ORA L’ABRUZZO VUOLE “RIPRENDERSI” IL SUO TARTUFO E FARLO DIVENTARE UN BRAND

È accaduto con il vino, quando a un certo punto ci si è accorti che conveniva imbottigliare e invecchiare nel luogo di origine accrescendo il valore del proprio prodotto e non svenderlo per arricchire altri territori, chi ha detto che non possa avvenire per il tartufo? Così l’Abruzzo, che da una vita fornisce il proprio prezioso tubero a grossisti di altre regioni che ne hanno fatto un brand, vuole ora invertire la rotta.

Ha iniziato a parlarne lo scorso fine settimana all’Aquila, dove la Regione ha organizzato una fiera animata da parte dei circa 8mila cavatori censiti in Abruzzo, dalle 14 associazioni di raccoglitori di tartufo riconosciute dalla Regione e circa 50 imprese di trasformazione, e che per tre giorni ha richiamato esperti, appassionati e semplici curiosi.

È stata l’occasione anche per annunciare una nuova specie, trovata nell’entroterra aquilano. Si tratta del “ruber soave, per molto tempo confuso con l’uncinato nero, e il cui nome sta a sottolineare le ottime qualità organolettiche, per profumo e sapore”, ha spiegato Giovanni Pacioni, già docente di botanica all’Università dell’Aquila, nel corso del convegno “Coltivazione e ricerca scientifica sui tartufi”.

“Abbiamo impiegato circa trent’anni per ottenere questo risultato”, ha aggiunto il prof Pacioni, “perché dal punto di vista dell’odore, la varietà da tempo nota e sospettata di essere sconosciuta, per la sua morfologia, non era distinguibile dai tartufi neri uncinati. Punto di svolta è stato però rappresentato dalle nuove tecnologie molecolari, e lo studio del Dna. Certo, non si può affermare che sia una esclusiva abruzzese, data la tipologia di habitat, è presumibile una sua presenza in altri tratti dell’Appennino, ma è qui che abbiamo caratterizzato e individuato il Soave, e di questo occorre far tesoro”.

Tra i temi affrontati nel convegno il ruolo dei batteri nel ciclo biologico dei tartufi, la gestione e la conservazione delle tartufaie naturali e le nuove frontiere della tartuficoltura.

Sull’organizzazione della fiera c’è ancora molto da fare, era la prima edizione di una manifestazione che ambisce a diventare una kermesse nazionale ed internazionale e che guarda all’esperienza piemontese di Alba. Circa sessanta le imprese che hanno esposto in oltre 40 stand con un ricco programma di eventi culturali, convegni scientifici, masterclass, degustazione di piatti a base di tartufo, b2b tra buyers e aziende, chef e laboratori del gusto con gli studenti degli istituti agrari e alberghieri abruzzesi e “Mani in pasta”, esperienze sensoriali al “buio” con l’Unione italiana ciechi.

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