Zampina e Cervellata: delizie della braceria murgiana

Zampina e Cervellata: delizie della braceria murgiana

Zampina e Cervellata: delizie della braceria murgiana

Tra le tue spire tenere e calde mi perdo delicato sapore di pastura il frumento dei colli della Murgia e l’erba salvia dell’antico tratturo viene dondolando la gregge. (Dino Bianco)

A questa popolare preparazione norcina va ascritto il primato anagrafico delle sagre italiane dedicate ai produttori di  “cibo di strada”.

Si troverebbe in questo, appunto, la primogenitura tricolore delle feste a tema gastronomico ora divenute estremamente popolari non solo tra gli “under 30, ma in tutte le fasce di età.

Tanto che dal  1967, per la zampina, e dal 1973 per la Cervellata questi insaccati freschi sono entrati nei desiderata di viaggiatori e gastronauti  grazie alle rispettive Sagre dedicate.

Pare che  Luigi Veronelli (nientemeno), estasiato dai sapori, ne quotò le espressioni gustative da definire omerica la zampina  di carni miste (maiale escluso) arrostito sulle braci.

Questa salsiccia ha chiare origini Kosher a giudicare dagli ingredienti che, nell’iniziale ricetta,  non comprendono carni suine.

Pertanto: carne ovina, carne bovina, formaggio pecorino o vacchino da grattugia, basilico,  sale e prezzemolo…( e col tempo tartare di pomodorino sgocciolato o San Marzano, acqua frizzante, meglio se del vino rosso) per mescolare meglio l’impasto.. e altre (erbe aromatiche del territorio) con percentuali differenti a seconda dalla tradizione del norcino fabbricatore.

Nel tempo si sono inseriti degli aggiornamenti con carne suina e caprina ed i confini con l’atra “girella” pugliese, LA CERVELLATA, si sono progressivamente affievoliti.

Entrambe registrate negli elenchi PAT dalla stessa data, 2001, si affrontano sistematicamente in un piacevole “certame” gastronomico fatto di sagre, di primati, di mitologia e di tutto ciò che l’oralità popolare riesce ad inventare.

Da tempo sia l’una che l’altra, vengono comparate alla gemella  salsiccia piemontese detta “di Bra”, nota per essere consumata cruda dopo accurato abbattimento.

Si sa, però, che la carne ovicaprina di cui alla originale ricetta delle nostre due consorelle dalle sontuose spire, mal si presta a tale uso.

Moderne derive ne hanno modificato sostanzialmente la ricetta sostituendo quasi integralmente la carni ovi caprine da favorirne l’uso quale crudites.

Sia ben certo che si tratta di due  insaccati “light” in quanto pur attingendo  per il 30 % alla frazione lipidica delle carni, all’alleggerimento del variegato assemblaggio concorre, sul tal quale , una importante frazione liquida (del 50% e più), rappresentata  dal pomodoro o dalla salsa di pomodoro e dall’acqua frizzante o vino.

A discapito delle rispettive ricchezze, come da copione, le rispettive sagre Torittesi e Sammichelesi,  si celebrano, ahimè,  negli stessi giorni “settobrini ” (fine settembre ed inizio ottobre) ed in contemporanea, a dimostrazione  efficace che il campanilismo deride ogni tentativo di valorizzazione e di richiamo turistico per qualsiasi comunità del cibo.

LA CERVELLATA (PAT)

La ‘cervellata’ si presenta come un classico insaccato fresco, in budella naturali.

Si utilizza una miscela di carne costituita dal 70% di carne bovina e 30% di carne suina .

Alla carne tritata si aggiungono aglio, basilico fresco e/o prezzemolo, formaggio pecorino locale grattugiato, sale, pepe nero macinato e acqua

In generale, la salsiccia viene allestita in girelle del diametro di circa 12 cm che, per l’appunto, ricordano le volute cerebrali quando vengono servite nel piatto di servizio a spire giustapposte, da cui il nome “cervellata”.

Il colore è variabile e dipende dalle carni utilizzate, presentando tonalità che oscillano dal rosa scuro al rosso chiaro. L’odore è caratteristico e deriva dal connubio degli odori tra carne e formaggio.

LA ZAMPINA

Da Sammichele  parte con il nomignolo di zampina, nome che deriverebbe dalla fattura del manico dello spiedo da cui viene trafitta e sostenuta durante la cottura alla brace, che ricorda, appunto,  la zampa di una gallina.

Ma anche per la particolare foggia che la contrappone allo zampone emiliano pur se la leggenda narra cose differenti sulle quali, per onestà , trascuriamo di addentrarci giacché difficili da documentare.

Detto ciò mi piace ricordare che la popolarità e la leggerezza di questo prodotto ne hanno garantito, nel tempo, la colonizzazione a macchia d’olio sino alle porzioni più settentrionali  della provincia di Bari, ora divenuta BAT.

Qui, come nel caso dello storico ristorante “Antica Cucina 1983”, la troviamo costantemente per la cena di fine anno, in consolidata vicinanza alle lenticchie.

L’origine koscher della ricetta sarebbe confermata non solo perché ne escludeva rigorosamente  le carni suine, ma anche da alcuni frammenti di storia legati al famoso Michele Vaaz.

Questi era il feudatario di origine portoghese e di religione ebraica, che nel 1609 era proprietario del borgo che si sarebbe chiamato Casal San Michele e poi Sammichele di Bari.

 

Sammichele ha un’origine relativamente recente.

Viene fondata intorno ai primi anni del XVII secolo ad opera di un mercante ebreo portoghese – Michele Vaaz -, divenuto poi cattolico, che intorno alla Rocca, nota come il Castello, fa erigere 87 “vignali” (casette con una pianta di vite sulla porta).

I primi ad occupare questi appartamenti furono circa 460 profughi dalmati che scappavano dall’invasione turca, portando con se cultura e tradizioni culinarie, da qui probabile origine della focaccia “a livre”,  focaccia a libro

La vera storia della zampina di Sammichele

Quella di aver fatto ricorso a un vezzoso diminutivo in contrapposizione al più noto zampone emiliano è verosimile o quasi  “verità” – tra virgolette – perché scaturita più dalla leggenda che da documenti

Ecco uno spaccato di cultura popolare, che qui mi piace richiamare, traendo spunto dalla pubblicazione curata da Progedit – Bari 2010 – “I racconti della pentola: Storie per donzelle e cavalieri di gola, del compianto Vittorio Stagnani.

“La Tradizione vuole che la zampina venga arrostita e divorata all’aperto dopo essere stata preparata a spirale e infilata in lunghi spiedi posti su brace di legno di olivo o di carbone”.

“Inoltre, va consumata a scottalingua e accompagnata da pane casereccio, formaggi freschi o stagionati, olive, ravanelli, sedano e vino primitivo nero e tuest, cioè non meno di 18°” (tale era il vino ignorante prodotto spesso con metodi impropri, ma che comunemente veniva definito “nostrano”).

Ma, parlando al presente, è gradita la testimonianza di un raffinato gastronomo di certa origine sammichelese Giancarlo Ciccarone, Patron della gastronomia  “CacioTarallo” in Torino.

IL FORNELLLO

“Nasco alla fine degli anni sessanta a Sammichele da una famiglia di lontane origini abruzzesi, pastori transumanti che svernavano  nel basso tavoliere delle Puglie per gestire al meglio i propri greggi di bovini.

Mio  padre Veterinario, mi insegnò a mescolare gli ingredienti base della zampina ancor prima che frequentassi le Elementari.

Per un Casalino, nome degli abitanti di Sammichele, la Zampina, con tutte le sue nuove derive fusion, è parte del proprio DNA, mentre per gli storici avventori dei “fornelli del Casale” le macellerie che a cena diventano osterie, il fornello Murgiano nascerebbe proprio  qui!

 LE MURGE

Le Murge sono un comprensorio collinare presente in 5 province confinanti, da Brindisi a Bari, da Taranto a Matera fino alla BAT.

Sempre la “scuola paterna” mi insegnava che in tali preparati sono essenziali due cose:

  1. in primis il rispetto della ricetta originale, segreta e spesso diversa in ogni famiglia,
  2. in secundis, ma non meno importante, che la qualità e la tracciabilità degli ingredienti che li compongono devono essere certe.

Sono passati decenni, ma tali insegnamenti sono caposaldo nella mia cultura lavorativa, e la qualità non presume scorciatoie.

L’INSACCATO A MARCHIO “CASALE”

A dieci anni, ci trasferiamo a Bari e quindi, anni dopo,  gli amici, solitamente il sabato, proponevano di andare a mangiare non la  pizza ma la zampina del “ Casale”, solo se c’ero anch’io sia  per mangiar bene che per cercare di avere uno sconto sul conto ed alla fine ne uscivamo sempre soddisfatti. 

Con il passare del tempo, la diffusione e la nomea della Zampina è diventata sempre più importante superando i confini paesani.

Inizialmente in paesi vicini, dove alcuni macellai si arrogavano l’originalità della ricetta, e quindi d’interesse per società alimentari che cercavano di “far proprio” o brandizzare il nome Zampina.

Per aver maggiore visibilità di mercato proponendola in territori regionali o addirittura nazionali, creando ovvi malumori, finché , grazie ad un comitato di tutela, è stata inserita nell’elenco nazionale dei PAT (Prodotti Agro-alimentari Tradizionali).

Nel lontano 2001 la nostra zampina viene registrata oltre che PAT, anche a Marchio ® da una potente Industria alimentare Pugliese, La Siciliani SPA.

La Siciliani ne modernizzò la ricetta, sottraendola al limite imposto dalla tradizione kosher di origine, integrandovi abilmente il 40% di carne suina.

Questa registrazione con variante cagionò qualche fastidio persino ad Eataly Bari che aveva aperto i battenti  nel 2011 e ponendola in grande spolvero nei banchi del loro reparto macelleria.

Eataly  fu costretta a modificare il nome dell’insaccato in Salsiccia tipo Zampina, giacchè la Siciliani SpA , che ne deteneva  il marchio, si fece sentire per le vie legali.

Il prodotto ora è facilmente reperibile un pò ovunque nella regione e, fatte salve le inevitabili differenze di interpretazione, si consiglia sempre in versione “scelta” onde evitare le facili contraffazioni cui un impasto di carni macinate e grasso può esser facilmente esposto.

suggerisce ancora Giancarlo Ciccarone su cottura ed abbinamenti di zampina e cervellata:

  • che il fuoco di brace venga acceso solo con legna e senza attivatori chimici, perché i gas da questi sprigionati, “inquinano” sapori e profumi della carne.
  • che il tempo di cottura circa 15 minuti girando lo spiedo almeno 2 volte per parte.
  • potreste cuocerle  anche usando una padella senza olio e ben calda, a fiamma viva, facendo girare la girella per 5 minuti circa per lato.

consigli di degustazione:

  • Vino, personalmente trovo un ottimo abbinamento con un calice di rosato fresco, da uve Primitivo di Gioia del Colle, Aglianico del Vulture, un Nerello Mascalese dell’Etna o un Pinot Nero; temperatura di servizio, intorno ai 10° .

Qualche semplice consiglio su come muoversi a Sammichele :

  •  Forno a Legna di Marianna Spinelli, (focaccia a libro) Via Dogali, 9-15, Sammichele di Bari, 080 891 0369
  • Macelleria La Tradizione Via Dino Bianco, 38 – cap. 70100. 0808917070

Bracerie:

  • La Tradizione Fornello Pugliese viale Della Resistenza, 68 tel. 8918467
  • 4 Miglia Ristorante Braceria via Giuseppe Di agno, 2 – cell. 3926503088
  • Braceria Al Borgo Antico B&B via Giulio Cesare, 17 tel.0808917227

 Qualche semplice

consiglio su come muoversi a Toritto:

 Braci-macellerie

 Caputi –  Via Favaro, 3, 70020 Toritto BA Telefono: 339 383 0723

Scarangella – IndirizzoVia Alcide De Gasperi, 14, 70020 Toritto BA Telefono: 080 602760

Digiosa – Via pedali della murgia , Toritto, 70020

Acquisto mandorle

Tenuta Donna Francesca – contrada Le Matine – 70032 Mariotto (Ba) – tel. 339.1773802 – info@donnafrancesca.it

Fattoria della mandorla Via Belvedere, sn, 70020 Quasano, Toritto BA – RECAPITI 0809926067 – 0809955392

Ordini@fattoriadellamandorla.it

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