Gli Xyrichtys novacula altro non sono che i pesci pettinesse tanto amati dai tarantini.
Più giù sulla costa tirrenica calabrese, tra le cale che da Pizzo vanno fino ad oltre Parghelia prendono il nome di “surici”, alla lettera topi. L’appellativo tutto calabrese è legato alla conformazione dei due denti anteriori che fuoriescono così come accade nei roditori in genere.
Ma i nomi a seconda dei luoghi si sprecano non poco. Razon ad Imperia, pecorella a Napoli, spetacaturu a Brindisi e landrosa nell’anconetano, surice o mulinaru a Tropea. In altri paesi ha invece come radice la parola Razor (rasoio).
Così è raor o galan (Spagna), raoret o raò (Catalogna), rozetta o ruzetta (Malta), pearly razorfish (Antille), donzelle lame in Francia.
Fatto sta che questo pesce dall’apparente aspetto di un roditore e dai colori più simili ad un pesciolino da acquario è uno dei pesci forse più buoni da adoperare in cucina.
Diffuso nel mar Atlantico e nel Mediterraneo predilige mari caldi o temperati e aree meno spazzate dalle correnti marine.
In genere è pescato all’amo mediante l’uso del bigattino o i gamberetti o le alici ma questi ultimi tassativamente tenuti prima alcuni giorni nello zucchero. Predilige fondali sabbiosi e bassi, spesso non superiori a 15-20 metri di profondità. Pescato alla canna richiede qualche attenzione da parte del pescatore in quanto il pesce nel tentativo di liberarsi può infierire dolorosissimi morsi.
Nonostante quest’attitudine all’estrema difesa in mare ha tecnica ben diversa di difesa. Prediligendo fondali sabbiosi, sfruttando la forma del suo corpo schiacciata, in caso di pericolo, si nasconde sotto la sabbia. Qui resta per un certo tempo prima di fuoriuscire successivamente con la sola testa per verificare il ripristino di una situazione di calma dell’ambiente circostante.
Le sue carni sono davvero particolari.
Bianchissime e sode ricordano per consistenza quelle della murena o del gronco e per sapore quelle della sogliola. Nonostante sia abbastanza versatile in cucina trova una sua cottura tradizionale che è la frittura. In Calabria addirittura li si lega con un piccolo spago a coppie per le pinne caudali e li si immerge nell’olio bollente.
Il periodo di maggior reperibilità è concentrato tra giugno e settembre, ma la sua maggior pescosità è tra la fine di agosto e settembre quando con il riscaldarsi dell’acqua si avvicina maggiormente alla costa.
Presente in banchi gli esemplari più grandi possono raggiungere anche i 20 centimetri di lunghezza.
Il prezzo al mercato può raggiungere anche i 25-30 euro al chilogrammo.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.