Il mondo è bello perché non sta mai fermo.
E così, dopo aver già descritto in un precedente articolo le tragiche realtà contemporanee di questa piccola nazione, la più povera d’Europa, per sponsorizzarne soprattutto i vini poiché rappresentano un vero motore per la sua rinascita, mi preme farvi partecipi delle impressioni di Agnieszka Żak che qualche anno fa aveva intervistato l’addetto commerciale dell’Ambasciata della Repubblica di Moldova a Varsavia per l’allora rivista Świat Alkoholi e di cui vi traduco il testo in due parti. A quel tempo la Moldova produceva il triplo del vino che produce oggi. Se ricordo bene mi sembra 800.000 ettolitri di spumanti, 350.000 ettolitri di vini di qualità e 3,85 milioni di ettolitri di vino comune. Con lo scioglimento dell’URSS e l’indipendenza dal 1991 sono state eliminate le restrizioni sull’attività commerciale con l’estero, si è avviato subito il processo di privatizzazione delle circa 300 aziende statali nei settori più vantaggiosi, che sono quelli del tabacco, della produzione agricola e dell’allevamento, ma soprattutto quello del vino, attraverso finanziamenti diretti e svolgimento di gare o aste per investitori locali o stranieri. Ma vi lascio subito al testo di Agnieszka.
Il traduttore: Rolando Marcodini
I nidi delle cicogne e il vino (parte 1a)
La campagna moldava è un posto estremamente benevolo per gli stranieri. I viandanti vengono dissetati con la rinfrescante acqua fresca attinta direttamente dal pozzo e rifocillati con le squisite focaccine ripiene di confetture casalinghe. Il folclore locale è indissolubilmente legato al vino, che accompagna sia i giorni feriali che quelli festivi. Nel pittoresco paesaggio agricolo moldavo, i nidi delle cicogne sono l’elemento caratteristico. Non è un caso che il simbolo del vino moldavo sia proprio una cicogna che trasporta con il suo becco un grappolo d’uva.
Una leggenda del posto racconta che un’enorme armata nemica aveva attaccato per mesi la fortezza di Soroca, ma non era riuscita a conquistarla a causa delle cicogne. I bianchi trampolieri, portando ai propri pulcini le uve dei vigneti vicini, avevano rifornito così anche i soldati che combattevano nella roccaforte. Queste uve avevano ricostituito le forze vitali dei soldati e permesso perciò la difesa fino all’arrivo dei rinforzi per la vittoria finale. Nonostante i lunghi e spossanti combattimenti nessuno dei soldati morì e nemmeno subì delle gravi ferite. In campagna questa leggenda è conosciuta anche dai bambini più piccoli. Da allora, come segno di gratitudine, i Moldavi danno il benvenuto alle cicogne in primavera, quando queste tornano dai Paesi lontani, e le salutano in autunno, quando ripartono alla ricerca di posti più caldi. I contadini sono contenti se questi uccelli nidificano nelle vicinanze delle loro case, credono che portano fortuna e abbondanti raccolti, ma anche che rendono celebre la Moldova e il suo vino negli angoli più lontani di tutto il mondo.
Il legame simbolico del vino con le cicogne si è radicato a lungo nella coscienza degli abitanti della storica Bessarabia (come si chiamava anticamente la Moldova).
Qui quasi tutti posseggono una vigna, una cantina e tutto quello che è necessario per produrre il vino in casa propria e già da secoli il lavoro dei vignaioli è accompagnato in campo dalle cicogne. La coltivazione dell’uva in campagna non raggiunge però delle grandi dimensioni, poiché il vino nei piccoli borghi si fa soltanto per uso domestico.
”È un’arte straordinaria costruire una buona cantina, nella quale la temperatura non possa superare i 17/18°C”, dice Gheorghe Soltan, addetto commerciale dell’Ambasciata della Repubblica di Moldova. ”Soltanto in queste condizioni si può ottenere un vino di alta qualità. Il vino ha bisogno di pace, non si può disturbarlo. I vignaioli credono che interagisca con l’ambiente. È sensibile alla luce, all’aria, alla temperatura, alcuni affermano che perfino la presenza di una persona nervosa, di cattivo umore, possa guastare una botte di vino”.
In campagna si coltivano prevalentemente uve rosse; il vino bianco è bevuto piuttosto occasionalmente durante le feste famigliari eccezionali. Ogni agricoltore moldavo offre il vino ai propri ospiti, anche con le pietanze preparate per le occasioni speciali, nella cosiddetta ”casa mare”, una stanza tradizionale che si trova in ogni casa, dove hanno luogo tutte le più importanti cerimonie famigliari.
I Moldavi sono famosi per la generosità e la cordialità con cui accolgono gli ospiti.
Ma perfino nei contatti quotidiani con il vicinato si trattano reciprocamente con una gentilezza eccezionale; perfino le visite più brevi, per esempio per il prestito di qualche attrezzo agricolo, devono essere sigillate dal bere insieme un calice di vino rosso. Spesso durante i banchetti si può ascoltare il motto moldavo ”Dio ama la trinità”, che è un invito a bere appunto tre calici di vino. Non bisogna preoccuparsi, questo rinfresco sicuramente non rovina la salute a nessuno, il vino contadino è fatto soltanto con sostanze naturali, senza usare la benché minima quantità di conservanti.
”In campagna i vignaioli pensano che per riconoscere tutte le qualità di un vino e accarezzare i segreti del suo sapore, bisogna berlo direttamente dalla botte”, continua Gheorghe Soltan. ”Soltanto allora abbiamo la possibilità di scoprire tutta la ricchezza dei suoi aromi. Perfino durante il breve trasporto del vino dalla cantina alla casa si può perdere qualcosa di irripetibile e inafferrabile delle sue peculiarità. Alcuni sostengono che sia… l’anima”.
La coltivazione della vite dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica ha sempre occupato il posto principale nella vita della campagna. Il vino fatto in casa non ha perso assolutamente la sua qualità e la vita quotidiana è allietata come prima da un calice di buon vino rosso.
”Ogni agricoltore in Moldova coltiva la vite e possiede una propria vigna”, afferma Jurij Kasjanow, proprietario della ditta polacca Winnice Mołdowy (trad. vigneti moldavi). ”Questa tradizione è sopravvissuta nonostante diversi vortici della Storia. L’abitudine di fare e di bere il vino per gli abitanti della campagna è una parte integrante del colore locale. Dopo la conquista dell’indipendenza in Moldova i contadini hanno continuato a produrre sempre dei vini gustosi, leggeri, fatti con metodi naturali e tradizionali. Il vino è una bevanda alcoolica popolare e stabilmente presente sulla loro tavola”.
L’autunno dorato moldavo
In autunno i cortili delle case di campagna diventano delle cantine in miniatura. Le uve fresche vengono raccolte a mano, messe sotto il torchio e pigiate. Successivamente il ravak, cioè il mosto pigiato dalle uve, è versato nelle botti, dove maturerà a lungo, finché diventerà vino. Durante molte solennità contadine regionali, tra cui quella dell’assaggio del mosto dolce, gli ospiti sono i benvenuti. Gli agricoltori li invitano nei propri cortili e con orgoglio condividono con loro il frutto delle vendemmie nelle proprie vigne. Volendo far piacere al padrone di casa non si può lasciare del vino non bevuto perché, come dice il proverbio moldavo, ”quanto vino lasci, tante lacrime provochi al fattore”.
”Le vendemmie autunnali sono un avvenimento profondamente radicato nella cultura e nella tradizione della campagna moldava”, ricorda Gheorghe Soltan. ”Le accompagna un’aureola da cerimonia religiosa e straordinaria, durante la quale Madre Natura si offre generosamente agli abitanti. Le vendemmie normalmente cominciano alla fine di settembre o all’inizio di ottobre. Qualche giorno prima del loro inizio, i famigliari di ogni agricoltore preparano speciali ceste per le uve. Per questo avvenimento le donne preparano delle pietanze che non sono dei piatti quotidiani, ma per le feste tradizionali e popolari. In questo periodo la più gustata è la zeamã de pui, una zuppa di pollo bollito con verdure e gnocchetti fatti in casa,. Ma sulla tavola deve necessariamente trovare il suo posto il popolare manicaretto moldavo, la mămăligă, cioè la polenta spessa che si taglia però con un filo e non con il coltello. Al terzo posto del menu moldavo in occasione della vendemmia c’è il brânză, cioè il pecorino fresco, oppure quello stagionato dal sapore piccante“.
Alla vendemmia partecipa tutta la famiglia, ma se il raccolto è eccezionalmente abbondante si chiede anche ai parenti lontani di dare una mano.
Questo aiuto reciproco è molto comune ed è impiegato fin dai tempi più antichi. Secondo le credenze locali si lascia appeso un grappolo ad ogni ceppo. Questo gesto simbolico è il ringraziamento a Dio ed a tutta la natura per il buon raccolto. Alla fine di ogni giornata le uve vengono portate a casa, dove attende una tavola copiosamente imbandita per tutti i membri della famiglia che si raccolgono per il convivio.
(… continua il prossimo mercoledì, ndt)
Agnieszka Żak
Ha smesso di giocare in cortile fra i cestelli dei bottiglioni di Barbera dello zio imbottigliatore all’ingrosso per arruolarsi fra i cavalieri di re Nebbiolo e offrire i suoi servigi alle tre principesse del Monte Rosa: Croatina, Vespolina e Uva Rara. Folgorato dal principe Cabernet sulla via dei cipressi che a Bolgheri alti e stretti van da San Guido in duplice filar, ha tentato l’arrocco con re Sangiovese, ma è stato sopraffatto dalle birre Baltic Porter e si è arreso alla vodka. Perito Capotecnico Industriale in giro per il mondo, non si direbbe un “signor no”, eppure lo è stato finché non l’hanno ficcato a forza in pensione da dove però si vendica scrivendo di vino in diverse lingue per dimenticare la bicicletta da corsa, forse l’unica vera passione della sua vita, ormai appesa al chiodo.