Lo Sciacchetrà è un vino passito dolce, forse il più famoso tra i vini liguri, realizzato nelle Cinque Terre, in provincia di La Spezia.
Siamo nella Riviera di Levante, quella parte del territorio che va da Genova al Golfo della Spezia: una costa frastagliata, con scogliere a picco, insenature, baie e piccole spiagge.
La parte forse più bella e nota ai turisti di tutto il mondo è il tratto chiamato Cinque Terre, in cui si susseguono, come gemme incastonate nella roccia, i borghi di Monterosso al Mare, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore.
Nel 1997, su istanza della provincia di La Spezia, le Cinque Terre sono state inserite tra i Patrimoni dell’Umanità dall’UNESCO.
I boschi che da sempre hanno ricoperto quella costa, nel corso dei secoli e grazie alla pazienza ed al sacrificio degli abitanti, sono stati trasformati in “cian”, terrazzamenti per l’agricoltura, con orti, vigneti ed uliveti.
In particolare per quanto riguarda i vini, il microclima del territorio, la simbiosi che si crea tra il mare e la roccia, le carezze del vento ed il calore del sole, portano a caratteristiche e timbri di assoluta unicità.
Il nome Sciacchetrà sembra derivare da un antico termine con cui si indicavano le bevande fermentate: “shekar”, mentre la tecnica del suo appassimento potrebbe essere stata introdotta a Riomaggiore nell’VIII° secolo a.C. da esuli greci, da cui il nome di “sciacàa.
Per la produzione dello Sciacchetrà si usano prevalentemente uve di Albarola, Bosco e Vermentino, ottenute da vigne spesso coltivate “alla greca”, basse, in cui per la raccolta dei grappoli si deve stare in ginocchio sotto le pergole: tipica modalità di coltivazione delle zone molto battute dai venti.
Lo Sciacchetrà è un vino raro, che si produce in piccole quantità.
Non bisogna naturalmente dimenticare, per completare il quadro, che alcuni dei vigneti sono raggiungibili dai viticoltori solo grazie al trenino a cremagliera.
Sacrifici e fatiche immani, che hanno portato Veronelli a definire quei vigneron “angeli matti” : il perchè “matti” è di facile intuizione, “angeli” per l’importante opera di salvaguardia del territorio e di impedimento alle frane fatta mantenendo i muretti a secco dei terrazzamenti, che modellano e contengono il terreno.
Nel corso dei secoli molti personaggi illustri hanno parlato dello Sciacchetrà, spesso in termini entusiastici: si pensi a Boccaccio, Petrarca, Giosuè Carducci, che lo descrisse come l’essenza di tutte le ebbrezze dionisiache, Giovanni Pascoli, Gabriele D’Annunzio ed il pittore Telemaco Signorini, tanto per fare dei nomi.
Identificato dalla Denominazione di Origine Controllata Cinque Terre, lo Sciacchetrà ha ottenuto anche il riconoscimento speciale del Presidio Slow Food, progetto per il recupero e la salvaguardia delle produzioni di eccellenza.
Le vigne sorgono su piccoli terrazzamenti a picco sul mare, non semplici da raggiungere: qui i grappoli vengono sottoposti a un processo di appassimento del tutto naturale e raggiungono il giusto grado di maturazione soltanto nel mese di novembre inoltrato su apposite graticce che si trovano al riparo dall’esposizione diretta al sole.
Al momento della vendemmia, l’ uva presenta un’elevata concentrazione zuccherina e il colore dei grappoli ricorda le sfumature dell’oro.
Lo Sciacchetrà si accompagna perfettamente ai dolci tipici della zona oltre che ad alcune specialità regionali sia italiane che francesi: il pandolce genovese, il panforte di Siena, il torcolo di Perugia e il pan di spezie tipico di Reims.
Preparazioni meno note, ma da provare, sono quelle che lo vedono protagonista di gelatine e sorbetti.
Caratterizzato da note olfattive fruttate e speziate che ricordano la mela, l’ albicocca, l’ anice, lo Sciacchetrà sembra avere il dono di sprigionare le stesse note salsoiodiche che gli regala il mare.
Il colore dello Sciacchetrà acquista intensità nel processo di invecchiamento: giallo paglierino dorato lo Sciacchetrà più giovane, ambrato con note di oro intenso lo Sciacchetrà più maturo.
La gradazione alcolica minima è del 17%.
Llo Sciacchetrà si presenta al massimo delle sue qualità se servito ad una temperatura di 14°.
Un vino dolce ma non troppo, dunque, che può coronare degnamente un pranzo o una cena importanti.
Un vino tutto sommato secco e al contempo vellutato, capace di migliorare nel tempo.
Molto apprezzato dai giovani, sopra tutto, per la quasi completa assenza di quel gusto “barrique” che caratterizza e nobilita altri vini ella zona, più adatti ad accompagnarsi a pietanze diverse.
Salvo Schiavone