Il libro della settimana – “L’abbondanza frugale come arte di vivere” di Serge Latouche

Latouche

Serge Latouche, nato il 12 gennaio 1940 a Vannes, è un economista e filosofo francese noto per le sue idee sulla decrescita conviviale e il localismo.

Insegna Scienze economiche presso l’Università di Parigi XI e l’Institut d’études du developpement économique et social (IEDES) di Parigi, ed è anche presidente dell’associazione “La ligne d’horizon” e uno degli animatori della Revue du MAUSS.

Latouche critica il concetto di economia intesa in modo formale e sostiene invece la definizione di “economia sostanziale” come attività che fornisce i mezzi per soddisfare i bisogni delle persone. Egli critica il concetto di sviluppo e la razionalità ed efficacia economica, sostenendo che questi mettono troppo enfasi sul fattore economico e promuovono “l’economicismo sviluppista”.

Latouche si oppone anche al concetto di “sviluppo sostenibile”, ritenendolo contraddittorio, e promuove invece una strategia di decrescita basata sulla sobrietà e sulle “8 R” (Rivalutare, Riconcettualizzare, Ristrutturare, Ridistribuire, Rilocalizzare, Ridurre, Riusare, Riciclare) per rispondere alle gravi emergenze ambientali e sociali del presente.

Latouche è un avversario del consumismo e della razionalità strumentale, e si oppone all’ideologia universalista utilitarista, rivendicando la liberazione della società occidentale dalla dimensione universale economicista. Egli sostiene la necessità di un dialogo fra le culture e di un “universalismo plurale” che riconosca e favorisca la diversità e il dialogo fra le culture.

La ricerca della felicità sembra essere un tratto innato della natura umana, comune in ogni epoca e cultura. Tuttavia, le parole che usiamo per comunicare e comprendere gli altri possono anche generare malintesi. La parola “felicità” nasconde una trappola semantica, poiché ha avuto due significati diversi nel corso del tempo. In passato, dagli antichi greci al Medioevo e alla prima modernità, il concetto di felicità era connesso all’armonia civile e al buon governo, o alla beatitudine spirituale e al divino. Tuttavia, con la Rivoluzione francese e l’emergere del liberalismo, la felicità è diventata un obiettivo individuale materiale e quantificabile attraverso beni e denaro, privo di significato etico.

La felicità moderna ha perso il significato di una vita “buona” in armonia con gli altri, se stessi e l’ambiente, e si identifica sempre più con il guadagno e la ricchezza. In questo libro, Latouche sostiene la necessità di contrastare questa “felicità” deviante e tossica attraverso una frugalità sobria e serena, un’autolimitazione conviviale e gioiosa, e un approccio sostenibile alla produzione e consumo alimentare. Questo comporta un ritorno a un’agricoltura rispettosa del suolo e della vita, alle gastronomie tradizionali legate ai prodotti locali, e a una fruizione del cibo in armonia con l’ambiente circostante. L’obesità, la fame, la malnutrizione e le carestie sono sintomi di una società che si sta intossicando dalla crescita e dallo spreco.

Latouche sostiene che è necessario rispondere a questa contraddizione rallentando, riducendo e ridistribuendo attraverso la costruzione di una società dell’abbondanza felice e frugale.

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