La torta di Biancaneve e il tè di Alice, il pollo de La Spada nella Roccia e gli spaghetti con polpette di Lilli e il Vagabondo. Fino ad arrivare alla celebre ratatouille dell’omonimo film Pixar, che ha fatto sognare cuochi e appassionati di cucina di tutte le età, i tamales di Coco, gli spaghetti al pesto di Luca, i buñuelos di Encanto e gli edamame di Red. Ma ci sono state anche le bellissime animazioni di Miyazaki, dove il cibo è onnipresente, simbolo di interazione e crescita, e dagli anni ’90 la DreamWorks, che ha dato vita a due dei lungometraggi più amati da adulti e bambini, Shrek e Kung Fu Panda (quest’ultimo sul cibo ha puntato molto, tra ravioli al vapore e noodles con “ingrediente segreto”), senza dimenticare i lavori di Tim Burton. Non importa quale sia la casa di produzione, il cibo nei film d’animazione è goloso, godurioso, colorato, seducente. Finto eppure così allettante, perfetto nelle sue forme precise, i colori saturi, l’aspetto invitante. Presente fin dall’inizio, col tempo si è fatto sempre più strada nel mondo animato, alle volte diventando il reale protagonista della storia, altre facendosi carico di significati profondi, messaggi fondamentali per l’evoluzione dei personaggi, altre ancora, più semplicemente, a rappresentare la quotidianità di una famiglia, un territorio, una tradizione. Ora magico, ora realistico, sempre più dettagliato. Cibo e cinema sono un binomio perfetto.
Le origini del cinema d’animazione
Il primissimo lungometraggio della storia porta la firma di Lotte Reiniger, fin da bambina alle prese con la creazione di figurine di carta: nel ’26 esce il suo film a silhouette in bianco e nero, “Achmed, il principe fantastico”, una storia ispirata all’atmosfera magica de “Le mille e una notte”, tutta elaborata con marionette di piombo e cartone. A permettere questa mossa avanguardista è stato Charles-Émile Reynaud, l’inventore del théâtre optique, una macchina che permetteva di proiettare su un telo dei disegni attraverso un gioco di specchi, creando lo sfondo con una lanterna. Nel ’23, intanto, nasce la Disney Brothers Cartoon Studio: cinque anni dopo, parte la serie animata Mickey Mouse (“Tutto è cominciato con un topo”, avrebbe detto tanti anni – e successi – dopo Walt in persona), ma la vera fama arriva nel ’37 con Biancaneve e i sette nani, che tra le varie riproposizioni ha incassato più di 418 milioni di dollari in tutto il mondo. Che piaccia o meno, alla Disney bisogna riconoscere il merito di aver creato un vero impero attorno all’animazione, anche grazie ai parchi a tema (il primo, nella periferia di Los Angeles, è stato inaugurato nel ‘55) e i gadget correlati. Citare tutti i cibi più belli dell’animazione internazionale sarebbe impossibile, ci concentreremo dunque solo su alcuni della Disney, che dal 2006 comprende anche la Pixar.
Il cibo nei film Pixar: Ratatouille e Luca
È il film sulla cucina per antonomasia, la storia del topolino amante del cibo che guida l’imbranato lavapiatti ai fornelli: Ratatouille mette in scena moltissime ricette gustose, ma la più famosa è quella del titolo, che nel temuto critico Anton Ego suscita emozioni profonde. Curiosità: la ricetta del film, presentata in maniera più elegante rispetto all’originale (che altro non è che un semplice mix di verdure cotte in pentola), sembra sia stata ispirata da Hélène Darroze, la chef imprenditrice cresciuta alla corte di Alain Ducasse (a contribuire all’immagine del critico Anton Ego, invece, sarebbe stato l’italiano Luigi Cremona). Tanto cibo anche in Luca, film del 2021 che racconta l’estate italiana di due mostri marini che si trasformano in esseri umani non appena mettono piede sulla terraferma, appassionati di trenette al pesto. Del resto, già il cortometraggio Bao del 2018, che ha come protagonista un raviolo cinese, preannunciava l’interesse crescente della Pixar verso il cibo…
Encanto, Red e il potere del cibo
A pochi mesi di distanza Luca, nelle sale arriva Encanto: in una famiglia colombiana in cui ogni membro è dotato di poteri magici, Mirabel deve fare i conti con la sua “banalità”. Il cibo entra prepotentemente in diverse scene, e rappresenta il potere di mamma Julieta, capace di curare le ferite con i piatti preparati in casa, come la arepa, una focaccina bianca di mais, o il buñuelo, una frittella tonda dolce. Il 2022 è il momento di Red, l’ultimo capolavoro della Pixar che racconta con delicatezza – ma nessuna edulcorazione – la fase dell’adolescenza, mescolando elementi tipici delle anime giapponesi a un’animazione più classica senza mai risultare fuori tempo. Toronto, 2002: la tredicenne Mei Lee è alle prese con le prime cotte, i primi impulsi fisici (per la prima volta si parla anche di mestruazioni), quando tutto a un tratto si trasforma in un panda rosso. Sono le sue emozioni più intime, le frustrazioni, la potenza dei sentimenti che in una delle più commoventi scene finali decide di abbracciare. Il cibo è quello tipico della Cina, Paese di origine della famiglia, tra ravioli, congee (il porridge di riso già raffigurato in Mulan) ed edamame, ma ci sono anche snack e bibite colorate canadesi. Più interessante è il modo silenzioso in cui il tema dell’alimentazione entra in scena, in punta di piedi, con discrezione. Un dettaglio che non è passato inosservato tra chi soffre di diabete di tipo 1: i microinfusori di insulina che alcuni compagni di classe di Mei hanno sul braccio. Elemento che sfugge, presente come tanti altri e proprio per questo potentissimo, capace di normalizzare una malattia cronica di cui si sa ben poco.
I classici Disney: Biancaneve, Lilli e il Vagabondo, Gli Aristogatti
Di cibi da menzionare ce ne sarebbero ancora moltissimi: i magnifici bignè creoli e il gumbo fumante de La Principessa e il Ranocchio, il film Disney ambientato a New Orleans in cui la protagonista sogna di aprire un suo ristorante, i biscotti scozzesi di Ribelle, i cookies e la zuppa di nocciole di Rapunzel, quell’indecifrabile mousse grigia del banchetto de La Bella e la Bestia, accompagnata da soufflé al formaggio, gelatine e altre delizie dall’aspetto barocco, la torta a strati pendente de La Bella Addormentata nel Bosco. Facciamo, quindi, una piccola selezione tra alcune delle fasi più significative della casa di produzione, le cosiddette “epoca d’oro”, “epoca d’argento” ed “epoca di bronzo”. Per la prima, la ricetta più famosa è anche la prima in assoluto a essere raffigurata, la torta di uva spina di Biancaneve: una classica pie americana dedicata al più burbero dei nani, Brontolo (si può vedere la scritta in superficie con il nome inglese Grumpy). Poco prima che la strega si affacci alla finestra, momento cult del film che ha terrorizzato generazioni di bambini.
Epoca d’argento: ecco le immagini aggraziate di Lilli e il Vagabondo, a cominciare dalla cena al lume di candela a base di spaghetti and meatballs condivisi. Considerato un insulto alla cucina tricolore, il piatto è nato in realtà grazie agli emigrati italiani negli Stati Uniti, che potevano permettersi ben poco: spaghetti e pomodoro in scatola, e con un po’ di fortuna i tagli meno pregiati di carne come il macinato, da aggiungere al sugo per renderlo più sostanzioso. Infine, Gli Aristogatti, successo del 1970 che ha rivoluzionato il modo di fare animazione, a partire dalla centralità – e la diversità – della musica, la caratterizzazione dei personaggi, anche quelli secondari entrati ormai nell’immaginario collettivo al pari dei gattini, il tono scanzonato di Romeo e i continui riferimenti artistici. E che fame che fa venire il perfido maggiordomo mentre prepara la crema di crema alla Edgar, una crema inglese a cui aggiunge noce moscata, cannella e vaniglia (la sua ricetta prevede anche i sonniferi per addormentare i poveri malcapitati). Da gustare tiepida e con grandi biscotti di frolla in accompagnamento.
La ricetta della crema inglese (crema di crema alla Edgar)
Ingredienti
- 5 tuorli d’uovo freschissimi
- 1/2 l di latte intero
- 120 g di zucchero
- 1 baccello di vaniglia o un altro aroma a piacere: scorza di arancia o di limone, chicchi di caffè…
Procedimento
Versate il latte in una piccola casseruola, unitevi il baccello di vaniglia diviso in due longitudinalmente e portatelo lentamente a ebollizione. Mettete i tuorli in una terrina, unitevi lo zucchero e lavorateli con il cucchiaio di legno per qualche minuto, fino a quando il composto comincia a sbiancare. Continuando a mescolare, unitevi a filo il latte caldo quindi versate il composto nella casseruola dove c’era il latte e fatelo addensare sulla fiamma tenuta al minimo o, meglio ancora, in un bagnomaria caldo ma non bollente. La crema infatti deve addensarsi senza raggiungere l’ebollizione perché, in questo caso, impazzirebbe formando dei grumi. Durante la cottura mescolatela continuamente e, una volta pronta, quando sul cucchiaio si formerà un velo, versate subito la crema in una terrina immersa in acqua e ghiaccio. Durante il raffreddamento, mescolate spesso per evitare che si formi la pellicola in superficie.
La ricetta del biscotto di pasta frolla
Ingredienti
- 200 g di farina
- 100 g di burro
- 100 g di zucchero (per aumentare la friabilità e la finezza della pasta si può usare quello a velo)
- 2 tuorli d’uovo
- Scorza grattugiata di 1/2 limone
- 1 pizzico di sale
Procedimento
Setacciate la farina in una larga ciotola, fate la fontana e mettetevi il burro morbido a pezzetti e un pizzico di sale. Amalgamate gli ingredienti con la punta delle dita fino a ottenere delle grosse briciole. Formate nuovamente la fontana e mettete al centro i tuorli d’uovo, lo zucchero e la scorza di limone (solo la parte gialla). Impastate di nuovo rapidamente gli ingredienti il minimo indispensabile per ottenere un impasto liscio, quindi raccoglietelo a palla, avvolgetelo nella pellicola trasparente e fatelo riposare nella parte meno fredda del frigorifero per almeno un’ora. Al momento di stenderla, trasferitela sulla spianatoia infarinata e datele, con il matterello, la forma voluta. Ricavate dei dischi con un coppapasta e infornate a 180° per 12 minuti.