Il caseificio Buon Pastore

formaggio bizantino

Di recente sono stata in quella che è la mia terra d’origine.
Si tratta della bassa padana confinante col Delta del Po e le sue valli. Ero ospite di mia sorella che, stanca del caos cittadino, si è trasferita a Savarna, località nei pressi di s. Alberto di Ravenna…. Sia per me che per lei, è stato un viaggio a ritroso, in quanto, in questa zona, sono nati i nostri  nonni e bisnonni e, come accade spesso, s’impara a conoscere veramente un luogo quando cominciamo a vederlo con altri occhi ed è così che si va alla ricerca di certe coniugazioni alimentari che, da ragazzine, difficilmente interessavano.

Ed è lei, mia sorella, che ha scoperto a pochi passi da casa, una realtà che coniuga la tradizione con la sperimentazione e l’innovazione. Si tratta di un progetto della Solar Farm, del Gruppo industriale Tozzi, che si occupa di energie rinnovabili.

Si sa che, quando industria, natura e tradizione si sposano, può uscirne soltanto un matrimonio felice, sopratutto perchè, la natura, non viene stravolta e modificata ma, con l’ausilio di varie sementi per il prato-pascolo, si bonificano i terreni dall’uso incontrollato  nel passato, di fitofarmaci,  pesticidi, antiparassitari, diserbanti e tutto ciò che veniva impiegato per incrementare la produzione agroalimentare.

La Solar Farm, su questi terreni, ha posto in essere pannelli fotovoltaici, per un’estensione di 71 Ha, che non poggiano su fondazioni di cemento armato così da minimizzare l’impatto ambientale.

Ma a che serve seminare terreni a prato-pascolo, resistente alla siccità ed al calpestio, sotto i moduli fotovoltaici?

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Serve a far pascolare circa 600 pecore di razza sarda….Le sementi utilizzate per la semina del prato non hanno  necessità di dissemina per almeno quattro anni. Il pascolo viene gestito da una turnazione in lotti divisi da recinzioni mobili. La rotazione dura circa 2-4 giorni in ciascuna area che viene riutilizzata solo quando l’erba è di nuovo alta 8/10 cm. e, questo, avviene dopo circa un mese. Il gregge pascola libero sotto i pannelli fotovoltaici ma usufruisce pure di  un’area adiacente, dove ci sono  sia la mangiatoia che gli abbeveratoi e i locali per il   ricovero degli animali nei periodi più freddi. Ed è qui che inizia il caseificio col locale della mungitura e lavorazione del latte. Rispetto agli allevamenti del passato, queste aree sono provviste di attrezzature moderne per la salute degli ovini e per garantire il massimo dell’igiene e, pure la  mungitura, è compiuterizzata con stacco automatico per evitare all’animale, lo stress da mungitura. Da qui, il latte, trattato biologicamente, viene incanalato in un laboratorio  dove inizia la preparazione dei formaggi.

La vendita dei prodotti, oltre che in negozi della zona, avviene anche in modo diretto nello spaccio adiacente.

La produzione del Caseificio Buon Pastore, così si chiama, parte dalla ricotta, yogurt, raviggiolo, i cremosi per arrivare ai semi-stagionati con le caciotte e stagionati quali, Romagnolo e Romagnolo al Burson, vino tipico della zona di Bagnacavallo, poco lontana… da qui si passa agli speciali citando il pecorino in foglia di noce, al Bizantino, Teodorico e Dolce Anita menzionando la storia della zona ravennate e poi, dulcis in fundo, il Vecchio Franco che è un pecorino stagionato in fossa per quattro mesi.

Ho voluto condividere questa mia conoscenza perchè è la prima volta che mi trovo davanti ad una sperimentazione che sta dando realmente ottimi risultati per non parlare della bontà dei formaggi che ho avuto la possibilità di assaggiare. E la ricotta? Ottima pure per una deliziosa pastiera napoletana.

Stefania Milani

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