CreativiTEA Dinner: il tè e la forza del ricordo
- diTestadiGola
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Voglio partire dalla fine questa volta.
A cena conclusa, lo chef Antonio Bufi, con rara maestria e sensibilità, ha celebrato un vero e proprio carnevale sotto il palato. Il suo talento e la sua intuizione hanno conquistato ciascuno dei 45 commensali di CreativiTea Dinner: è stato in grado di solleticare le papille gustative fino allo stordimento, a simulare un risveglio primaverile tra i più audaci.
L’esperienza si è compiuta tra le mura del ristorante barese Le Giare, diventato da qualche tempo la casa dello chef Bufi e del suo collettivo Serial Kitchen, un progetto innovativo con il quale sta cercando di sovvertire le regole snobistiche della cucina d’élite, a favore di una sana ironia mista a sapiente semplicità.
L’idea, esplorata da pochissimi in Italia, è stata quella di una cena che si muovesse interamente intorno al mondo del tè. Come la più sinuosa delle ballerine di tango intorno al proprio uomo: la sensualità e l’armonia sono state pressappoco le stesse.
Unico il menù, pensato appositamente per l’occasione con l’ausilio di Andrea Suglia e Bea Arjona Reverte, gestori appassionati della deliziosa bottega di tè e spezie La Terza Luna.
L’incontro di più saperi, con anche il tocco originalissimo del Bar Project che ha proposto il raffinato cocktail Shot Mizuari (scotch whisky, tè bianco cinese Ya Bao e zest di arancia), ha condotto gli ospiti in una sorta di viaggio, in cui la cultura del tè si è stretta con fare naturale a quella della tradizione culinaria di vari Paesi. E quando il piacere della conoscenza si unisce a quello del gusto, l’ebbrezza è amplificata.
La cucina di Antonio Bufi è sincera, naturale, eclettica ma mai pretenziosa. I suoi piatti hanno la forza del ricordo, l’autenticità della scoperta, di chi fin da piccolo faceva la salsa in campagna con la sua famiglia e da adulto ha saputo mantenere il valore dell’accoglienza e della condivisione.
Nell’avventura intrapresa a Le Giare è affiancato da Lucia Della Guardia, una ballerina professionista da sempre appassionata di cucina che per due anni è stata responsabile della cucina naturale di Eataly Bari. Diventata di recente sommelier di sake, in abbinamento a degli ottimi gyoza al tè Matcha, Lucia ha selezionato, raccontato e servito uno straordinario Sake Nissin Shurui Hisagotaiko Junmaidaiginjo (la dicitura Junmai significa “di puro riso” e indica che non è stato aggiunto alcool, e la dicitura Daiginjō significa che è fatto solo con il cuore del chicco di riso, ossia con almeno il 50% di strato esterno rimosso dal chicco).
Un gustoso appetizer, testimone di un’insolito abbraccio tra Cina e Giappone, ha dato il via alle danze: uno scampo infuso in un tè Puerh (LINK: http://www.insiemeate.net/2013/02/26/puerh-i-te-crepuscolari/) con alghe Wakame, accompagnato dalla degustazione di un tè Puerh Sheng 2015 coltivato a Lincang, una prefettura della Cina nella provincia dello Yunnan.
Andrea ha descritto accuratamente ogni tè che Bea ha preparato con gli accessori tipici, officiando una ritualità frugale quanto suggestiva.
Al seguito un cefalo crudo marinato con ciliegie di Bisceglie saltate, cocomero alla mela e aria di tè Sakura, associato alla degustazione di un tè verde giapponese biologico Sencha coltivato a Kagoshima, raccolto 2015.
Di raro fascino la declinazione del tutto innovativa di un baccalà cotto a bassa temperatura: suggellato da acqua di piselli, roveja (un legume importato in Europa dal Medio Oriente) e un accenno di galanga fresca, una pianta erbacea appartenente alla stessa famiglia dello zenzero.
L’ormai noto tè nero cinese affumicato Lapsang Souchong ha chiuso la cena prendendo parte ad un dessert degno dei più inevitabili colpi di fulmine: il giovane pasticcere Francesco Urbano lo ha sperimentato in un abbinamento assai riuscito con la mandorla cremosa, sesamo sabbiato e spuma di menta fresca.
Un’esperienza che merita una cornice di rilievo, perché non sia dimenticata. Perché non siano dimenticati il valore e la bellezza del lavoro di squadra, quando è sinonimo di crescita e arricchimento.
di Marilù Ardillo