata e annata, ma anche tra bottiglie della stessa annata il bello di queste bollicine, che in ogni caso, esprimono sempre e comunque un corredo olfattivo e gustativo di gran rispetto.
Perdonatemi se lo ripeto fino alla noia, ma non ne posso più di vinelli perfettini e ben pettinati come i bimbi dello Zecchino d’oro anni ’60, ma alla resa dei conti non potabili e privi di anima, proprio come i due pseudo “prosecchi” propinatimi dal bar di cui vi ho raccontato.
Perfetti dall’etichetta e al vetro, ma orrendi e monotoni a naso e palato, e cosa più grave, privi di qualsiasi traccia di gioia…
Il vino non è scienza, ma gioia. Punto.
Voglio vini (bollicine anche…) scapigliati, scalcianti e gioiosi, vini che posso definire buoni.
Appunto: buoni, una parola che sento molto di rado sulla bocca di tanti soloni istituzionali del vino…
Tirando le somme… La Matta 2015 Casebianche è una bollicina ben fatta, piacevole, nessuna “enoporcata” sia in vigna che in cantina, niente SO2 aggiunta, e chi ha palato e sensibilità ben connessi al cuore, ci legge a chiare lettere l’intenzione di far star bene chi beve – la cosa più importante!
Se magari si lavorerà di bulino ancora un po’, limando qua e là e aggiustando ulteriormente il tiro… beh, in questo caso prevedo ottime cose da questa simpatica cantina di Torchiara (Sa) vicino a Paestum, portata avanti da due persone vere, Pasquale Amitrano e Betty Iourio.
Scusate se è poco!
La Matta 2015 Casebianche è una bollicina da volere bene anche pasteggiandoci, non dimentichiamolo!
Chissà… il mio sogno è quello di trovare un giorno o l’altro al bar tutto bianco che mi è antipatico, invece degli slavati pseudo-prosecchini un qualche calice de La Matta 2015.
Un sogno davvero?
Casebianche
Via Case Bianche, 8
84076 – Torchiara (Sa)
Tel. 0974.843244
info@casebianche.eu
Interessato da più di venti anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale. Dal lontano 1998 collabora come autore alla guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, ha scritto sulla guida Le tavole della birra de l’Espresso, ha collaborato a diverse edizioni della guida Osterie d’Italia di Slow Food, ha scritto su Diario della settimana, su L’Espresso e su Cucina a sud. Scrive sulla rivista il Cuoco (organo ufficiale della federazione cuochi). Membro di molte giurie di concorsi enogastronomici. Ideatore e autore del sito www.gastrodelirio.it