Ristoratori e foodblogger. Youtuber e Repubblica denunciano il “sistema romano” delle marchette

Il racket dei foodblogger sui ristoranti, la denuncia di Franchino er criminale (youtuber che gira i locali della capitale con recensioni in anonimato) e di Repubblica.

Lo chiamano proprio racket, parola forte, perché allude a una sorta di estorsione. L’edizione romana di Repubblica lancia un servizio, a firma di Valentina Lupia, che racconta nei dettagli un fenomeno sempre più diffuso, quello degli influencer e foodblogger che non si limitano a pubblicizzare i locali, ma hanno creato un vero e proprio mercato nero. Chi non paga è fuori. Non è un estorsione vera e propria, perché non c’è intimidazione o richiesta violenta di denaro, ma certo c’è sempre il rischio della recensione negativa e c’è una chiara distorsione del mercato e della concorrenza.

Repubblica tira fuori anche un tariffario: “Per un servizio standard che prevede un reel (ossia un video), un Tik Tok e una sessione di storie di Instagram un ristoratore romano deve tirare fuori 70 euro. Per un pacchetto completo che includa anche sponsorizzazioni e una ” collaborazione” più duratura, anche 1.400 euro al mese“.

Chiaramente il prezzo della marchetta cresce di pari passo al numero dei followers che il foodblogger di turno è in grado di raggiungere. Alcuni ristoratori avrebbero parlato anche di pagamenti in nero.

Ma il problema che accomuna questo tipo di contenuti è un altro.Ovvero non viene quasi mai dichiarato che quella registrata è a tutti gli effetti una pubblicità, non una recensione.

Di solito, alcuni tag dovrebbero avvisare lo spettatore: #invitedby, #giftedby, #suppliedby, nel caso di un invito, oppure #adv o #ad nel caso di un pagamento.

Omettere queste indicazioni rappresenta pubblicità occulta, in violazione di legge. Forse per questo motivo le diciture citate sono apparsi nei post pubblicati su Instagram da tanti influencer, subito dopo la denuncia di Franchino er Criminale. Ma su TikTok, dove i video non sono modificabili dopo la pubblicazione, di questi avvisi non c’è traccia.

E Valerio Massimo Visintin, il celebre recensore mascherato sottolinea che «L’offerta è superiore alla domanda e diversi locali accettano anche di pagare persone per pubblicare post e video sui social per non restare con i tavoli vuoti». Questione di visibilità, ma «visto che parliamo di pubblicità occulta, sono complici. È sempre più difficile distinguere tra chi fa pubblicità e chi informa».

Ecco perchè è sempre più determinante rivolgersi, per comunicare, a strutture professionali che rilasciano regolare fattura.

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