Scapece Molisana: un gusto non facile…
- Fabio Riccio
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Non sobbalzino i lettori napoletani e campani.
La scapece di cui ora vi narrerò non è la classica e arcinota preparazione napoletana delle zucchine alla scapece.
Questa, è tutta un’altra scapece!
Prima di tutto la scapece molisana è una scapece a base ittica, molto originale, che (purtroppo) a causa dei cambiamenti dei canoni del gusto, rischia di estinguersi, di scomparire… Però, forse sarebbe più giusto parlare di Scapece Abruzzese-Molisana, perché questa preparazione alimentare è tipica e diffusa in entrambe le regioni.
Aggiungo anche che in Italia (e non solo) sotto la voce “scapece” ci si trova davvero di tutto. In generale, il termine indica un metodo antico per la conservazione di commestibili tramite marinatura in aceto.
La Scapece molisana, una scapece ittica, non la sola però.
Alcune preparazioni equiparabili concettualmente alla Scapece molisana (almeno restando in Italia) le troviamo in Puglia, nelle vesti della scapece salentina fatta con i pesciolini, ma anche nelle due di Lesina (fritta e arrosto) fatte solo di anguille, in Sardegna (Su Scabecciu), e perfino in Liguria (lo scabeccio).
Curiosamente invece, in Sicilia con il nome scapece indicano una conserva delle parti meno pregiate del tonno, e poi… come già detto, in Campania c’è la famosa ricetta delle zucchine alla Scapece, ma questa è tutta un’altra faccenda…
Come ultima curiosità, un’altra preparazione analoga alle varie declinazioni della scapece ittica, ma dal nome diverso, è comune in Veneto: le famose Sarde in Saor.
Ora, senza andare a disquisire sull’esatto etimo della parola Scapece e le sue origini (Escabece – De re coquinaria di Apicio ), faccenda per storici del cibo e linguisti, è opinione comune che la scapece sia nata come dire…
…per mera necessità di conservazione.
La necessità di conservare il più a lungo possibile il pesce (non solo…), quando i moderni sistemi di conservazione (frigoriferi etc etc) non erano stati ancora inventati.
Così, visto che l’aceto da dopo Noè con il suo primo vino andato a male è qualcosa che non è mai mancato, oltretutto a buon mercato, lo si è finito per utilizzare anche come conservante.
Semplice no?
Torniamo alla nostra scapece molisana, preparazione a rischio di estinzione.
Alla vista, si presenta come un curioso potpourri di tranci di ittici dal colore giallognolo, dove ben si riconoscono le cartilagini e la parte carnosa di alcuni pesci (la razza), oppure l’intero mollusco, che fluttuano in un liquido di governo, anch’esso giallo. La scapece molisana è fatta unicamente di pesce, innanzitutto di razza, ma talvolta anche di palombo, raramente anche di molluschi come seppioline e calamaretti.
Questi ittici, lavorati da freschi, sono eviscerati, mondati, rifilati e tagliati a tranci, infarinati e poi fritti in olio extravergine di oliva per 10-15 minuti, dopodiché si sgocciola il tutto e si lascia raffreddare a temperatura ambiente per circa un’ora.
Fatto questo, il tutto viene immerso in un composto (preparato in precedenza) di aceto, zafferano e altri aromi, composto che conferisce un particolare aroma e molta cromaticità, ma che ha anche la funzione di conservante.
Così, la scapece molisana è pronta per la fase di maturazione, che può durare anche mesi, dopodichè insieme al suo composto liquido, che ne è parte integrante, è pronta per essere consumata.
Un tempo la scapece molisana era conservata nei tradizionali tini di legno o di coccio, ora nel rispetto delle norme sanitarie, solo in contenitori ermetici di acciaio dove viene venduta sfusa, quasi sempre in occasione di fiere e mercati.
La Scapece Molisana è possibile trovarla ancora
A Montenero di Bisaccia e Termoli in provincia di Campobasso, ma anche a Vasto e dintorni (CH), sia nei mercati che nelle fiere e sagre della zona, dove la presenza del banchetto dello “scapeciaro” è la colonna sonora, anzi, olfattiva di queste kermesse.
Fino a non molti anni addietro, la scapece nella declinazione abruzzese-molisana, con qualche minima variante riguardo i pesci utilizzati, era diffusa e tipica anche in alcuni paesi del nord della Puglia, nella zona di Popoli (PE) lungo la valle del fiume Aterno (Abruzzo), e nel paese di Casacalenda (CB) nell’entroterra molisano.
Insomma… un prodotto un tempo molto gettonato e presente sulle tavole di Abruzzo e Molise, che però pian piano sta scomparendo.
Nell’anno di grazia 2017 la Scapece molisana affida la sua sopravvivenza alla caparbietà di una manciata di piccoli produttori e di qualche illuminato ristoratore molisano e abruzzese.
Ma… perché la Scapece molisana sta scomparendo?
Partiamo dall’aceto, componente basilare in questa preparazione.
Le declinazioni dell’uso dell’aceto in cucina sono tante e non solo legate alla conservazione dei cibi, però l’evolversi del gusto collettivo, anzi, il suo omologarsi su modelli “rassicuranti”, ha relegato l’aceto nei sentori e sapori che qualcuno definisce “brutti, sporchi e cattivi”.
Fino a non troppi anni addietro, il sentore e il sapore dell’aceto era familiare e condiviso, senza connotazioni negative. L’aceto non spaventava nessuno, era un gusto e un aroma come tanti. Ora, nel ventunesimo secolo non lo è più.
Palati troppo ingentiliti?
L’aceto, con l’esclusione di quelle poche gocce che si mettono nell’insalata, negli ultimi anni è considerato un “sentore vecchio”, per tanti perfino molesto, se non proprio repellente. Un errore, perché l’aceto se usato con raziocinio, regala importanti complessità gustative e olfattive.
Quindi… sapori antichi quelli della Scapece molisana, potenti e per nulla addomesticati, lontani però dai canoni di gusto e aroma del ventunesimo secolo, ma proprio per questo da recuperare, valorizzare e… assaggiare.
Per chi non la ha mai assaggiata, la Scapece molisana è un vero e proprio cazzotto sensoriale, all’istante per le narici, dopo poco anche per il palato.
Diciamocela tutta… tra la Scapece Molisana e un palato moderno è difficile che scocchi l’amore a prima vista.
Basta però superare il primo momento di sbandamento, dove su tutto domina un originale sentore di mare (energico come e più di quello di una buona ostrica…), enfatizzato e strillato fino al parossismo dall’aceto, e ci si ritrova a fare i conti con un qualcosa di sensorialmente intrigante e molto complesso.
Dopo poco le narici si abituano
E così viene fuori il bello dello zafferano (la vera particolarità) che stempera e ingentilisce i sentori dell’aceto e degli ittici, fondendoli in un qualcosa di aromatico, particolare, affascinante a suo modo…
Al palato (ma anche alla vista…) la scapece molisana prima di tutto palesa una consistenza fibrosa per la parte di pesci veri e propri (razza etc etc), mentre per i molluschi, seppie, calamari e affini, la consistenza è più morbida, e a seconda delle dimensioni dell’ittico, tendenzialmente elastica, anche se un po’ sfibrata.
Oltre questo, c’è da osservare che le cartilagini dei pesci utilizzati nella Scapece Molisana (specialmente la razza) sottoposte al trattamento che le trasforma in scapece, curiosamente tendono ad intenerirsi e, se non troppo spesse, sono in certi casi anche edibili, saporite e masticabili.
Insomma… un gusto ittico all’ennesima potenza, declinato in acido e nobilitato dallo zafferano. Davvero ancestrale, qui l’aggettivo ci sta bene.
Curiosi di assaggiare eh?
Però… il tutto va preso in piccole dosi, qui parliamo di un sapore troppo impegnativo per un pasto intero, almeno nel ventunesimo secolo.
Sì, va bene, ci sono ancora appassionati del genere che, incuranti del loro alito, al mercato comprano mezzo chilo di scapece e se lo mangiano tutto in un colpo strada facendo. Cibo di strada alla molisana?
Per fortuna però, come già scritto prima, oltre i pochissimi ed encomiabili “scapeciari professionisti” rimasti, c’è anche qualche ristoratore che propone qualche assaggio di scapece nei suoi antipasti.
Saggia e condivisibile idea.
Tra questi voglio segnalare un bravo chef che ha intelligentemente rivisitato la scapece molisana in una riuscita operazione di attualizzazione del gusto.
Nicola Fossaceca, chef dello “stellato” Ristorante al Metrò di San Salvo (CH), con la sua “scapece espressa” di triglia fatta al momento, è riuscito senza tradirne l’essenza (dove altri hanno fallito) nella difficile impresa di attualizzare il non facile gusto della scapece molisana, avvicinandolo ai palati moderni.
Ristorante al Metrò
Via Magellano, 35
San Salvo Marina (CH)
www.ristorantealmetro.it
info@ristorantealmetro.it
Telefono – 0873 803428
Cell. 338 6291986
Interessato da più di venti anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale. Dal lontano 1998 collabora come autore alla guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, ha scritto sulla guida Le tavole della birra de l’Espresso, ha collaborato a diverse edizioni della guida Osterie d’Italia di Slow Food, ha scritto su Diario della settimana, su L’Espresso e su Cucina a sud. Scrive sulla rivista il Cuoco (organo ufficiale della federazione cuochi). Membro di molte giurie di concorsi enogastronomici. Ideatore e autore del sito www.gastrodelirio.it