L’insostenibilità degli allevamenti intensivi. Un modello che ci ucciderà

L’insostenibilità degli allevamenti intensivi. Un modello che ci ucciderà

26 miliardi di polli allevati in un anno. Di questi 550 milioni in Italia. Più di 10 polli a testa per ciascun italiano, vegani, vegetariani, pescetariani, neonati e consumatori di carne parsimoniosi (come definisco io che mangia carne molto raramente) inclusi.

Una quantità di carne che viene prodotta con razze assolutamente private della dignità animale (pollo broiler – alla lettera pollo da griglia) delle quali parlerò in un’altra occasione e in condizioni assolutamente disumane e di sovraffollamento per il quale reduci dal Covid dovremmo bandire in maniera immediata.

Se i polli sono 26 miliardi la mattanza animale, in un consumo senza freni e condannato da tutti i medici a livello mondiale così come impostato attualmente, si attesta su 70 miliardi di polli (26mld), bovini, suini, ovini, caprini ed equini. Un massacro inaccettabile.

E soprattutto sproporzionato per una popolazione di 8 miliardi di individui dove almeno 3 non accedono per restrizioni culturali, religiose ed economiche al consumo di carne parziale o totale.

Nel 2020, la Commissione al Parlamento europeo  ha lanciato il suo messaggio di allerta: “Esiste un solo pianeta, eppure da qui al 2050 il mondo consumerà risorse pari a tre pianeti.”

Questo avvertimento segna l’inizio della comunicazione “Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare” (COM (2020) 98 final).

Già nel 2022, l’Europa ha esaurito le risorse disponibili per l’anno in corso il 28 luglio, giorno in cui è caduto l’Overshoot Day. L’Italia ha superato questo limite addirittura il 15 maggio.

Questi dati allarmanti sottolineano la necessità di accelerare la transizione verso un modello di crescita rigenerativo che dia più al pianeta di quanto prenda.

Il piano d’azione per l’economia circolare propone una serie di iniziative connesse volte a rendere i processi produttivi più circolari e sostenibili, nonché a trasformare i modelli di consumo per ridurre la produzione di rifiuti.

Uno dei settori fondamentali in cui è necessario intervenire è quello alimentare, come evidenziato nella strategia “Dal produttore al consumatore” (COM (2020) 381 final).

Gli attuali modelli di consumo alimentare sono insostenibili sia per la salute umana sia per l’ambiente.

I regimi alimentari europei non rispettano le raccomandazioni nutrizionali nazionali e contribuiscono all’impronta ambientale negativa dei sistemi alimentari.

Che fare per affrontare questa sfida? A chi compete operare verso questa indispensabile transizione?

La sfida di realizzare sistemi alimentari sostenibili richiede un impegno globale. Tutti gli attori della filiera alimentare, compresi i consumatori, devono assumersi le proprie responsabilità.

Il consumatore gioca un ruolo cruciale nel determinare la sostenibilità del sistema alimentare attraverso le sue scelte di acquisto e consumo.

Un consumatore consapevole può favorire produzioni orientate alla circolarità, influenzare l’impatto ambientale dei suoi consumi e contrastare gli sprechi alimentari.

È importante promuovere scelte alimentari più sane e sostenibili, in linea con le raccomandazioni nutrizionali, per migliorare la salute pubblica e ridurre i costi sanitari.

Si badi. Non si parla di non mangiare più carne ma di farne un consumo adeguato che non presupponga sterminio di vite, allevamenti pericolosissimi per la salute mondiale e che rispecchi delle linee guida in grado di garantire una salute pubblica che, se non osservata, può significare un costo sanitario per la collettività.

Fosse per me proporrei il costo sanitario a carico di chi è obeso a causa di eccessiva crapuloneria (e non da malattie) e non ha mai fatto nulla per evitarne le conseguenze.

Semel in anno licet insanire” dicevano i latini (una volta l’anno è lecito impazzire), si a bagordi (anche quello del cibo è un piacere) ma con giusta misura e non come metodo di vita sistematico.

Inoltre, il consumatore può contribuire attivamente alla riduzione degli sprechi alimentari, che rappresentano una delle principali cause di produzione di rifiuti lungo la filiera alimentare.

E gli imballaggi delle carni, soprattutto nella GDO è importante.

Carne bianca una volta a settimana e carne rossa idem. Sono sufficienti a darci quel carico di amminoacidi e altri elementi che non ricaviamo da proteine vegetali. Carne di qualità. Allevata bene, con mangimi buoni (meglio se al pascolo ove possibile) con un’età adeguata dell’animale prima dell’exitus. Con meno medicinali possibili che rischiano alla lunga di renderci antibiotico resistenti. Con un rispetto animale adeguato sino al momento della sua uccisione che deve essere rispettosa della vita in generale. E adeguatamente frollati e maturati.

Ovviamente per questo bisogna essere preparati a pagare la carne molto di più ma se se ne mangia meno a conti fatti il costo da sopportare è lo stesso.

Ma poi una domanda…. ma voi fareste la brace con la legna di un mobile, ossia un mobile trattato con solventi e lacche? no, ovviamente.

E allora perché dovreste fare eccezione con la carne che a differenza della legna la ingerite anche?

Pensateci.

 

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