In Polonia il vino di miele è una tradizione da salvare

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Fin dai tempi più antichi il miele d’api è servito agli uomini in tutte le loro economie domestiche.

È stato usato per dolcificare le pietanze, per fare i dolci e anche per conservare gli alimenti e fin dall’epoca precristiana sulle terre dell’attuale Polonia si usa il miele per preparare bevande alcoliche come il vino e la birra di miele. Nel medioevo, a causa della scarsa diffusione della vite nell’Europa centrale per la quale il clima era troppo rigido, i monaci provenienti dal Mediterraneo e dall’occidente fecero propri e perfezionarono gli alcolici locali. I vini di miele d’api diventarono per i frati l’equivalente dei vini d’uva meridionali, tanto che alcuni tipi di vino di miele devono all’origine monastica il loro nome, come il Bernardino e il Cappuccino in Polonia.

Nonostante l’opinione generale, i vini di miele non abbondavano soltanto sul suolo polacco. Tra gli altri Paesi dove il miele era usato per preparare bevande alcoliche c’erano sicuramente Lituania, Russia, Boemia e Moravia, per esempio.

Anche Austria e Germania avevano tradizioni di vinificazione del miele, però di carattere completamente diverso. Infatti, mentre in Europa centrale e orientale si preferivano, per la produzione di vino, dei mieli scuri, caramellati, come quelli elaborati dalle api dai fiori di grano saraceno, in Germania e Austria prediligevano invece quelli più chiari, primaverili, come quelli d’acacia.

Dobbiamo renderci conto che probabilmente i primi vini di miele, come i primi vini d’uva, erano molto diversi dai nostri. In maggior parte erano vini molto secchi e leggermente acidi, come si racconta nei documenti del XII secolo, proprio in conseguenza dell’origine naturale delle colture di enzimi che provocavano le fermentazioni e raramente il tenore alcolico raggiungeva il 10%, mentre oggi è normalmente tra il 12 e il 14%.

Servivano fondamentalmente per accompagnare i pasti, come antesignani degli attuali succhi di frutta, delle composte di frutta cotta e del tè che non mancano mai sulla tavola polacca. Soltanto la successiva introduzione di varietà di preziosi lieviti selezionati, insieme al riscaldamento in acqua dei favi e del miele, hanno fatto raggiungere alla produzione di vino di miele le vette dell’arte e della perfezione.

Anche l’aggiunta di scorze e succhi di frutta, tra cui prugne, lamponi e luppolo, hanno migliorato la qualità dei vini di miele e aumentato l’interesse per la loro produzione, principalmente fra la nobiltà polacca e lituana. Nel tardo medioevo quest’arte e i suoi amatori sono già molto diffusi sul Baltico, nella regione dei laghi Masuri e nella Piccola Polonia. In molti casolari diventa un’attività economica che dà una certa agiatezza e procura importanza, al punto da preoccupare anche la Chiesa. In un documento del XV secolo, l’allora vescovo di Cracovia Zbigniew Oleśnicki stigmatizza ”certe attività” della confraternita dei vinificatori di miele esistente presso la parrocchia di Grybów…

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All’inizio del XVII secolo, però, comincia un calo lento e inesorabile di tutte le produzioni di vino polacche, sia di miele che d’uva, dovuto a cause diverse ma che si riassumono nelle numerose guerre, nella politica dei dazi, nell’importazione di vini d’uva dall’Europa meridionale e nella emergente distillazione di vodka. Anche se la causa principale, almeno per il vino di miele, fu piuttosto la caduta dei livelli di qualità.

Produzioni in condizioni non adatte e sofisticazioni alla produzione, ma anche alla mescita, ne strangolarono il commercio. Resistettero soltanto le vinificazioni di alta qualità dei conventi e dei manieri di campagna della nobiltà. Tramandate di generazione in generazione, ricette immutate nei secoli hanno permesso di conservare gran parte degli incommensurabili valori originari, ma confinate alla realtà locale e alla ormai ridotta scala di produzione avevano perso influenza nel mercato degli alcolici e divennero rarità nel XIX secolo. È di questo periodo il libro di Teofil Ciesielski ”Vinificazione del miele, l’arte di trasformare miele e frutta in bevande” che, ristampato ripetutamente, è ancora oggi uno dei migliori manuali per la produzione dei vini di miele e anche dei vini di frutta.

Nel periodo fra le due guerre mondiali l’attività riprende a Varsavia, Cracovia e soprattutto a Nowy Sąd, quest’ultima visitata con grande curiosità dagli apicoltori di tutta la Polonia perché vi si trasformava in proprio, cioè all’origine, il miele in vino. Grande novità, perché anche le erbe e i succhi di frutta usati per arricchire il miele erano prodotti sulle colline e sulle montagne di questa splendida regione, dando a quei vini aromi e gusti entusiasmanti.

Purtroppo la seconda guerra mondiale ha distrutto completamente tutto in questa zona montagnosa sud-orientale e poi l’applicazione dei patti di Yalta ha completato l’opera cedendo la maggior parte dei territori polacchi da miele all’Ucraina e alla Bielorussia. Nel dopoguerra la produzione passa alle cooperative di Lublino, Cracovia, Poznan, Milejów e Nidzica. Se ne conta ancora oggi qualche decina ma sono tutte ormai privatizzate.

Attualmente si attendono le nuove regolamentazioni che giungeranno dall’Unione Europea per vedere se e come gli apicoltori polacchi potranno produrre e commercializzare ancora i loro vini di miele. Da molti anni ormai si produce questo tipo di vino anche in Austria e Germania, secondo altre regole di vinificazione che però sono completamente diverse e danno solo vini chiari, secchi e con pronunciatissimi profumi di erbe aromatiche.

Invece in Polonia si chiamano vini di miele molte bevande diverse ottenute dalla fermentazione alcolica del miele naturale d’api messo a macerare con acqua, che si distinguono in crude, cioè risultate dalla fermentazione naturale del mosto freddo, e piene, ottenute dalla fermentazione del mosto prima bollito e poi raffreddato. Attualmente non si producono più quelle crude perché possono rilasciare delle sostanze secondarie che rovinano la qualità dei vini.

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I vini di miele polacchi si distinguono fra loro per la quantità maggiore o minore di miele scaldato in acqua:

  • Półtorak una parte di miele per mezza parte di acqua (58-61 gradi Blg) come il Castellano
  • Dwójniak una parte di miele per una parte di acqua ( 48-50 Blg) come Cappuccino, Lituano e Speziato
  • Trójniak una parte di miele per due parti di acqua ( 34-36 Blg) come il Polacco e il Pulito
  • Czwórniak una parte di miele per tre parti di acqua (25-28 Blg) come il Campestre
  • Piątak una parte di miele per quattro parti di acqua (21-23 Blg), secco e alla buona.

Le proporzioni sono in volume, cioè litri o ettolitri. Il grado Balling (Blg) specifica, nell’industria alimentare, la densità della soluzione dolce, dove 1 Blg corrisponde all’1 % in peso di saccarosio nella soluzione. A seconda della densità, la fermentazione è più o meno burrascosa. Maturano prima quelli più ricchi d’acqua, che danno vini secchi dopo circa 6 mesi (Piątak) o al massimo 8 mesi (Czwórniak). Il Trójniak piacevolmente abboccato richiede anche 2 o 3 anni, mentre i più decisamente dolci richiedono anche 8 anni (Dwójniak) oppure più di 10 (Półtorak). Ma più il tempo è lungo e più arricchiscono di finezza, di aromi e sapori.

Produrli in casa è molto difficile, esattamente come fare del buon vino d’uva, perché richiede strumentazioni adatte e la stretta osservanza di regole tecniche e soprattutto igieniche abbastanza complicate, secondo le ricette e i metodi ben descritti da T. Ciesielski e M. Wojtacki che illustrerò più avanti per chi vuole provare a farli.

Si parte sempre e comunque da mieli di altissima qualità (il risparmio in questo caso deleterio) che si possono reperire ancora nelle campagne ma che costituiscono produzioni a scarso valore aggiunto e perciò più facili da abbandonare per andare a cercare la remunerazione altrove. Ecco perché andrebbero tenacemente difese le affermatissime produzioni tradizionali che sono oggi minacciate di estinzione proprio dalla scarsità di guadagno e dalle malcondotte trattative con la CEE.

Esiste veramente il rischio che gli apicoltori polacchi non possano più produrre questi vini di miele come hanno fatto per secoli i loro antenati, se non viene difesa quella tipicità che dà particolarmente fastidio ai teutonici. A dire la verità, a Berlino dà fastidio la tipicità di tutto ciò che non è tedesco, come si è visto anche con certi formaggi regionali e altri prodotti tipici italiani che hanno rischiato e rischiano di fare una brutta fine se non si mostrano i denti a Bruxelles. Ma mentre l’Italia è già saldamente in Eurolandia e con i tedeschi, su tutti i terreni, riusciamo a volte a non fare riverenze e siamo abituati a farci rispettare, per la Polonia è un po’ più difficile e su molti prodotti alimentari l’Italia e la Polonia sanno fare delle battaglie comuni molto bene, come sui formaggi da latte crudo e sulle birre artigianali.

Sarebbe un peccato se si abbandonasse la vinificazione tipica polacca del miele, perché si relegherebbe il magnifico prodotto naturale delle api al ruolo marginale di dolcificatore a un prezzo non competitivo con lo zucchero, che sarebbe il primo passo verso l’abbandono dell’apicoltura.

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Per farlo in casa

Come già accennato poco sopra, produrre vini di miele d’api in casa è un’impresa molto difficile perché richiede attrezzature adeguate e il rispetto assoluto di regole chimiche, tecniche e igieniche da non sottovalutare. Sono certamente facilitati i circa 800.000 produttori di vino italiani, che conoscono bene tutte le principali accortezze e gli strumenti da adottare. Eventualmente ci si può consultare anche con loro. Vale la pena però conoscere bene il procedimento di vinificazione, perché nell’Europa orientale sono in commercio molti di questi vini di miele e l’apertura a Est delle frontiere è già vicina.

Il vino di miele è ottenuto dalla fermentazione alcolica di miele d’api allungato con acqua. L’acqua può essere pura, oppure corretta con mosto di frutta pastorizzato (compreso il mosto di vino) dal 30 fino al 50 %, ma anche con spezie, erbe aromatiche o succhi di frutta, che apportano piacevoli differenze. La vinificazione non si differenzia da quella dei vini di frutta in genere (prugna, mirtillo, ribes nero, ciliegia ecc.).

Ciascuna delle proporzioni e delle ricette seguenti vale per ottenere circa 20 litri di vino di miele. Occorre un pentolone di metallo smaltato o di alluminio capace di almeno 30 litri, due damigiane di vetro da 25 litri in cestino robusto e con tappo di sughero, un tubo di fermentazione inserito in un altro tappo di sughero, un tubo di gomma trasparente per liquidi alimentari e una buona quantità di bottiglie varie e tappi. Tutto va pulito molto bene e sterilizzato molto bene almeno con acqua bollente.

Preparazione della madre della fermentazione

Bisogna utilizzare colture pulite di fermenti (lieviti) selezionati, come quelli che sono in vendita in certi negozi (occhio alla data di attività dei lieviti) o che si usano nelle cantine di produzione di vino, con l’accortezza che siano adatti in modo certo per la vinificazione di vini dolci e/o passiti come Recioto, Moscato, Vin santo e certi Brachetto, Albana, Nosiola, Malvasia. La scelta è talmente importante che decide della buona fermentazione e del tenore alcolico desiderato. In una bottiglietta da un quarto di litro di acqua bollita e raffreddata si versa la dose di fermenti prescritta, si mischia e si tappa con dell’ovatta e si lascia in un posto caldo e buio per 24 ore.

Il giorno dopo si aggiunge un cucchiaino di zucchero, un pizzico di cloruro di ammonio (da 4 a 5 grammi) o due pizzichi di fosfato biammonico (8 a 10 grammi) e si mischia delicatamente. Dopo qualche giorno si formerà uno strato di schiuma che testimonia l’entrata in azione dei fermenti. Successivamente, in una bottiglia da un litro, si versa circa mezzo litro della soluzione miele-acqua approntata per la fermentazione (vedi le ricette) e tutto il liquido dei lieviti in azione nella bottiglietta, e si rabbocca ancora con la soluzione miele-acqua. Normalmente il giorno dopo si mostrerà un’abbondante schiuma bianca o marroncina, che testimonia l’intensa moltiplicazione dei fermenti. Ci vogliono due litri di madre della fermentazione per i vini tipo Półtorak, uno e mezzo per i vini tipo Dwójniak, uno solo per gli altri.

Preparazione del mosto

Nel pentolone si versano le quantità prescritte di miele e acqua tiepida, con l’accortezza di non superare i 2/3 della sua capacità perché ribollendo potrebbe colare fuori. Bisogna segnare, sul mestolo di legno usato per rimestare, il livello della soluzione o la sua distanza dal bordo; servirà per rabboccare alla fine l’acqua che sarà evaporata. Durante la bollitura a fuoco lento, che dura in totale quattro ore, si toglie con un colino la schiuma che si forma e si può aggiungere da subito l’eventuale sacchettino di tela contenente erbe e spezie, ben chiuso e legato, a bollire insieme per un periodo a piacere da mezz’ora a un’ora, per poi toglierlo con il colino. Bisogna rimestare bene fino alla fine della bollitura, poi si lascia raffreddare e si aggiunge l’acido citrico precedentemente sciolto nell’acqua bollita e raffreddata che si aggiunge a reintegro di quella evaporata.

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Fermentazione del mosto

Nella damigianetta sterilizzata almeno da acqua bollente si versa delicatamente il mosto dal pentolone e successivamente la madre della fermentazione dalla bottiglia. Si chiude ermeticamente con il tappo in cui è inserito il tubo di fermentazione, quello attraverso il quale si scaricherà il gas naturalmente sviluppato, ma che impedisce l’accesso all’aria tramite la giusta quantità di acqua che vi si versa e che però occorre rabboccare ogni tanto perché evapora. La damigiana va conservata in ambiente a 18 gradi di temperatura. Dopo un giorno compare una schiuma che testimonia dell’avvio della fermentazione tumultuosa, che può durare da 5 a 10 giorni.

Il passaggio alla fermentazione secondaria, che durerà da 4 a 6 settimane, è reso visibile dalla graduale caduta e scomparsa della schiuma. Subito dopo occorre senza indugio togliere il vino di miele dalle proprie fecce, ne va della sua qualità. Una permanenza prolungata procura retrogusti spiacevoli. Si devono evitare manipolazioni veloci e violente per non inquinare il vino con le fecce e ottenerlo limpido, usando un tubo trasparente pulito con l’estremità da immergere incurvata verso l’alto per non toccare le fecce. Si lava subito e velocemente il tubo di fermentazione per riusarlo sull’altra damigiana dove è stato versato il vino pulito, tappare ermeticamente e mettere a riposo in un locale con temperatura più stabile e più fredda.

Maturazione

La maturazione avviene al buio e a temperature tra 10 e 15 gradi. In questo periodo si controlla sempre il livello dell’acqua nel tubo di fermentazione e si procede a successive periodiche chiarificazioni dalle fecce fino al momento in cui le caratteristiche organolettiche mostrano l’affinamento migliore di trasparenza, colore, profumo e sapore. Nel caso di problemi di chiarificazione si può fare la filtrazione attraverso uno spesso panno bianco sterilizzato oppure un filtro di cellulosa, prima di ricorrere eventualmente alle sostanze chimiche.

Imbottigliamento e conservazione

Occorre prima effettuare la valutazione della fermentazione. Si riempie una bottiglia di vino di miele e la si espone tre o quattro giorni a temperatura ambiente. Se non si intorbida, si può procedere all’imbottigliamento. In caso si preveda anche l’invecchiamento, meglio usare bottiglioni da 5 o 10 litri per poter ancora chiarificare il vino dai suoi successivi depositi. Tutte le bottiglie devono essere sterilizzate col vapore d’acqua ed essere perfettamente asciutte nonché tappate con sugheri di buona qualità, meglio se anche pastorizzate a temperature di 65/70 gradi per mezz’ora perché ciò eviterebbe possibili difetti di rifermentazione.

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Alcune ricette dei vini di miele prodotti in Polonia

Półtorak:13,3 litri di miele (18,6 kg), 6,7 litri d’acqua, 6 grammi di fermenti, 70 grammi di acido citrico. Richiede 2 litri di madre della fermentazione e fermenta molto lentamente, con aggiunte, a volte, di zucchero. Matura in almeno 10 anni, è dolce. Per il tipo Castellano, aggiungere al mosto 20 grammi di luppolo, una bacchetta di vaniglia e 60 grammi di gambi di sedano.

Dwójniak:10 litri di miele (14 kg), 10 litri d’acqua, 7 grammi di fermenti e 60 grammi di acido citrico. Si usa 1 litro e mezzo di madre della fermentazione. Matura in 8 anni, è amabile. Cappuccino: aggiungere al mosto 20 grammi di luppolo e 2 di zenzero. Speziato: aggiungere al mosto 20 grammi di luppolo, 2 grammi di cannella, 2 grammi di zenzero, 2 grammi di noce moscata e 1 grammo di chiodi di garofano. Lituano: aggiungere al mosto 30 grammi di bacche di ginepro e 20 di fiori di sambuco.

Trójniak:6,7 litri di miele (9,4 kg), 13,3 litri d’acqua, 8 grammi di fermenti e 50 di acido citrico. Vuole 1 solo litro di madre e ha una fermentazione molto veloce e violenta, matura in 2 o 3 anni ed è meglio che non derivi da miele d’acacia o di ravizzone (colza). Quello di tipo Pulito, che non vuole nessun aroma, è il migliore, ma si può aggiungere eventualmente al mosto 20 grammi di succo di lampone. Per i tipi Polacco e Russo si aggiungono al mosto 100 grammi di mirtilli, 2 grammi di valeriana e 20 grammi di luppolo. Sono abboccati e migliorano in 5 o 6 anni di maturazione.

Czwórniak: 5 litri di miele (7 kg), 15 litri d’acqua, 9 grammi di fermenti e 40 grammi di acido citrico. Vuole un solo litro di madre della fermentazione, ha una fermentazione violenta e veloce, matura in 6/8 mesi ed è leggermente secco, si consuma l’anno successivo alla vinificazione. Per il tipo Campestre, aggiungere al mosto 20 grammi di luppolo, 5 grammi di cannella, 15 grammi di bacche di ginepro e 2 di valeriana.

Le ricette sono modificabili a piacere secondo l’arte e la genialità, ma si sconsiglia di variare le proporzioni degli aromi aggiunti per non rovinare il sapore né il retrogusto. Eventualmente si può aumentare la quantità d’acqua per ottenere vini un po’ più secchi, sostituire un po’ dell’acqua con del vino d’uva per aumentarne l’acidità, provare con dei succhi di frutta, ma sempre registrando sia le ricette che i risultati, ma anche le note, per poter creare dei vini dal gusto originale e lasciar proseguire quest’arte dai figli e dai nipoti con una base solida di conoscenze già acquisite.

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