Noi che eravamo “mangiafoglie”
- diTestadiGola
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Dietro il cibo che arriva sulla nostra tavola si nasconde sempre qualcosa di non tangibile su cui troppo spesso non ci soffermiamo, vuoi per i ritmi frenetici e lo stile di vita cui siamo sottoposti, vuoi perché inconsapevolmente abituati all’idea della nutrizione come bisogno primario che possiamo soddisfare attraverso il riempimento distratto di un carrello in un supermercato. Dobbiamo imparare a guardare aldilà di ciò che abbiamo dinanzi o recuperare memoria di ciò che stiamo irrimediabilmente perdendo.
Mi riferisco al fatto che i colossi industriali detengono il potere di decidere per noi cosa mangiare, illudendoci persino di scegliere.
Questo lavaggio del cervello subìto inconsciamente grazie ai mass media, ci ha portato al consumo di cibi “plastificati” e di basso costo, così come la grande distribuzione, con cui è impossibile competere per un piccolo produttore, dirotta inevitabilmente verso la scomparsa di piccole realtà contadine o artigianali di trasformazione del cibo, e non solo, legate al nostro territorio e alla nostra cultura, quindi a un’identità fatta di diversità.
Già sapete, e per chi ancora non ne fosse a conoscenza lo ripeto, che sono figlia del Vesuvio e tengo particolarmente alla mia terra, estremamente fertile e ricca quanto a biodiversità, essendo vulcanica. Qui esistono ancora piccoli produttori e artigiani, purtroppo in numero sempre più esiguo, che con estrema difficoltà resistono e continuano a lavorare, nonostante tutto.
Ad animare la “Cena dei Mangiafoglie” del 26 Giugno, nella splendida cornice di Villa Signorini a Ercolano, promossa da Slow Food Vesuvio, è stata la volontà di lanciare il progetto dei “Custodi dell’Agricoltura Vesuviana” a sostegno di tali piccole realtà locali per creare, rafforzare e tutelare una rete o “Comunità del cibo” che, partendo dagli agricoltori, giunga fino al nostro piatto.
Ho potuto finalmente attribuire un volto e un nome a coloro che hanno dato vita e storia alle pietanze servite ai tavoli, così come agli uomini che si battono per queste idee, interpretando il pensiero di Carlo Petrini, e che cercano di dare voce ai senza voce, come il Fiduciario della Condotta Slow Food Vesuvio, Alberto Capasso e la giornalista wine & food writer Marina Alaimo, organizzatrice dell’evento.
I piatti proposti erano tutti a base di prodotti vegetali freschi provenienti da terre Vesuviane e forniti dal punto vendita di Madrenatura Agricoltura Biologica (Via Santa Chiara – Napoli).
A rappresentare le realtà contadine, due donne: Marialuisa Squitieri di Poggiomarino e Libera Feola di Somma Vesuviana.
Diversi gli chef che si sono alternati nella loro preparazione, aderendo gratuitamente all’iniziativa, come Antonella Rossi (Napoli mia), Natale Langella (Villa Signorini), Agostino Volpe (Lombardi a Santa Chiara), Pietro Parisi (Era Ora – Palma Campania), Angelina Ceriello (E Curti – Sant’Anastasia), Paolo Gramaglia (President – Pompei), Ivan Paradiso (Cieddì – Portici) e mettendo a disposizione bravura e saperi.
Alle persone, a questi volti ora tangibili per me, che, come me, credono, dedico i miei versi, scritti proprio a sostegno e solidarietà delle idee che portano avanti e spero non me ne vogliano se userò la parola “mangiafoglie” per la rubrica di cui mi occupo, a testimonianza di quanta importanza io dia a questa causa.
Il più piccolo uomo
L’indocile vulcano contrae le sue viscere
si prepara ad un parto di magma e di lava
la pressione s’avanza la placenta si rompe
e che sia ribellione eruzione di fuoco
ci pensi l’afflato un vagito di zolfo
a render silente il respiro malvagio
di chi questa terra ha messo in ginocchio
perché lui come Dio ne fermi lo scempio
e il più piccolo uomo in questo regime
l’ultimo anello della grande prigione
rimuova la ruggine dalla memoria
riprenda le chiavi riapra i cancelli
possa vivere libero all’ombra del gelso
che il giorno sperato germoglierà
possa cogliere ancora il futuro che lascia
e cantare ogni frutto di un albero in fiore
per fare del pane la sua dignità.
di Liliana Arena