Terra Mia: Fattoria Varramista

varramista

Da sempre l’uomo e il vino hanno avuto storie parallele ma negli ultimi anni fare il vignaiolo è divenuto un mestiere d’arte.

La nuova consapevolezza del rispetto per la natura e la tutela dell’ambiente impongono al produttore obblighi etici e morali. Oggi più che mai rispettare il ciclo di un ecosistema vitale tra vigna, uomo e territorio significa fare vino secondo natura ed essere custodi di un territorio. Fare vino è un lavoro di passione, sacrificio e attesa. 

Ecco alcuni esempi di produttori di sogni e di vino che abitano i luoghi a me più cari. 

 

Varramista, rinomata tenuta toscana, fonde storia e qualità nell’enoturismo. La Villa rinascimentale progettata da Bartolomeo Ammannati ha accolto personaggi illustri, tra cui Antonella Bechi Piaggio e Umberto Agnelli. Immersa in giardini e vigneti offre soggiorni indimenticabili. La millenaria cultura del vino si esprime attraverso i vitigni Syrah (quest’ultimo diventato d’eccellenza negli anni ’90) e Sangiovese. Guidati dall’enologo Staderini, i vigneti riconvertiti producono vini di grande pregio con attenzione particolare per ogni singola pianta. Il processo di affinamento separato per ogni vitigno conferma l’impegno dell’alta qualità attraverso la selezione dei migliori vini per l’imbottigliamento.

 

 

Viticoltori si nasce o si diventa?

Viticoltori si nasce, ma si può anche diventare con l’amore per questo lavoro.

 

Secondo voi territorio e filosofia di produzione sono strettamente correlati?

Certo, valorizziamo ciò che il territorio ci dà: la possibilità di produrre al meglio.

 

La prima vendemmia non si scorda mai! La ricordate ancora? Qual è stato il vostro primo vino prodotto?

Il mio personale è stato il 2001, con un inizio di stagione complicato da una grandinata nel mese di Aprile; l’annata si presentava difficile, ma abbiamo recuperato grazie a tanto lavoro e tanta attenzione. La prima annata etichettata dell’azienda è stata la 1994, quando ancora si facevano le prime sperimentazioni con Syrah.

 

Si coltiva in biologico e poi in cantina che succede? Come viene trattata l’uva accuratamente allevata?

Il biologico è nato dalla necessità di salvaguardare persone, ambiente e vigneti da qui ne scaturisce una pratica enologica volta a valorizzare le caratteristiche di ogni singolo vitigno con fermentazioni con lieviti spontanei e affinamenti separati.

 

Qual è l’etichetta aziendale che più vi rappresenta?

Varramista. Amo pensare che quando si apre una bottiglia di questo vino si vada subito col pensiero a quella villa, a quel giardino che portano con sé tanta storia e tante storie.

 

Diamo i numeri: quanti ettari, quanti ettolitri, quante bottiglie prodotte ad oggi.

14 ha, 450hl, 30.000.

 

Qual è ad oggi il vostro traguardo più grande?

Portare i clienti in azienda, consolidare i mercati esteri con i quali lavoriamo già, aprire nuove operazioni commerciali con molta attenzione, in modo da garantire cura e sostegno ad ognuno di questi in modo adeguato.

 

Con quale varietà d’uva che non allevate vi piacerebbe misurarvi?

Direi che non ce n’è una in particolare. Potrebbe essere interessante tentare la strada con un vitigno autoctono come il Foglia tonda.

 

Che rapporto avete con gli altri produttori del vostro territorio? Esistono condivisioni e interessi comuni?

Direi ottimo in stretta collaborazione. Facciamo parte del Consorzio Terre di Pisa e con questo progetto lavoriamo tutti per far conoscere questo territorio in Italia e all’estero.

 

Molte aziende di vino con vigne e cantina si sono organizzate per l’accoglienza e il soggiorno oltre che per visite, tour e assaggi. C’è differenza tra turismo ed enoturismo per voi? La scelta di raccontare tutto ciò che gira intorno al vino e al servizio offerto a scapito del prodotto è giusta?

Noi abbiamo la fortuna di poter lavorare su entrambi i fronti e sì sono due cose diverse; la fruizione da parte del cliente è diversa. Il cliente che sceglie Varramista per le sue vacanze estive ha necessità di rilassarsi e di prendere tutto il sole della Toscana per fare scorta per l’inverno, è un turista che puoi coinvolgere nella degustazione e nella visita della cantina, ma non è sempre detto che sia interessato. Acquista il vino durante il soggiorno, può acquistarlo quando torna a casa, non sempre è un vero e proprio wine lover. Lo dico come dato statistico. Poi c’è il wine lover, italiano o straniero, che gira per cantine, visita, assaggia e ha curiosità per tutto ciò che sta dietro o dentro alla bottiglia: dalla storia della cantina fino ad arrivare alla degustazione verticale del Varramista per capire le differenze tra le varie vendemmie. Il pubblico è molto variegato, l’aspetto principale della nostra accoglienza è proprio quello di capire chi si ha davanti per calibrare l’esperienza che gli proponiamo. Al centro c’è sempre il prodotto anche se possiamo raccontare in tanti modi diversi.

 

Per qualcuno il futuro del vino comincia dall’etichetta, passando per la comunicazione, la fidelizzazione e l’economia circolare (come la sostenibilità). Quanto sono importanti la divulgazione e l’uso dei social-media per il vostro lavoro? Il digital marketing è una nuova risorsa per il mercato o un costo aziendale in più?  Qual è il futuro del vostro vino?

E’ necessario avvalersi degli strumenti che il mondo del marketing mette a disposizione, sono importanti sostenitori e li utilizziamo proprio per arrivare ai clienti, targettizzando le proposte. Non ne facciamo un uso massiccio, potremmo fare anche molto di più, ma questo dipende sempre dalla mission aziendale. Il passaparola, che sembra antiquato, è sempre più importante, nonostante l’era digitale, partecipare alle fiere, dove si incontra il pubblico, è quello che ha fatto la differenza negli ultimi 5 anni. Dal futuro ci si aspetta che il lavoro fatto negli ultimi anni dia i suoi frutti, pochi clienti per volta, ma buoni clienti, affezionati e fidelizzati che si trasformano in nostri sponsor.

 

Si diventa vecchi ma mai quanto una vigna che ci sopravvive. Dove vi trovo tra 20 anni?

A sperimentare ancora cosa sarà possibile fare con il nostro Syrah e con i cambiamenti climatici e ad assaggiare le annate che intanto avremo tenuto da parte per fare delle verticali dei 50 anni del Varramista.

 

Non tutti sanno che…

Tra i membri della famiglia Capponi, proprietaria di Fattoria Varramista tra il 1400 e il 1953 si annovera Maria Maddalena Frescobaldi Capponi (1771 – 1839), madre del noto pedagogista e statista Gino Capponi. Donna di grande umanità, educatrice e fondatrice della congregazione delle Suore Passioniste di S. Paolo della Croce, che accoglieva ed istruiva le giovani donne in difficoltà nella Firenze della prima metà del 1800.

 

Varramista

 

 

https://www.varramista.it/it/

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