La cucina vegetale. Una scelta “antica” obbligata.

La cucina vegetale. Una scelta "antica" obbligata.

La cucina vegetale. Una scelta “antica” obbligata. E non sembri una forzatura.

Non è ben chiaro quando sia avvenuto ma, al netto di discorsi green sui quali si potrebbe dibattere a lungo, la carne diventa ogni giorno sempre più border line.

E anche tra gli onnivori, da tenere ben distinti dai carnivori che sono frangia “talebana”, la motivazione del “si è sempre fatto così” regge poco.

Sappiamo tutti che i nostri nonni, e per quelli della mia età anche i genitori, non erano grandi consumatori di carne.

Molti diranno che la motivazione risiedeva nella impossibilità di accedere alla carne per il suo costo ma tale giustificativo è destituito di ogni fondamento.

Della carne si consumava il primo taglio come le interiora. Erano i tagli a determinare l’accesso alla carne e non la carne tal quale.

La verità è che avevamo un rispetto per gli animali che servivano, e che avevano un’utilità intrinseca.

I buoi tiravano gli aratri e talvolta i carri, le mucche facevano il latte, le galline le uova e i conigli una volta cresciuti e divenuti belli grossi e in salute le pellicce di colli e manicotti.

Financo il pollo ingrassava un intero anno per finire sulla tavola del giorno della festa. Il cappone, poi era il re del giorno di Natale.

Dove si sia generato questo corto circuito nel quale abbiamo cominciato a “produrre” carne, “vita da ingrandire” il prima possibile e poi uccidere non è chiaro.

Ma è netta in molti la sensazione che un consumo del genere non è solo insostenibile ma anche inaccettabile.

Si badi bene, chi scrive è onnivoro che consuma carne ma è, al pari consapevole che una vita ha valore a prescindere dal posto che occupa nella catena alimentare.

In quest’ottica la cucina vegetale cessa di essere una cenerentola del mondo della ristorazione e inizia con l’assumere grande valore umano e gastronomico.

Eppure la cucina vegetale è radicata più profondamente nel nostro DNA. Nella nostra storia.

È la figlia della nostra parte colta, quella che ha addomesticato le sementi e la terra alla produzione e, nel contempo, ha trasformato una foglia o un legume in un gustosissimo piatto.

E che la rivoluzione sia calata dal nord Europa non è un caso.

Un popolo di cacciatori costretto a dare valore anche a licheni e erbe spontanee ha portato nella cucina stellata l’elemento vegetale vestendolo di grande eleganza e sobrietà al contempo.

Il NOMA di Copenaghen, condotto da René Redzepi, 3 stelle Michelin, e un manipolo di folli, riportò alla ribalta le antiche tradizioni di sussistenza dei popoli Norreni nobilitando piatti della miseria e della fame dei lunghi inverni polari.

René Redzepi – copyright Noma

Non da meno il food pairing vegetale di Sang Hoon Degeimbre, bistellato di origini coreane e adozione belga, che con una filosofia di un raggio di massimo 15 km dal centro operativo ha ricreato nuovi sapori, texture e consistenza con ciò che è disponibile.

Il piatto vegetale eseguito da Sang Hoon Degeimbre a LSDM 2015

L’elenco sarebbe tanto lungo e da far venire il torcicollo a furia di girarsi ora a destra ed ora a sinistra.

Qui da noi non sono mancati viaggi importanti nell’haute cuicine stellata e non.

Proprio di recente ho avuto modo di mangiare un’insalata iceberg farcita di vegetali da Felice Sgarra.

L'insalata ripiena di Felice Sgarra

Insalata ripiena di Felice Sgarra

Nobilitata quasi come con un vezzo da un cucchiaino di caviale di storione in cima come la ciliegina di una strepitosa torta dove i toni vegetali e le differenti consistenze e temperature si rincorrevano urlanti in bocca.

In un’ottica di tale portata la carne diviene monotona e con poche chance di trasformazione e a ben vedere, riscoprendo la tradizione, sostanzialmente lo è sempre stata.

Provate a preparare una ratatouille francese alla perfezione. Provate a vedere a termine della laboriosa preparazione e attenta cottura cosa vi troverete nel piatto.

Provate ad adoperare un aglio pendolino per condire una pasta aglio e olio. Provate a fare pasta fresca di erbe spontanee.

Il dado, verrebbe da fare la battuta “vegetale”, ormai è tratto.

Questa la strada maestra di una nuova cucina che sono certo ci regalerà grandi emozioni e perché no maggior rispetto per la vita animale.

E che questa sia la strada è dimostrato dal recente SI della FDA (Food and Drug Administration) statunitense, massima autorità per le autorizzazioni in campo alimentare e medico, alla “produzione di carne” in laboratorio.

La pasta vegetale di Luciano Monosilio

La produzione di carne in laboratorio è un passo avanti nella riproduzione delle cellule staminali e non rappresenta assolutamente un prodotto sintetico.

E’ a tutti gli effetti la riproduzione di pezzi particolari di carne senza carcasse, sangue e vita reale.

Al momento è vietata in Europa ma sono certo che questa scelta, mi si consenta, necessaria, non farà altro che accelerare questo processo di spinta alla cucina vegetale che diviene giorno dopo giorno sempre più un punto di riferimento per molti.

E poi diciamoci la verità, a differenza della carne, i vegetali hanno mille colori e sfumature. Sono belli anche solo a vederli!

Le fragole gialle del Caucaso

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