Le sarde a "beccafico".

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Una tra le più ricercate ed apprezzate ricette della tradizione siciliana, originaria del palermitano, è in effetti una rielaborazione ed un adattamento di una ricetta nobile, nel senso che solo i nobili di un tempo potevano consumarla adeguatamente, riadattata dai propri domestici e giunta ai giorni nostri.
I beccafichi, in realtà, sono dei passeracei che si alimentano beccando i fichi dolcissimi appena maturi.
Un tempo i nobili, e solo loro, erano usi andare a caccia di questi uccelli che poi gustavano nelle loro mense conviviali insieme agli ospiti.
La sistemazione degli uccelli, ripieni, nei piatti veniva effettuata in maniera che il becco e le piume della coda restassero ben alti e sporgenti così da permettere ai commensali di poterli prendere con le mani e gustarne sia le carni sia il condimento, suggendone anche la colatura di condimento.
Ma si sa che nelle cucine dei nobili lavorano persone di minor grado nella scala sociale e che, indipendentemente dalla loro posizione di sudditanza, essi stessi hanno famiglia e consumano per se stessi e per i loro familiari.
L’unico problema era che non potevano andare liberamente a caccia nelle terre dei loro padroni e giocoforza dovevano adattare gli ingredienti con quanto avevano come disponibilità.
A Palermo, da cui successivamente si andò diffondendo via via in tutte le città e paesi della costa isolana per poi divenire piatto di eccellenza della tradizione sicula, le massaie sostituirono gli uccelletti, estremamente difficili da reperire e comunque eccessivamente fuori della loro portata economica, con le più economiche ed abbondanti sarde di passa che i loro mariti pescatori portavano ogni giorno al mercato ittico, dopo aver trattenuto per se stessi la quota spettante.
Le sarde a beccafico sono, appunto, una modificazione del piatto nobile.
L’origine del nome sta nel fatto che, le sarde a beccafico, una volta servite sul piatto assumevano le sembianze dei beccafichi.
Infatti le sarde, una volta preparate, vengono posizionate con la coda rivolta all’insù, ricordando ed emulando il posizionamento dei loro antenati volatili.
Anche in questa ricetta, come nella pasta con le sarde ed altre ricette siciliane, vi è l’impiego dei pinoli, allora ritenuti un ottimo rimedio alle intossicazioni alimentari, in considerazione del fatto che, il pesce, nelle cucine povere, non sempre era del tutto freschissimo.

Ingredienti (per quattro persone)
1 chilo di sarde fresche
2 bicchieri di aceto di vino bianco
Olio evo
2 limoni da affettare a fettine sottilissime
10 cucchiai di mollica di pane raffermo grattato
100 gr. di cacio cavallo stagionato grattato
100 grammi di uva passa (o uva sultanina)
100 grammi di pinoli
1 cucchiaio di zucchero
Sale e pepe q.b.
Foglie di alloro
Un ciuffo di prezzemolo
Il succo di un limone

Preparazione
Pulire le sarde, diliscarle e privarle della testa. Sciacquarle, asciugarle e aprirle a libro.
Metterle a macerare per circa 3 ore in due bicchieri di aceto di vino bianco.
Preparare la “muddica atturrata” (pangrattato abbrustolito) mettendo in una padella il pangrattato e farlo dorare facendo attenzione a non bruciarlo.
Quando sarà ben colorato levare la padella dal fuoco, unirvi un filo d’olio e amalgamare bene, aggiungendo il cacio cavallo stagionato grattato.
In una scodella unire la “muddica atturrata” con l’uva passa e i pinoli, lo zucchero, il sale, il pepe ed il prezzemolo tritato finemente.
Amalgamare bene questi ingredienti, quindi adagiare su ogni sarda una presa di ripieno appena ottenuto.
Arrotolare le sarde farcite, in modo da ottenere degli involtini che andrete a disporre in una teglia ben oliata, allineandoli l’uno accanto all’altro ed alternandoli con foglie di alloro e fette di limone tagliate sottilissime.
Bagnare con un filo d’olio evo e un poco di succo di limone ed infine spolverarle con pangrattato.
In forno caldo a 160 gradi per circa venti minuti.

Nella zona del catanese, la stessa ricetta vede, dopo aver asciugato le sarde precedentemente macerate nell’aceto, un bagno in due uova sbattute prima della farcitura.
Le sarde, in questo caso, non vengono arrotolate ma poste a sandwich a due a due.
La cottura non prevede l’uso del forno ma la frittura.
Nella zona del siracusano, invece, si usa porre alcuni pezzi di cacio cavallo fresco nella farcia.
Il metodo di cottura è anche qua variabile, in forno o fritte in abbondante olio evo ma se si usa la cottura in forno, si spennellano le sarde con un “salmoriglio” a base di olio, succo di limone e zucchero, per dare quella ulteriore nota agrodolce, tipica delle ricette siciliane.

di Salvo Schiavone
(foto tratta da www.palermoviva.it rimovibile su semplice richiesta)
sarde a beccafico (www.palermoviva.it)

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