Confesso che il post di Attilio di ieri, al di là dei contenuti di cui dirò dopo, mi ha confermato una serie di cose che già da tempo mi balzavano prepotentemente agli occhi.
La sera precedente mi ero anche io imbattuto nella pizza postata da Pepe in grani e ritagliandola avevo provato a chiedere ad alcuni amici appassionati di pizza e ai miei collaboratori (che di pizza ne mangiano giusto qualcuna a settimana) cosa ne pensassero, senza però dire che era una pizza di Franco Pepe.
Purtroppo i giudizi sono stati tutti abbastanza duri, passando dal “ah la pizza surgelata della…” al “che bel biscotto al pomodoro”.
Il gioco che avevo fatto agli amici (tra i quali non compare Attilio che è pizzaiolo e lo avevo escluso quindi a priori) prevedeva l’invio della foto scontornata e non riconducibile a nessuno e dopo il commento l’invio dello screenshot del post.
Tutti, e dico tutti, dopo un commento negativo (e mi sto trattenendo) nel vedere lo screenshot che la attribuiva a Franco Pepe avevano subito affermato “va comunque assaggiata”.
Avrebbero fatto lo stesso se fosse stata di Pinco Pallo? Credo proprio di no.
Ma di questo ne riparliamo più avanti.
Il post di ieri di Attilio con tanto di sfida, regole d’ingaggio e giuria con valutazioni alla cieca, mi ha riportato bambino all’autunno del 1974 quando mio padre, da appassionato di boxe, si infervorò per l’incontro che si tenne a Kinshasa tra Cassius Clay (all’epoca già Mohammed Alì) e George Foreman.
Alcuni definirono quell’incontro il riscatto della “negritudine”.
Era l’epoca dei movimenti contro l’apartheid, della cd consapevolezza nera, dei movimenti dei diritti civili e il match svolto su un ring “originario” come quello del Congo (all’epoca dei fatti Zaire), dove alla classe e allo stile danzante del neo musulmano Alì si opponeva la forza bruta del patriota Foreman, aveva il sapore del più alto livello di scontro che si fosse mai visto nel pugilato.
All’origine di quell’incontro non solo gli interessi economici stimolati dalle borse di 5 milioni di dollari messe a disposizione di entrambi dall’allora dittatore Congolese ma anche un dualismo che vedeva in Alì l’incarnazione di un popolo sinora oppresso che si riscattava e dall’altro la forza dello stesso popolo messa al servizio di chiunque ne avesse bisogno.
Finì con la vittoria di Alì, ma poco conta. Ciò che contano furono le ragioni del match e il luogo nel quale si svolse.
Ieri in un certo qual senso con il post che segue il mediatico Attilio Albachiara ha inteso sfidare un sistema che ha acuito i rapporti, già peraltro molto aspri, in un settore come quello della pizza napoletana.
La sfida a Pepe, a mio avviso, non ha nulla di personale ma è, piuttosto, la sfida ad un sistema che graduando le abilità, alle volte sulla scorta di criteri che non sono uniformi o chiari a tutti, ha finito con il mettere sul piedistallo alcuni e buttare nel secchio della pattumiera tantissimi altri.
Si potrà obiettare che la competizione stimola a fare meglio. Vero.
Ma, quando si comincia a fare classifiche, come anche il Gambero Rosso pare stia per fare, allora si corre il rischio che agli occhi del consumatore il numero 1000 valga meno del numero 1 o del 10 o del 500.
E qui scatta il “sarebbe da provare”.
Spesso su Facebook ho visto deridere o caricare la mano verso pizze che erano anche meglio di quella ripostata (perché è foto prima postata dal produttore del programma Chef’s Table che vedremo sulla piattaforma Netflix ospite in locanda da Franco Pepe).
Se avessero visto la stessa foto i “social-censori” non si sarebbero esonerati da pari trattamento, perché diciamolo, anche se è una pizza nel ruoto (pizza sdoganata dalla Pizzeria di Alvignano dei Fratelli Rossi) è decisamente fatta maluccio e non invoglia nemmeno un poco.
Ad assaggiare poi ci sta sempre.
A me spaventano i “palloncini gonfiati” che guardano e classificano come se fossero i maestri dell’impasto e invece non sanno nulla.
Ma di quelli ultimamente il “WEBBE” abbonda.
Per una pizza di Cracco si fece un indecoroso casino che ad oggi ancora lascia la sua eco.
Per questa silenzio assoluto!
Eppure da un giudizio FOTOGRAFICO fa schifo quanto quella.
E a poco serve lasciare commenti come “ho ignorato il post” o “la polemica non va valutata”, o peggio ancora il silenzio assoluto perché a suo tempo con Cracco si scelse altro metro e la gente di questo se ne accorge, come finirà per accorgersi se la sfida è accettata o meno.
Cosa accadrà? Francamente non mi interessa più di tanto anche se il non accettare la sfida pone Pepe nella condizione di subire l’attacco sfida di Albachiara in eterno.
Spero, però, termini questo stile di graduare che sta rendendo impossibile anche aprire i social senza vedere pizzaioli che si accapigliano tra loro o con chi scrive o con comunicatori.
Era meglio quando ti scrivevano male di qualcuno in privato e poi sulla bacheca loro li trovavi che lo chiamavano “fratello” o postavano una foto insieme a quello del quale ti avevano detto male.
Che bei tempi…ah.. lo fanno ancora? Allora niente nostalgia.