Josean Alija l’uomo nato per far felice gli altri
- Giustino Catalano
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La passione di Josean Alija nasce dalla sua infanzia, sin da quando aveva il desiderio di diventare Chef, desiderio che manifestò alla famiglia all’età di 5 anni. Josean vedeva nello Chef una figura professionale con il potere di sedurre il cuore ed il palato delle persone e renderle felici.
La felicità è uno degli elementi che lo hanno spinto e lo spingono tuttora nella professione di chef
Così all’età di 14 anni si iscrive alla scuola alberghiera, impara la cucina basca nei ristoranti tradizionali, ma ha anche l’opportunità di lavorare in numerosi ristoranti d’avanguardia.
Nell’ormai lontano 1998 approda nelle cucine del Guggenheim Museum di Bilbao dove tuttora lavora. Pochi anni orsono Josean è rimasto vittima di un incidente stradale che lo ha temporaneamente colpito di augesia (malattia che ingenera un deficit sui sensi del gusto e dell’olfatto).
Con questo totale “reset” di due sensi così importanti, ha avuto l’opportunità di ricostruire il proprio corredo sensoriale e si è potuto spingere verso la ricerca di nuovi prodotti.
Dal 2003 ha un laboratorio di ricerca che dà lavoro a 5 persone ed è proprietario di un blog www.joseanalija.com dove condivide le proprie esperienze e progetti. “Muina” è la parola scelta dallo chef che in basco (la sua lingua) meglio esprime il loro lavoro.
La cucina del suo locale Nerua di Bilbao (il Nerua è il fiume che attraversa la città di Bilbao) è basata su ortaggi e mare accompagnati con una trentina di salse circa.
Questa è la seconda volta che si avventura sulla mozzarella.
Lo Chef spiega come la ricerca e lo studio delle proposte siano solo uno degli aspetti per il raggiungimento della felicità del cliente. Ogni piccolo aspetto, anche nell’accoglienza e negli strumenti destinati a questa, come anche le sedute, i piatti e tutto ciò che può e deve ingenerare la felicità nel cliente, è per Alija il fine ultimo.
Per Josean, tra i tanti meriti che ha la nostra cucina, c’è indubbiamente il concetto della pasta, che per noi è un prodotto che lui definisce “sociale” e per chi ci vede dall’estero c’è indubitatamente la pasta. Pasta che adopera in alcuni formati come le casarecce o in variazioni culturali che esprimono l’idea di pasta senza doverla adoperare direttamente.
Il piatto che propone è la lasagna, ovviamente non fatta con la pasta ma replicata partendo da delle sottilissime crepes condite con paperoncino affumicato, perle di caseine di latte di bufala, zabaione con la cipolla, olio aromatizzato al peperone.
Alcuni ingredienti che apparentemente appaiono estranei alla nostra idea di lasagna la richiamano sensorialmente. Ad esempio, il peperoncino affumicato richiama vagamente i lembi di pasta fuori teglia leggermente abbrustoliti dal forno.
Altro elemento che ha colpito il suo immaginario da sempre è l’uso del pomodoro che da noi ha impiego vario.
La proposta del Nerua è una serie di 5 diversi pomodorini cotti confit e acqua di capperi. L’effetto è un’esplosione di sapori diversi di pomodoro, di aromi, come origano, basilico, menta, ecc. per completare il boccone con l’acqua di cappero.
Altro piatto proposto è una parmigiana di melanzane ovviamente reinterpretata in chiave “Muina”.
La felicità al Nerua parla anche italiano.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.